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La “marcia del sale”: quando Gandhi umiliò l’Impero britannico (senza sparare un colpo)

by Stelio Fergola
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marcia sale Gandhi

Roma, 12 mar – Era il 12 marzo del 1930 quando vi fu la “marcia del sale”, come è nota alla storia delle lotte nazionali, ma diremmo anche della dignità. Artefice di quel capolavoro comunicativo e politico fu Mohāndās Karamchand Gandhi, il quale per tutti era il Mahatma, la “grande anima” che guidò l’India alla storica indipendenza ottenuta dall’Impero britannico qualche tempo più tardi, nel 1947.

Marcia del sale, come umiliare Londra senza sparare un colpo? Chiedere al Mahatma Gandhi

La marcia del sale fa pensare un po’ alle proteste contro la tassa sul tè del 1773 a Boston. Il famoso “Boston Tea Party”. Non per chissà quali assonanze storiche, ma più che altro perché quella protesta avviò una serie di effetti a catena che avrebbero portato alla guerra con la Corona e all’indipendenza americana. In questo caso il signor Gandhi, uomo dotto, profondo e anche molto, molto scaltro, operò qualcosa di diverso, meno chiassoso ma al tempo stesso di grande effetto. Marciare fino all’oceano per protestare contro la tassa sul sale imposta in India dal governo di Londra. Lo scopo di Gandhi era presto detto: combattere e criticare il monopolio con cui gli inglesi sfruttavano le miniere in India. E così, il 12 marzo 1930, il Mahatma iniziò la sua marcia, insieme a centinaia di fedeli indiani pronti a seguirlo nella lotta per la libertà. Ben 400 chilometri a piedi, da Ahmedabad nella zona occidentale dell’India, fino a  Dandi, nello stato del Gujarat, sull’Oceano Indiano. Lì, la raccolta polemica del sale sulla spiaggia. Gesto semplice ma che ebbe ripercussioni notevoli.

A Londra, già da tempo, con Gandhi non sapevano che pesci prendere. Ucciderlo era diventato impossibile: troppo popolare la sua figura e farne un martire era da tempo stato escluso e ritenuto controproducente. Arrestarlo provocava reazioni simili, sebbene fosse avvenuto più volte nella pluridecennale lotta per l’indipendenza del Mahatma. Così avvenne dopo la marcia del sale: in preda al panico più totale, le autorità inglesi arrestano per l’ennesima volta lui e altri 60mila indiani. Stavano perdendo, senza esserne ancora coscienti.

Una mente al di sopra di tutto

Scontate le considerazioni sull’eccezionalità assoluta dell’uomo, il pensiero non può non rivolgersi alla sua mente vivace e realmente in grado di “pensare oltre”. Ciò che realizzò Gandhi con l’India, tramite una serie di iniziative di cui la marcia del sale è sicuramente un esempio mirabile ma non certo l’unico (molto più imponente fu, qualche anno prima, il boicottaggio delle stoffe inglesi in favore della sartoria povera locale, che mise in ginocchio una parte comunque importante del commercio britannico in India), è un autentico miracolo. Per certi versi ripetibile, per altri no. La non violenza in assoluto resta probabilmente irreplicabile, ma forse l’esempio maggiore resta la capacità di portare centinaia di milioni di indiani a seguire la strada della non cooperazione senza avere paura delle conseguenze. Miracolo anche quello, ma “strutturalmente” più imitabile, almeno in parte. Certo, ci vogliono formazione e sacrificio, e al sacrificio le Nazioni povere – come l’India era allora ed è tutt’oggi – sono maggiormente avvezze, per una banalissima questione di grandi numeri. Ovviamente, Gandhi fu anche fortunato: le circostanze storiche della decolonizzazione, impossibili da evitare per una Londra uscita ufficialmente vincitrice dalla seconda guerra mondiale ma incapace ormai di mantenere il suo vasto impero, non possono certamente essere tralasciate.

Purtroppo, pesa il fatto di aver visto il Gandhi diventare una bandiera del pacifismo cretino “alla occidentale”, incapace di concepire qualsiasi forma di lotta. Perché Gandhi la guerra la fece eccome. Con strumenti inediti, forse irripetibili, di sicuro illuminanti e degni solo di rispetto e stima. Ma la fece. Affrontandone le conseguenze e non certo nascondendosi come un topo. Dando la vita per essa e per la sua Nazione.  Sullo sfondo, l’esempio di un personaggio unico, probabilmente illuminato dal divino. Esprimente quella scintilla che solo i più grandi sono in grado di esprimere, frutto di una conoscenza che ancora una volta ha dimostrato di poter avvicinare alle stelle. Perché Gandhi era un uomo di vasta cultura, oltre che un coraggioso e nobile essere.

Stelio Fergola

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