Roma, 1 lug – L’Anpi, non paga di negare le foibe e di giustificare crimini come la morte dopo stupri e sevizi di Giuseppina Ghersi, ora vuole, nel nome della politica dei “porti aperti” esaltare i senegalesi che liberarono l’isola d’Elba. Siccome come sempre gli anpini non sanno di cosa stiano parlando, meglio riassumere come andarono gli avvenimenti.
Un’operazione inutile
Il 17 giugno i francesi, i senegalesi ed i marocchini della 9e Division d’Infanterie coloniàle (gen. Morliére) ed i goumiers del 2e GTM, preceduti dai Royal Marines Beach Commandos britannici e dai francesi del Bataillon de Choc, con l’appoggio dell’artigleria navale statunitense e britannica, sbarcarono di sorpresa sull’isola d’Elba nel corso dell’operazione Brassard, inizialmente prevista per il 25 maggio; tra le truppe coloniali francesi presenti vi era il 2e GTM che non aveva partecipato alla campagna d’Italia, il cui motto era Rira bien qui rira le dernier, ossia ride bene chi ride ultimo.
Il 2e GTM era comandato dal colonnello Pierre Boyer de Latour du Moulin, ed era così composto: 1er Tabor: 47e, 58e, 59e e 60e Goum; 6e Tabor: 36e, 72e, 73e e 74e Goum; 15e Tabor: 8e, 11e , 30e e 39e Goum.
Un’operazione strategicamente inutile (Kesselring non aveva nessuna intenzione di resistere in Italia centrale ma di ripiegare verso la Gotica) ma fatta per compiacere De Gaulle in vista dello sbarco in Provenza e per rinverdire di nuovi allori le traballanti glorie militari francesi, con un’azione in cui contro due soli battaglioni tedeschi di seconda linea (un battaglione tedesco del 1944 contava 700 uomini a pieno organico) e un battaglione di Difesa Costiera dell’E.N.R., oltre a qualche reparto e batteria costiera italiana sarebbe stata impiegata un’intera divisione coloniale di 17.400 uomini su quattro reggimenti di fanteria, uno controcarro e due d’artiglieria, tre Tabors marocchini, un battaglione di commandos de choc francesi e commandos britannici.
Né si deve tralasciare il fatto di come il ricordo napoleonico esercitasse un forte richiamo per la bombastica prosopopea di De Gaulle. La 9e DIC era composta da: 4e Régiment de Tirailleurs sénégalais, 6e Régiment de Tirailleurs sénégalais, 13e Régiment de Tirailleurs sénégalais, Régiment d’Infanterie coloniale du Maroc, Régiment d’Artillerie coloniale du Maroc, Régiment Colonial de Chasseurs de chars, 71e Bataillon de génie, 2e Régiment Artillerie Coloniale d’Afrique Occidentale.
I reparti italo- tedeschi presenti sull’Elba erano: Festungsbattaillon n. 902. e 908., Marine- Artillerie Abteilung 616., Heeressbatterie z.b.V Sterz , due batterie a.a. del Flak- Abteilung l192. ; VI° battaglione Difesa Costiera (cap. Bugarelli), una compagnia di bersaglieri distaccata dal V° Btg. Difesa Costiera (magg. Leonetti) , 4°Batteria del 5°Gruppo Artiglieria Costiera, due compagnie genieri del CXVI° Btg. F.C. e due Compagnie del Btg. LL LVIII° bis , una compagnia mobile della GNR, 4 distaccamenti con carabinieri e militi fra Portoferraio, Porto Longone, Marciana, Marina di Campo e circa 200 marinai distaccati presso le Batterie costiere, suddivisi in due settori, ovest (S.T.V. Leoncini), est (G.M. Cavallo).
Gli alleati avevano forze 10 volte superiori
Le forze alleate partecipanti all’operazione Brassard rappresentavano come proporzioni la decupla parte del contingente italo-tedesco dell’Elba, che il servizio d’informazioni alleato aveva erroneamente valutato in 1.500- 1.600 uomini. A questo si era aggiunta la piccola guarnigione di Pianosa, formata da 130 tedeschi e trenta italiani, che, probabilmente messa in allarme da informazioni ricevute, era stata evacuata via mare lo stesso giorno in cui iniziava l’operazione Brassard, imbarcata sul cacciatorpediniere T.A.31 (ex Dardo), scortata da Schnellboote e Mas diretti verso Marina di Campo.
