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La gag di Anpi e Repubblica che non capiscono che il saluto romano non è reato nelle commemorazioni

by Alberto Celletti
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Anpi Repubblica saluto romano

Roma, 19 gen – Anpi e Repubblica non ci stanno, vogliono continuare a vedere gli asini volare, a dire che Peter Pan esista, che l’Isola che non c’è sia una prestigiosa località turistica. Luoghi per storie inventate, inventiamone visto che i due soggetti in questione hanno deciso di non accettare neanche le sentenze della Cassazione. La precisazione è d’obbligo: il saluto romano non è reato nelle commemorazioni, mentre su tutto il resto la questione rimane spinosa e a parere di chi scrive anche abbastanza imbarazzante, ma per lo meno ufficialmente definita. Inventare come i due protagonisti assoluti dell’involontario duetto comico in questione, però, è ben altra storia.

Il saluto romano non è reato nelle commemorazioni, ma Anpi e Repubblica preferiscono inventare

Diciamolo, più o meno tutta la stampa mainstream – e non solo –  ha preso atto di ciò che ha affermato la Cassazione. Lo fa il Corriere della Sera, lo fa perfino il manifesto, lo fanno tutti, anche perché non possono non prendere atto della realtà su cui c’è veramente poco da discutere, visto che è italiano comprensibile forse perfino ai più analfabeti: si parla di reato “a determinate condizioni”, ovvero quelle della legge Scelba e della ricostituzione del disciolto Partito fascista. Casapound, come è logico che sia, esulta: “Continueremo a farlo” si urla con fierezza dal movimento. Dall’altro lato, però, ci sono Anpi e Repubblica. I due fenomeni antifascisti interreggerimi. Repubblica si appella alle “determinate condizioni”, facendo finta che la Cassazione non abbia asserito che il saluto romano non può – di fatto – essere sempre reato. Dunque sottolinea proprio le “determinate condizioni” e scrive in evidenza: “Per i giudici il saluto romano può integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”, attribuendo addirittura la sostanza di ciò che ha espresso la Suprema Corte (il cui caso in oggetto è quello delle commemorazioni per la morte di Sergio Ramelli, nel 2016) agli avvocati, ovvero gli unici (nel mondo immaginario del giornale di Elkann e soci, sia chiaro) ad aver sottolineato che il reato non sussiste nelle commemorazioni. Idoli assoluti. Nemmeno troppo coerenti, visto che il pezzo – tutt’ora abbastanza grottesco – è stato rimaneggiato più volte, per un tunnel da cui non è facilissimo uscire. Non da meno Anpi che praticamente fa finta che la Corte non sia sia manco espressa. “È una presa di posizione significativa”, scrivono, esultando per ciò che dal loro punto di vista dovrebbe essere “inesultabile”. Continuate così, “parmigiani”.

Il mondo al contrario, e non quello di Vannacci

Dell’incapacità di accettare la realtà di una certa cultura – la solita – si potrebbe parlare all’infinito. Così come della propria distanza dalla realtà stessa. Nella fattispecie, quella sociale, culturale, economica e perfino spirituale di una Nazione morente come quella italiana. Una distanza che l’universo magico – non proprio in senso positivo – di Anpi e Repubblica manifesta ogni santissimo giorno. Rendendosi perfino ridicolo oltremisura, come in questo caso.

Alberto Celletti

 

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