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La seconda stella dell’Inter, la sciocchezza della “regola che non esiste” e le stelle negli altri Paesi

by La Redazione
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Roma, 23 apr – Con la vittoria di ieri sera per 2 a 1 contro il Milan, i nerazzurri hanno vinto il ventesimo scudetto della loro storia. Tempo, dunque, di seconda stella sulla maglia anche per l’Inter, quarantadue anni dopo la Juventus dei primi anni Ottanta, quella di Zoff, Gentile e Cabrini, per intenderci.

Seconda stella dell’Inter

La seconda stella dell’Inter arriva al termine di un campionato ben poco combattuto, se non, appena, fino agli inizi di gennaio, quando si pensava che la Juventus potesse riuscire a dare almeno un po’ di filo da torcere ai nerazzurri. Nel computo generale, gli uomini di Inzaghi sono arrivati al successo con 27 vittorie, 5 pareggi e 1 sconfitta e appena 18 reti subite. Oltre a un distacco di 17 punti – ancora non definitivo, ovviamente – dalla seconda classificata. Non c’è stata moltissima storia, insomma. Ma la seconda stella sulla maglia dell’Inter, che come sappiamo vale venti scudetti in Italia (dieci ciascuna), ha un’importante precedente. E all’estero seguono regole molto diverse…

Il ventesimo scudetto bianconero e le altre stelle

La Juventus ottenne la sua seconda stella nel 1981-1982, in un campionato di 30 partite in cui all’epoca si assegnavano 2 punti per vittoria: la somma finale vide la Signora vincente a quota 46 punti, inseguita a una sola lunghezza dala Fiorentina a 45. Era l’anno del rientro di Paolo Rossi sui campi solo la lunga squalifica, ma soprattutto l’anno in cui il commissario tecnico della nazionale Enzo Bearzot si affidò al cosiddetto “blocco bianconero” per affrontare il successivo e vincente mondiale di Spagna. L’Inter aveva ottenuto la sua prima stella nel 1966, mentre il Milan solo nel 1979, l’ultimo anno di Gianni Rivera in rossonero.

La presunta “regola inesistente”

Fa un po’ sorridere la tiritera diffusa da decenni sulla stella che “non sarebbe disciplinata da alcuna regola” e che la tradizione sia stata “inventata dalla Juventus”. È certamente vero che fu l’allora presidente bianconero Umberto Agnelli, nel 1957-1958, quando la Signora vinse il suo decimo titolo, a proporre alla Lega di apporre la stella sulla maglia per celebrare il traguardo. Ma è anche vero che la Figc accettò e disciplinò la regola per tutti, facendo cadere la scelta sulla stella in quanto ispirata a un’onorificenza del Coni. La proposta fu di un club, ma poi la federazione accettò e rilanciò pure, con tanto di decisione del Consiglio Federale Figc. Quindi, l’inflazionatissima frase “non esiste alcuna regola” è una riflessione che lascia il tempo che trova.

La stella negli altri Paesi

Nel resto d’Europa ci sono regole talvolta un po’ diverse da quella italiana. Sebbene siamo abituati a concepire la stella come “10” nel senso del numero di scudetti vinti, è singolare ad esempio come in Germania ragionino in tutt’altra maniera. In terra tedesca, infatti, viene consegnata una stella ogni 3 scudetti, due stelle ogni 5,  si arriva a 3 stelle ogni 10 e a 4 stelle ogni 20. Simile all’Italia è l’Olanda, con una stella ogni 10 campionati vinti, così come la Scozia. Poi c’è chi la stella non la usa affatto: né Inghilterra, né Spagna, né Francia hanno una disciplina di stelle che “raggruppino” il numero di campionati vinti. E a proposito della sciocchezza “non esiste una regola sulla stella in Italia”: proprio in terra transalpina il St.Etienne ha scelto autonomamente di cucirsi sulla maglia la stella per celebrare 10 campionati. Senza che nessun’altro lo faccia.

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