Roma, 14 gen – In occasione del centenario della nascita di Giulio Andreotti le emittenti televisive hanno pensato di “rendergli omaggio” trasmettendo il film ispirato di Paolo Sorrentino ispirato alla sua figura: “Il Divo” del 2008. Ma Stefano Andreotti, terzogenito di Giulio e della moglie Livia Danese, proprio non riesce a digerire l’opera del regista napoletano.
E si sfoga scrivendo a Fanpage ribadendo il pensiero di Andreotti senior sul film che lo ritraeva: “Mi permetto di puntualizzare che mio padre non cambiò mai idea sul termine ‘mascalzonata’ adoperato per definire il film“. E accusa Sorrentino di aver mentito sulla preparazione della pellicola. Il vincitore dell’Oscar per “La grande bellezza” raccontò infatti di aver incontrato l’ex leader della Dc in due occasioni: prima di iniziare a scrivere la sceneggiatura e dopo che questi visionò l’opera. Tutte fandonie, secondo il figlio: “Il regista non andò a trovare mio padre prima di girare”. E rincara la dose: “Chi ha conosciuto mio padre stenta a riconoscerlo in una figura che scaturisce da banali luoghi comuni e che è stata ricostruita, anche sotto gli aspetti più intimi, senza aver mai approfondito”.
Insieme a sua sorella Serena, Stefano Andreotti ha riordinato le carte del labirintico archivio del padre. E ne è saltato fuori un romanzo, scritto proprio dal “Divo Giulio” e di fresca pubblicazione: “Il buono cattivo”. Alcuni passi del libro sono molto attuali: Andreotti prende di mira i “tanti tardivi neoantifascisti“. E applica all’antifascismo la regola dei vini: “E’ buono solo quello delle vecchie annate”. Composto tra 1973 e 1974 il libro narra, in prima persona, la vita quotidiana di un uomo semplice, che apprezza i piccoli piaceri della vita e preferisce rimanere lontano dai giochi di potere. Chi sarà dunque il miglior biografo di Andreotti? Paolo Sorrentino o il “Divo” stesso?
Ilaria Paoletti