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La sinistra sbrocca sul 25 aprile: delirio social per il lutto del Papa

by La Redazione
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25 aprile

Roma, 23 apr – Da decenni ci raccontano che il 25 aprile è “la festa di tutti”. Ma la realtà, ogni anno, dimostra il contrario: è la giornata in cui la sinistra si autocelebra, si commuove a comando e fa passerella ideologica tra bandiere rosse, canti partigiani e nemici immaginari da abbattere a parole. Quest’anno poi, l’indignazione ha toccato vette tragicomiche. Perché? Perché il governo ha osato proclamare cinque giorni di lutto nazionale per la morte di Papa Francesco.

Il 25 aprile del lutto nazionale

Un Papa che, ironia della sorte, era stato eletto a simbolo proprio dalla sinistra. E ora quegli stessi che lo incensavano, gridano al complotto, come Lorenzo Tosa, che in un post su Facebook accusa il governo di voler “delegittimare” il 25 aprile con il lutto per il Papa. Roba da non credere, ma il ministro Musumeci ha semplicemente detto che il 25 aprile andrebbe celebrato “con sobrietà”. Apriti cielo. La sinistra si è stracciata le vesti: sobrietà è diventata sinonimo di censura. Un appello che – va detto – è legittimo e ha delle solide basi: l’ultimo 25 aprile celebrato a Roma è finito in scontri tra ANPI e Brigata ebraica, e in tutta Italia (da Milano a Torino) si respira aria di tensione interna al fronte antifascista a causa della questione palestinese. Insomma, ultimamente non è raro che se le diano di santa ragione fra di loro, davanti a tutti, proprio nel giorno della loro amata festicciola. Per Tosa e compagnia, una decisione dettata dal protocollo è un attentato alla Resistenza. Non basta più ricordare, bisogna “urlare Bella Ciao a squarciagola”, come scrive lui stesso, tirando in mezzo anche Trump, Netanyahu e ogni altro nemico immaginario utile a tenere viva la fiamma dell’indignazione permanente.

Il 25 aprile non è una festa in discoteca o un happy hour

Ma in realtà a dare il via alla solita sarabanda indignata ci hanno pensato i gemelli siamesi dell’Alleanza Verdi e Sinistra. Nicola Fratoianni, prevedibile come un temporale a novembre, spara la sua: «È più forte di loro, anche stavolta un’allergia alla liberazione dal fascismo e dal nazismo traspare da chi in questo momento occupa Palazzo Chigi». E giù accuse di “parole strampalate” e presunte nostalgie, perché dire “sobrietà” è evidentemente un crimine di lesa Resistenza. Subito dopo arriva Angelo Bonelli, che tenta l’effetto teatrale: «Il 25 aprile non è una festa in discoteca o un happy hour». Come se qualcuno avesse proposto di celebrarlo con i mojito. Ma la verità è che per certa sinistra, o si grida e si canta Bella Ciao con il pugno alzato, o non è 25 aprile. Non poteva mancare nemmeno Riccardo Magi, segretario di Più Europa, che riesce a infilare anche una figuraccia: accusa Giorgia Meloni di “sobrietà” perché avrebbe deciso di «organizzare un viaggio in Uzbekistan» proprio il 25 aprile. Peccato che la premier avesse già annunciato, ore prima, la disdetta della visita per essere presente alle celebrazioni istituzionali all’Altare della Patria, insieme al presidente Mattarella e al ministro Crosetto. Insomma, più che dichiarazioni politiche, sembrano automatismi da riflesso pavloviano: qualsiasi cosa faccia il governo, anche il rispetto per un lutto nazionale, viene trasformata in “minaccia alla democrazia”. Gli antifascisti sono allergici alla realtà.

Ma Francesco non era il loro Papa?

Ma la vera domanda è un’altra: non era forse proprio il loro Papa? Non erano forse innamorati di lui quando parlava di migranti, clima, pace, giustizia sociale? Era diventato un’icona, un totem, un punto di riferimento per intellettuali e influencer progressisti. Lo chiamavano “il Papa rosso” con orgoglio, lo citavano nei comizi, lo mettevano in copertina. Adesso che è morto, improvvisamente il rispetto scompare, perché il lutto interferisce col 25 aprile. Quindi vediamo di ricapitolare: il Papa andava bene finché poteva essere usato contro i “populisti”, ma ora che la sua morte richiede un minimo di attenzione istituzionale, dà fastidio. Non sia mai che il loro rito laico venga disturbato da qualcosa di leggermente più condiviso. E questo dimostra ancora una volta ciò che diciamo da anni: il 25 aprile non è una festa nazionale. È una commemorazione privata della sinistra, un evento autocelebrativo, in cui si grida al fascismo anche quando non c’è. Dove ogni invito al decoro viene bollato come censura, e ogni voce fuori dal coro viene demonizzata. L’Italia vera? Guarda allibita, e li capisce sempre meno. Ma tranquilli, ci ha pensato Pier Luigi BersaniDimartedì (La7) a stemperare la tensione: “dalle manifestazioni del 25 aprile Papa Francesco riceverà solo lacrime e applausi”.

Vincenzo Monti

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