Roma, 16 lug – Che l’Ue non sia esattamente un cantuccio accogliente per l’Italia non è certamente una sorpresa. Come non destano sicuramente sorpresa gli aggiornamenti, inevitabili, che con rigorosità assoluta si presentano sulla questione del “debito”. Quello che Bruxelles chiede costantemente all’Italia di ridurre, non solo a suon di bilanci spesso impeccabili ma anche con la contraddizione di offrirgli strumenti che possono farlo crescere (come il Pnrr).
Ue e Italia, Eurogruppo all’attacco: “Serve più rigore sui conti”
Come riporta il Giornale, il debito pubblico italiano raggiunge nuovi livelli record. Ed è questo lo strumento di ricatto continentale che mette il BelPaese all’angolo. Chi legge queste pagine sa benissimo quanto non sia sufficiente per avvalorare la tesi del “bilancio da contenere”. Sia perché l’Italia non ha mai ridotto realmente e consistentemente il famelico “debito” nonostante trent’anni quasi consecutivi di avanzi primari, sia perché la stessa Ue che punta l’indice sulla necessità di controllare i bilanci pubblici poi propone strumenti per generare ulteriori debiti (ecco perché abbiamo citato il Pnrr, composto per metà di prestiti con tanto di interessi, ed ecco perché ne abbiamo sempre rilevato la minaccia da quando fu concepito), sia perché al di fuori dell’area Ue esistono realtà come quella giapponese che con un debito pubblico record molto superiore non risentono assolutamente delle loro potenzialità di spesa pubblica. Ovviamente, questo non interessa al commissario all’Economia europeo Paolo Gentiloni, il quale ci spiega che “il consolidamento di bilancio non è compito facile però è una necessità per diversi Paesi, specialmente per quelli sotto procedura per deficit eccessivo”.
Niente di nuovo, molto di ancora più tragico
Si chiede ancora rigore, ancora austerità. L’Ue strozza l’Italia e non ha intenzione di allentare il cappio (aspetto, del resto, ben messo in evidenza dall’elaborazione del nuovo Patto di Stabilità). La novità, in effetti, non c’è mai, se non nell’intensità e nell’ostinazione con cui la politica economica europea continua a manifestarsi. Contro l’Italia e contro gli altri sei Paesi attenzionati dalla procedura di infrazione per eccessivo deficit. Tra questi, c’è la Francia. Con un’unica variabile: Parigi, a differenza di Roma, dei rimbrotti da maestrine provenienti da Bruxelles e Strasburgo dedicherà la giusta e nulla attenzione.