Il cacciatorpediniere venne avvistato da navi pattuglia alleate nelle prime ore del mattino del 17, che vennero allontanate a cannonate dal T.A.31 e inseguite da una Schnellboot. Il convoglio giunse indenne a destinazione sbarcando il piccolo contingente di Pianosa a Portolongone.
Inizia l’attacco francese
Due ore più tardi iniziò l’attacco francese contro le difese di Marina di Campo, con il lancio simultaneo di centinaia e centinaia di razzi sparati da bordo delle navi. Tuttavia le batterie costiere italo – tedesche e particolarmente quelle del G.M. Cavallo di Monte Pagliece e San Piero in Campo, reagirono con efficacia e precisione colpendo subito due mezzi da sbarco LCA e incendiandone altri due. La prima ondata venne accolta da un serrato tiro di armi automatiche e mortai che bloccarono sulla spiaggia i senegalesi trovatisi subito in gravi difficoltà. La zona prescelta, come altre dell’isola che si prestavano a sbarchi, era stata da mesi approntata a difesa con campi minati, reticolati, postazioni per armi automatiche, ricoveri, riservette: un buon lavoro compiuto da un battaglione lavoratori che aveva in precedenza fortificato l’Elba.
L’11e RTS, sbarcato fra Punta di Mele e Punta di Nercio, venne ben presto a trovarsi in una drammatica situazione, bloccato in avanti dalle difese e colpito alle spalle dalle artiglierie piazzate a Galenzana, Monte Tambone, Lentisco. La relazione ufficiale francese riporta: “Le spectacle est hallucinant et tragique. A4 h.30, les cinq barges de la troisième vague d’assaut essayent de debarquer a leur tour. Deux sont atteintes part le 88 mm et se mettent a flamber comme des torches. Les hommes se jettent a temer, leur fusil a la main. Le debarquemente averte…”
Fu necessario sbarcare i commandos del Bataillon de choc a Cala del Fico per alleggerire la pressione esercitata fra Capo di Poro e Capo di Ponza, zona questa interessata alle operazioni da sbarco. La nuova zona prescelta per i commandos era situata nel golfo di Lacona, che minacciava pericolosamente alle spalle il presìdio e le batterie di Monte Tambone che venne conquistato alle ore 07.00 dopo aspri combattimenti, liberando in tal modo i senegalesi della critica situazione e permettendo una più rapida avanzata rispettivamente del 2e e 1er Groupes tactiques sino alla strada provinciale Marina di Campo-Lacona.
Non fu facile neppure per i commandos: continua la relazione francese: “Mais sur tout le front, l’ennemi se defend avec acharnement: il faut la furie heroique des francais pour venir a bout de chaque point d’appui”. Nel frattempo, dopo una lunga indecisione sul da farsi, il generale Gall ritirava dalla zona ovest il grosso delle forze qui dislocate, trasferendole nella parte centrale, a ridosso di Portoferraio, per tentare di fronteggiare la minaccia che si palesava ora più concreta nel settore centrale, aggravata dalla presenza di una formazione navale apparsa davanti al capoluogo dell’isola come deterrente psicologico, ma fatta segno a preciso tiro delle batterie costiere di Monte Strega comandate dal S.T.V. Leoncini della Marina da Guerra Repubblicana.
Dopo le difficoltà, i francesi sferrano l’attacco finale
Riorganizzate le provate forze della zona di Marina di Campo, il generale Magnan impartiva disposizioni per l’attacco finale affidando a due branche operanti a tenaglia l’avanzata. Le due colonne d’attacco comprendevano: la prima (Col. Chretien) il 13e RTS ed era diretta sulla strada provinciale Procchio – Biodola – Portoferraio; la seconda colonna (Col. Cariou) col 4e RTS marciava da San Martino verso Colle Reciso- Schiopparello- Portoferraio, mentre un terzo gruppo tattico con i Tabors del 2e GTM e i commandos si dirigeva a Capoliveri muovendo da Lacona.
