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L’imbarazzante mediocrità politica (e non solo) di Christine Lagarde

by Stelio Fergola
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Lagarde mediocrità

Roma, 14 sett – La mediocrità di Christine Lagarde tocca ad ogni dichiarazione nuove vette. Non è casuale se perfino sulla stampa mainstream si raccolgano continuamente collezioni di gaffe dell’attuale presidente della Bce. La quale probabilmente non brilla per umanità, ma neanche per acume politico. L’ultima sua sparata è solo un altro francobollo da aggiungere a un album onestamente imbarazzante.

Da “non ci occupiamo di spread” a “non tassate le banche che siete indebitati lo stesso”, la disumanità mediocre della Lagarde

Ne ha dette tante, Lagarde, in questi anni. Da quando è in carica alla Bce, ovvero dal primo novembre 2019, sempre di peggiori. La sparò altissima quando, a crisi pandemica appena iniziata e con tutte le difficoltà che si apprestava ad affrontare non solo l’Italia, ma anche gli altri Paesi membri, sentenziò: “Non siamo qui per ridurre gli spread, ci sono altri strumenti ed altri soggetti per occuparsi di questi temi”. Ammettendo quindi, platealmente, l’inutilità dell’istituto da lei stessa guidato. La dichiarazione provocò un’indignazione – quanto meno formale – perfino degli euroinomani di massa più convinti (si pensi al solito Enrico Mentana). D’altronde, accodarsi a una figuraccia simile sarebbe solo stupido e motivo di perdita di consensi, dunque andare addosso alla cara Christine sarebbe stato il minimo sindacale, a meno di non volersi inimicare troppo il pubblico. Lagarde lancia un’altra bordata degna di risposte a pomodorate lo scorso marzo, quando, nel pieno di una crisi inflattiva che ancora non abbiamo superato, raccontava: “Ci sono persone, come le più vulnerabili, che soffrono per l’elevata inflazione”. Aggiungendo: “Ho familiari che soffrono per questo, e ciò mi rende ancora più determinata a ridurre la crescita dei prezzi”. Insomma, ammesso e non concesso che i familiari della Lagarde siano tutti poveri, una con il suo stipendio denuncia il loro dramma. Il che farebbe ridere se non facesse infervorare.

Adesso, ieri, l’ultima perla. Non tanto l’attacco alla tassa sugli extraprofitti delle banche decisa dal governo Meloni (criticabile ma meno “gaffosa”), bensì la raccomandazione di “non usarla” per risanare il bilancio. Che tradotto vuol dire: ci interessa eccome da dove vengono i soldi per i bilanci, e quelli delle banche non rientrano nella lista. Ri-ritradotto: vogliamo quelli della gente comune. Se benestante, poco ci importa quanto si impoverirà, se è povera, poco ci curiamo del fatto che rimanga tale.

Ad essere cinici, “si fa, ma non si dice”

La storia della politica è ovviamente piena di esempi di marciume e di attività contro gli interessi delle collettività, ma quando si è scaltri si ha per lo meno la buona pace di non esprimersi addirittura ufficialmente. Cosa che la Lagarde fa puntualmente, perché poco arguta (per usare un eufemismo) oltre che che mediocre. Non si dice ufficialmente che la Bce non serve a nulla, non ci si atteggia a poveri con quegli stipendi, non si spara contro una tassa extraprofitti in quel modo. Questione di minima – proprio minima – razionalità. D’altronde, la “scuola europeista” non è che brilli per acume politico. Perché, diciamolo francamente, a Bruxelles la mediocrità è di casa. Lo è nei presidenti della Commissione (l’ubriacone Jean Claude Juncker su tutti, ma anche Ursula Von der Leyen, pur essendo meno peggio del predecessore, non che sia un fulmine di guerra). Lo è nel presidente del Parlamento Roberta Metsola. Lo è nel presidente del Consiglio Ue Charles Michel. Insomma, parliamo di scarti delle politiche nazionali, nel quadro di classi dirigenti (quelle occidentali) già di per sé in enorme crisi qualitativa, da decenni. Ci sarà un motivo per cui un esponente di quella brillante classe dirigente sia diventato nostro presidente del Consiglio e abbia chiesto “se preferiamo la pace o i condizionatori”. E ci sarà pure un motivo per cui uno degi uomini di spicco in quel contesto sia Paolo Gentiloni: e non è bello.

Stelio Fergola

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