Roma, 18 gen – In questi giorni le autorità comunali della città di Dresda – in Germania – hanno fatto rimuovere senza nessuna comunicazione pubblica un’iscrizione commemorativa dei bombardamenti angloamericani: quello che sembrerebbe essere l’ennesimo caso di cancel culture però va analizzato più attentamente.
A Dresda via la memoria delle vittime
La scritta era incisa sullo schienale di una panchina dell’Altmarkt ed è “misteriosamente “scomparsa da alcuni giorni. Nella sorpresa generale però i tentativi di spiegazione da parte del municipio sono arrivati tardi e non hanno convinto molti, compresi i colleghi di partito dell’attuale sindaco Hilbert. Il sindaco ha fatto sapere che la rimozione è avvenuta secondo secondo i piani, facendo riferimento agli accordi relativi alla riprogettazione della piazza del 2019, che prevedevano anche la rimozione dell’incisione. “Un’informazione tempestiva sulla procedura prevista – si è scusato – sarebbe stata essenziale”. In ogni caso la scritta era già stata al centro di polemiche perchè non ritenuta opportuna e “degna” della memoria: la gente ci si sedeva davanti e coprendola, oppure sarebbe stata vandalizzata dai graffiti. Insomma, una “sbadata” cancel culture che rischia di lasciare la città della Sassonia senza un memoriale per le vittime del bombardamento. Eppure c’è qualcosa che stona ancora di più. La scritta rimossa infatti riportava le seguenti parole: “Questo è un luogo di avvertimento, ricordo e commemorazione. Qui furono bruciati i corpi di migliaia di vittime dei bombardamenti aerei del 13 e 14 febbraio 1945. In quel momento, l’orrore della guerra, portato dalla Germania in tutto il mondo , è tornato nella nostra città.” Nessun riferimento agli esecutori del bombardamento e una chiosa impregnata di senso di colpa indotto da uno spirito anti-tedesco infuso dai vincitori della guerra alla Germania. Poteva essere questa una scritta “degna” per una memoria collettiva tedesca ed europea? Ovviamente no.
Ripristinare la verità
Insomma, se ci doveva essere bisogno, ecco la prova che la cultura della cancellazione più che essere un prodotto importato dall’estero è qualcosa che eravamo già pronti a ricevere. La logica terribile che rievocano quelle parole sono le stesse di chi, parlando della Strage di Acca Larenzia in questi giorni, ha polemizzato sul saluto romano ma non ha detto una parola sulla strage in sè: brutale omicidio politico di un gruppo di sinistra eversiva. Prima di preoccuparci della rimozione dei monumenti quindi dovremmo anche chiederci cosa ricordano e perchè lo fanno: ciò che si auspica è che la memoria dei 25 mila tedeschi assassinati – 250 mila secondo il cancelliere Adenauer che ricordava anche le vittime “cancellate” dalla faccia della Terra dal fosforo – sia ripristinata al più presto in una modalità più degna e soprattutto che non ammicchi ad una colpevolizzazione forzata della Germania. Perchè questa sì, è un tipo di cancellazione molto più insidiosa di un monumento abbattuto: è una cancellazione che sbava le forme, sbiadisce il contenuto, minimizza la portata e ritorce contro le vittime l’atto del nemico. Un po’ come chi va in giro a sostenere che gli italiani in Istria e Venezia-Giulia si sono “meritati” pulizia etnica, deportazione e Foibe. Basta così. Se una scritta deve campeggiare nella piazza di Altmarkt deve riportare la verità e la speranza che tutto quel sangue non sia stato vano: “In memoria del popolo di Dresda, massacrato dall’attacco terroristico anglo-americano concordato con l’alleato sovietico, del 13, 14 e 15 febbraio 1945. I popoli d’Europa qui posero“.
Sergio Filacchioni