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La rivolta di Milano: quel 6 febbraio 1853 che proseguì la strada per l’Unità

by Alberto Celletti
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Roma, 6 feb – Risorgimento, patria, rivoluzione. Tre parole che a Milano erano già vive da anni, alla metà del XIX secolo. Per la precisione, da quel 18 marzo 1848 in cui iniziarono le celebri “cinque giornate”, con cui la popolazione locale decise di ribellarsi al dominio austriaco. Un fatto storico che, indipendentemente dall’esito temporaneo (il governo provvisorio della città che sarebbe durato lo spazio di qualche mese durante la prima guerra d’indipendenza) è diventato un marchio di radici e di passato, ma soprattutto di lotta. C’è però un evento, meno noto e celebrato, che merita attenzione: è la Rivolta di Milano del 6 febbraio 1853.

Rivolta di Milano, una data da riscoprire

Il Comitato insurrezionale della città, formatosi dopo la fine della guerra d’indipendenza, stava organizzando da tempo un nuovo rivolgimento. Venne coinvolta anche la figura di Carlo De Cristoforis, uno dei massimi simboli delle “cinque giornate”. L’idea era di attaccare ancora l’esercito austriaco, ma questa volta con mezzi “soft”. Si pensò alla data del 31 gennaio di quell’anno in cui, durante il gran ballo previsto a Palazzo Marino, gli insurrezionisti stavano pensando di avvelenare i massimi esponenti dell’esercito austriaco, che sarebbero stati presenti all’evento. Piano che fu ben presto accantonato, però. La Rivolta di Milano fu, infatti, fisica. Così domenica 6 febbraio circa mille uomini attaccarono i posti di guardia e le caserme degli invasori. Lo fecero praticamente disarmati, o meglio armati malissimo: coltelli, pugnali e poco altro. Tutta la città visse un pomeriggio di caos, dal Duomo fino a Porta Vercellina e Porta Romana. Si sperò in una collaborazione maggiore della popolazione, ma a perdere fu sostanzialmente l’organizzazione virtualmente inesistente.

Le cinque giornate furono ben altra cosa, ma il 1853 fu la prova dell’animo caldo dei milanesi

Le cinque giornate misero seriamente in difficoltà l’impero, seppur in un territorio delimitato. La Rivolta di Milano, chiaramente, al confronto non ha lo stesso peso: dura lo spazio di mezza giornata e non ha alcun risultato concreto. Ma perché il 1853 è da riscoprire? Il motivo riguarda, semplicemente, l’indissolubile voglia di rivoluzione degli italiani e in particolare dei milanesi, che in quegli anni si dimostratono tra i più “caldi” nell’animo. Non si tratta di un aspetto da sottovalutare: l’insistenza di parte della cittadinanza attirava le attenzioni sia di Giuseppe Mazzini che degli stessi Savoia, che videro nel capoluogo milanese un centro nevralgico da cui partire per gli eventuali tentativi successivi. La morale è semplice: anche i fallimenti servono a testimoniare una storia di impegno utile ai posteri. E questo, quella rivolta, ce lo insegna con particolare importanza.

Alberto Celletti

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