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La riforma della giustizia passa al Senato: c’è aria di storia, ma servirà molto altro

by Stelio Fergola
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Roma, 14 feb –  Arriva la riforma della giustizia? Quasi. Il testo promosso dal ministro della Giustizia Carlo Nordio passa al Senato e si appresta di affrontare la Camera.

Riforma della giustizia, il sì del Senato

Come riporta anche l’Ansa, il Senato ha approvato un testo che contiene tante novità: traffico d’influenze illecite limitato a casi molto gravi, abuso d’ufficio scomparso, divieti per la stampa in materia di intercettazioni, divieto di ascolto dei colloqui tra indagato/imputato e il proprio legale. C’è anche un ordine del giorno sulla discussa legge Severino per i reati contro la pubblica amminstrazione, ma è un’altra storia. Nordio, ovviamente, esulta, sebbene non sia riuscito a mantenere la promessa sulla tanto agognata “separazione delle carriere” tra giudice e pubblico ministero. Esultano, in generale, dalla maggioranza, perfino da Forza Italia che punta dritto proprio su quel punto tanto agognato dal suo scomparso fondatore. E forse non hanno torto.

Non basterà, e non solo per la mancanza della separazione delle carriere

Il risultato – nel caso, facciamo gli scongiuri per il voto alla Camera – sarebbe storico. Nonostante la mancanza della separazione delle carriere,  come edivenziato dal testo originale, la carne al fuoco non manca. Primo perché, separazione a parte, promessa in autunno e non raggiunta, la riforma non contiene troppi passi indietro rispetto agli scopi originari (come spesso accade quando si vuole avviare qualsiasi percorso riformista in Italia, sia esso – come dimostrano altri ambiti – di natura presidenziale o semipresidenziale o di altro genere). E secondo perché tratta realmente di problemi reali, come l’incidenza che la magistratura può esercitare sulla politica sulla base di questioni spesso troppo ondivaghe. Insomma, genera delle forme di protezione dall’ingerenza delle toghe. La questione vera è la mancanza della separazione delle carriere tra giudice e pm, nodo cruciale e da sempre incentivato da chiunque sia stato riformista sulla questione negli ultimi decenni, Silvio Berlusconi in primis. Si farà? Difficile pensarlo. Il nodo della giustizia si è dimostrato talmente ostico da non permettere anche a chi, come il defunto Cavaliere, aveva tutto l’interesse personale a scioglierlo, di riuscirci.

Senza contare che dopo non si raggiungerebbe un compromesso accettabile se non con quella che, a giudizio di chi scrive, sarebbe la rivoluzione definitiva: l’abolizione delle correnti nelle assemblee e nelle associazioni dei magistrati. Chi vuole fare il politico, si candidi alle elezioni senza agire per vie traverse, grazie.

Stelio Fergola

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