In pratica avrebbero taroccato i dati sulle vendite delle copie digitali ma anche cartacee. Il tutto mentre il gruppo a settembre già annunciava una perdita semestrale di 50 milioni con erosione del patrimonio di 59 milioni in appena 6 mesi. Dalle indagini spuntava anche una scrittura privata tra azienda e Napoletano che prevedeva robuste integrazioni al suo TFR. Le clausole sarebbero scattate in caso di cessazione del rapporto senza giusta causa (per un totale di 2 milioni e 250 mila) o in caso di cambio degli assetti azionari (1 milione e 500mila euro). Ma perché questa scelta scellerata di gonfiare i dati di vendita? Oltre che per squallide ragioni economiche, ovvero incassare i bonus premio dovuti ai presunti incrementi delle vendite, anche l’ambizione di Napoletano di candidarsi alla direzione del Corriere della Sera. Con i conti in rosso, la credibilità distrutta, i giornalisti in rivolta, i lettori in fuga, il CDA riunito d’emergenza qualche giorno fa non ha saputo fare altro che nominare un direttore ad interim: Guido Gentili. Già direttore prima del regno di “Idi Amin” di via Monterosa, come lo avevano soprannominato i suoi circa 200 giornalisti costretti a contratti di solidarietà e riduzioni di stipendio mentre il gran capo ingrassava, e non solo in senso figurato.
Dopo uno sciopero ad oltranza che ha costretto Napoletano ad autosospendersi, il giornale economico è tornato in edicola. Intanto sono partite le grandi manovre per sedersi sulla poltrona che scotta di Via Monte Rosa, dove si erge la ipermoderna sede del 24 ore. Ora è partito il toto-nomine secondo il quale vanno forte i giornalisti del Corriere. Tra i favoriti l’immancabile Ferruccio De Bortoli, fino al 2015 a capo del Corriere con un passato alla guida del Sole e uomo buono per tutte le stagioni. Anche Dario Di Vico e Daniele Manca , entrambi vicedirettori del Corriere, hanno le loro carte da giocare. In forte ascesa c’è però una quota rosa: Alessandra Galloni capo della Reuters del sud Europa dopo dieci anni al Wall Street Journal e laurea alla prestigiosissima London School of Economics. Insomma si punterebbe ad una portavoce del capitalismo internazionale per ridare una voce a quello nostrano in via di estinzione. Come dimostra l’inconsistenza di Confindustia nello scenario politico attuale Insomma In Italia non ci sono più i capitalisti. Neppure contro cui protestare. Che nostalgia …. Verrebbe da dire…
La Redazione