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Quella volta che Lemmy suonò con Ian Stuart (forse)

by Adriano Scianca
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lemmy03Roma, 29 dic – Fascista non lo è stato mai, chiariamo l’equivoco, tanto per iniziare. Ian Fraser Kilmister, o più semplicemente Lemmy, è stato semplicemente un uomo libero, un anticonformista, un nemico del politicamente corretto, un ribelle e, pur nel suo giocare a essere se stesso sempre sul filo dell’ironia, un uomo autentico. Di questi tempi non è mica poco. A dedicare la sua vita a qualche causa che eccedesse il ristretto ambito segnato da donne, rock e divertimento non ci ha mai pensato neanche un secondo. Ma questo vale anche per le cause sinceramente democratiche, quelle a cui non si può dire di no, quelle che occupano il 90% del tempo di Bono Vox.

Il cantante dei Motörhead, tanto per dirne una, era uno capace di scrivere nella sua autobiografia cose così: “C’era una stupida maestra che voleva insegnare il lavoro a maglia a noi maschietti; probabilmente una femminista, giusto? Io non volevo lavorare a maglia perché era da checche. A quei tempi c’erano ancora le checche, sapete? Non erano alla guida del Paese, come oggi”.

Ma a far discutere è da sempre la sua passione per i gadget nazisti. Anche in questo caso è difficile che si possa parlare di qualcosa di più di una fascinazione estetica, ma, a parte il fatto che l’estetica non è mai neutrale, quel che colpisce in Lemmy è soprattutto la mancanza di scuse lacrimevoli alle ricorrenti accuse di scorrettezza politica. Nel 2008 girò addirittura voce che in Germania lo avessero denunciato, data la nota sportività dei tedeschi in fatto di simbologia che ricordi il Terzo Reich.

Lemmy ha spiegato così la sua passione: “Sin dagli inizi, i ragazzi peggiori erano quelli che indossavano le uniformi più belle. Napoleone, i confederati, i nazisti, avevano tutti delle uniformi spettacolari. Voglio dire, le uniformi delle SS sono fottutamente belle! Erano le rock star dell’epoca, cosa vuoi farci? Erano semplicemente belle. Non venirmi a dire che sono nazista solo perché possiedo queste uniformi. Nel 1967 ho avuto la prima fidanzata di colore e da allora ne ho avute tante altre. Non capisco il razzismo e non l’ho mai nemmeno considerato”. O ancora, in un’altra occasione, più sinteticamente: “Colleziono uniformi naziste perché sembrano abiti d’alta moda. Di Hitler non me ne frega un cazzo”.

Al giornalista italiano Marco Mathieu che lo intervistava, il cantante spiegò: “Ci sono molti aspetti poco raccontati, penso alla diffusione dei partiti fascisti e nazisti in Europa e negli Stati Uniti, alla quantità di volontari svedesi nelle SS per fare un altro esempio. C’era una spinta da crociata contro i bolscevichi. A proposito, fa ancora politica la nipote di Mussolini?”. Risposta del giornalista: “Sì e tra i giovanissimi raccolgono consensi le organizzazioni di estrema destra…”. Lemmy: “Non mi stupisco, i fascisti hanno da sempre una grande capacità di coinvolgere i ragazzi, poi è anche una questione di estetica: pensa alle divise, alle parate”.

Esiste una vasta pubblicistica che accredita Lemmy come amico di vecchia data di Ian Stuart Donaldson, frontman degli Skrewdriver e figura centrale del movimento skinhead nazionalista in Gran Bretagna e non solo. Fondati nel 1977, gli Skrewdriver erano, come band, di soli due anni più giovani dei Motörhead, nati nel 1975. Sappiamo che per un certo periodo i due gruppi condivisero la stessa casa discografica, la Chiswick Records, fondata nel 1975 e durata fino al 1981. Ed esiste almeno un album in cui figurano brani di entrambe le band. Verso la fine degli anni ’70, il gruppo di Ian Stuart fece da gruppo spalla ai Motörhead in un concerto al King George’s Hall di Blackburn: di questo concerto parla sia Ron Hartley, membro della prima fase apolitica della band, che lo stesso Ian Stuart. Sfortunatamente non sembrano esistere foto dell’evento che possano dare ulteriore conferma a questi racconti. Anche Mickey French, altro ex membro del gruppo, ha confermato di aver conosciuto Lemmy poiché lui era amico di Ian. Non ci sono ulteriori conferme neanche della voce ricorrente secondo cui ai funerali di Ian Stuart sarebbe arrivato un mazzo di fiori da Lemmy.

In internet gira inoltre il testo di un’intervista in cui Lemmy avrebbe risposto alle domande dei suoi fan di MySpace. Alla domanda su Ian Stuart, il cantante dei Motörhead avrebbe risposto: “Penso che Ian Stuart si sarebbe dovuto far cresce i capelli e allora ci sarebbero stati sei Rolling Stones”. Una risposta furba, che è troppo poco, forse, per chi ha a cuore la causa nazionalista. Ma è decisamente troppo per chi ama le star che sacrificano libertà e amicizia sull’altare del conformismo democratico. Nel bene o nel male, questo era Lemmy. E comunque ci mancherà.

Adriano Scianca

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3 comments

XXX 29 Dicembre 2015 - 5:52

“Well, I moved to Manchester and reformed the band for a while, actually it was with the Manchester line up that we supported Motorhead at Blackburn. We played with Motorhead, this was a lot later, they were really decent blokes”. Ian Stuart da “Last Chance” fanzine 1991/1992

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Michelle Ros 30 Dicembre 2015 - 12:51

in un libro (Ian Stuart Donaldson – Memories by Mark Green) appare un’intervista con Diane la fidanzata di Ian, che era la sorella di Stigger. Lei dice che anni dopo la morte di Ian è andata a un concerto di Motorhead e ha parlato con Lemmy, che la ha detto che ancora ricordava Ian

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Anonimo 31 Dicembre 2015 - 12:45

E’ evidentemente un riferimento a Ian STEWART (il tastierista “segreto” dei Rolling Stones che aveva i capelli corti e non stava sul palco con loro, ma dietro le quinte)… la conclusione di questo articolo (coi grassetti) non ha senso…
Marco

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