All’alba del giorno 18 giugno l’avanzata proseguì indisturbata a ventaglio dopo aver rastrellato per tutta la notte i difensori italo – tedeschi di Marina di Campo e dintorni (i francesi fecero circa 600 prigionieri). Marciana, San Giovanni, Acquabona, Bagnala vennero conquistate nella mattinata ed alle ore 14.00 i senegalesi del 13e RTS entravano in Portoferraio evacuata dai difensori portatisi nella zona est dell’isola. Nel pomeriggio del 18 l’Elba risultava virtualmente tagliata in due tronconi, mentre il resto dei difensori si irrigidivano in retroguardia nella zona di Rio nell’Elba, Cima del Monte, Monte Castello, Portolongone per favorire l’evacuazione dai porti di Rio Marina e Cavo dei reparti efficienti, trasportati in continente con motozattere, VAS, MS e MAS.
Il mattino del 19 i francesi occuparono Portolongone mentre resistevano ancora alcune località a Naraia, Monte Castello, Monte Capannello. Nel pomeriggio, dopo che il generale Gall aveva abbandonata l’isola, la difesa cedeva gradatamente come morale e resistenza ed alla sera l’intera zona orientale veniva occupata con la cattura di circa 400 prigionieri. Nella giornata del 20 giugno si completava l’occupazione dell’Elba con il rastrellamento degli ultimi difensori. Le indecisioni iniziali di Gall avevano causato un gran indebolimento morale e materiale della difesa.
I reparti della Rsi ebbero circa una quarantina di caduti, fra i quali 12 militi della G.N.R., cui sono da aggiungere i marinai morti il 29 giugno sul MAS 562 (CC. Biffignandi) incendiato dopo uno scontro nel Canale di Piombino con P.T. americane. Malgrado la dura e inaspettata resistenza dei due battaglioni tedeschi e delle batterie costiere dell’Esercito Nazionale Repubblicano, il 20 giugno le truppe italo- tedesche del generale Gall evacuarono l’isola, dove si verificarono numerosi casi di violenza sui civili, nei quali oltre ai goumiers ed a senegalesi si distinsero in particolare i corsi.
Le violenze sulla popolazione
Esulando dall’argomento del presente lavoro ci limiteremo a citare un estratto dal rapporto ufficiale dell’Arma dei RR. Carabinieri firmato dal Comandante Generale dell’Arma generale Taddeo Orlando, del 21 settembre del 1944: Comando generale dell’Arma dei Carabinieri Reali, Ufficio servizio – Situazione e collegamenti, protocollo numero 67/16. Oggetto: Isola d’Elba- Violenze commesse dalle truppe coloniali francesi a danno della popolazione, 21 settembre 1944. Il 17 giugno 1944, alle ore 2 circa, avevano inizio le operazioni militari per la liberazione dell’Elba, che, superata la difesa – in alcune zone accanita – dei reparti tedeschi e repubblicani, veniva completamente liberata il 19 successivo. Le operazioni furono compiute da una divisione di fanteria coloniale degaullista, su due brigate (17.400 uomini), appoggiata da oltre 10 batterie di medi e grossi calibri. Trattavasi di truppe di colore senegalesi e marocchini inquadrate da ufficiali francesi, molti dei quali còrsi.
Terminate le operazioni, queste truppe si abbandonavano, verso la popolazione dell’isola, ad ogni sorta di eccessi, violentando, rapinando, derubando, depredando paesi e case coloniche, razziando bestiame, vino, ed uccidendo coloro che tentavano opporsi ai loro arbitri. Dettero l’impressione alla popolazione atterrita di voler sfogare un profondo sentimento di vendetta e di odio. Gli ufficiali assistettero indifferenti a tanto scempio, soliti rispondere a coloro che ne invocavano l’intervento: ”È la guerra…sono dei selvaggi…non c’è nulla da fare…questo è nulla in confronto a ciò che hanno fatto gli italiani in Corsica”. I più accaniti si dimostrarono i còrsi.
Nella popolazione – che aveva atteso con ansia, durante lunghi mesi di persecuzione tedesca, il momento della liberazione – corse un’ondata di indignazione. Abbandonata, si ritirò, dalle case, sulle montagne e attese il ritorno alla normalità, che si ebbe solo con le partenze di questi reparti, avvenuta 25 giorni dopo. Perché gli eccessi commessi e specie gli atti di libidine compiuti siano noti alle autorità centrali, l’Arma locale ha compiuto al riguardo diligenti accertamenti che hanno dato il seguente risultato statistico: […]
Violenze commesse su donne, ragazze e bambini: n. 191 casi; oltre 30 tentate violenze su donne ed una su bambino;
[…] in Capoliveri, ucciso il padre che tentava opporsi alla violenza su una figlia (egualmente violata dopo l’assassinio del genitore); in Portolongone, uccisi due uomini che cercavano di impedire violenze sulle loro spose; in Campo nell’Elba, uccisi due uomini che tentavano opporsi alle violenze sulle loro donne, ed altro uomo che voleva impedire il saccheggio della propria casa; in Portoferraio ucciso il padre che tentava opporsi alla violenza sulla propria figlia; trucidati due uomini mentre, da un rifugio, cercavano raggiungere la propria abitazione per prendervi generi da mangiare; ucciso un giovane studente da un sottufficiale còrso ”perché la di lui madre piangesse”; sempre in Portoferraio – durante il coprifuoco – un soldato marocchino, infine, freddava, con due colpi di fucile, una ragazza del luogo ed un sottufficiale francese che si accompagnava con lei […]
d) – FURTI:
a migliaia, per un importo di milioni di lire;
[…]
f) ECCESSI VARI
venne- in territorio di Portolongone, incendiata una casa colonica, completamente arredata; sequestrati apparecchi radio, macchine da scrivere, mobili vari;
g) il comportamento verso l’Arma fu anche deplorevole. Sottufficiali e carabinieri percossi e derubati di portafogli e orologi.
Un carabiniere deportato in Corsica e rilasciato dopo 10 giorni. Le caserme saccheggiate e devastate.
IL GENERALE DI CORPO D’ARMATA – COMANDANTE GENERALE – Taddeo Orlando.
Tutto il solito strascico di violenze e crimini, insomma, che accompagnava la liberazione. Violenze contro i civili a parte, l’operazione Brassard, tanto esaltata in Francia, fu abbastanza grottesca: malgrado la strapotenza numerica non solo i francesi vennero messi in gravi difficoltà per quattro giorni da truppe di seconda linea che combattevano uno contro dieci e senza appoggio aereo, ma poco mancò che anche le operazioni di sbarco si concludessero in un disastro. Un risultato decisamente poco napoleonico e militarmente insignificante.
E ancora una volta l’Anpi, con le sue deliranti affermazioni su “liberatori” e “porti aperti” dimostra come l’unica cosa da fare sia sciogliere tale inutile, perniciosa, costosissima banda di scappati di casa, che parla di tutto e su tutto ma che la storia non la conosce né punto né poco.
Pierluigi Romeo di Colloredo
– Romeo di Colloredo, Südfront. Il Feldmaresciallo Albert Kesselring nella campagna d’Italia, 1943- 1945, Genova 2018, pp. 74 segg.
- Notizie riprese dal sito Elba Fortificata 1943- 1944, http://www.elbafortificata.it/1943-1944.htm
3 comments
I “partigianofili” ,( ormai i partigiani sono estinti, o ridotti a defecarsi addosso in qualche struttura “protetta”), non è che “non sanno”, stanno semplicemente dalla parte del MALE! Sono dei degenerati che godono ad infliggere sofferenze a tutti coloro che non se li filano! Si va dagli abusi di massa dei goumiers, (che sperano di poter replicare sulla pelle degli Italiani che vorrebbero vivere almeno decentemente), alle moderne psicologhe pidiessiste, autentiche demoni in veste umana che usano il potere e l’ impunità di regime, (pidiessista), per rovinare per sempre creature fragili e indifese! Di cosa ci meravigliamo? L’ ultima guerra mondiale l’ha vinta il MALE. E il male può solo fare e generare del male. In un ciclo esponenziale!
….evitate di usare la parola ” liberazione”..
quelli non erano corsi ma “franciosi”
Noi còrsi samo Italiani per nascita e sentimenti, ma prima di tutto ci sentiamo italiani per lingua, costumi e tradizioni… E tutti gli italiani sono fratelli e solidali davanti alla Storia e davanti a Dio… Come Còrsi non vogliamo essere né servi e né “ribelli” e come italiani abbiamo il diritto di essere trattati uguale agli altri italiani… O non saremo nulla… O vinceremo con l’onore o moriremo con le armi in mano… La nostra guerra di liberazione è santa e giusta, come santo e giusto è il nome di Dio, e qui, nei nostri monti, spunterà per l’Italia il sole della libertà.»
Pasquale Paoli
egli diede avvio alla prima vera , ingiustamente oggi misconosciuta, rivoluzione borghese europea, e sua è la prima costituzione, anch’essa poco nota, democrazia moderna , che regolò la vita della Corsica indipendente dal 1755 alla conquista francese 1769.