Roma, 18 mar – Il 12 febbraio scorso, il Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli, ha pubblicato il dossier “ONG e trasparenza”, redatto dall’analista Carlo Sacino, riguardante la trasparenza delle organizzazioni non governative, con particolare focus sulle cosiddette “umanitarie” che hanno operato davanti alle coste della Libia.
“Le attività nel Mediterraneo centrale di alcune associazioni operanti nell’assistenza all’immigrazione sono oggetto di controversia: talune ONG si sono imposte sulle politiche migratorie degli Stati sovrani e vi sono state discussioni circa la loro trasparenza finanziaria”. Infatti la maggioranza delle organizzazioni non governative, fondate con l’unico scopo di “salvare migranti”, sono sempre state oggetto di critica per la loro mancanza di trasparenza sui dati finanziari. Non si è mai compreso il motivo della non pubblicazione dei bilanci e delle liste dei finanziatori, deficienza che viene meno agli obblighi etici che dovrebbero guidare chi percepisce fondi anche da privati donatori. Ancora più rilevante e deplorevole, quando un Governo nazionale ha subappaltato le politiche migratorie e la sicurezza nazionale a tali ONG straniere.
A tal proposito, il dossier del Centro Machiavelli passa in rassegna le normative italiane, introdotte dal Legislatore, riguardanti il “terzo settore”, ovvero le Onlus.
La normativa italiana
Allo scopo di aumentare la trasparenza dei bilanci delle organizzazioni non-profit, nel 2017 è stata approvata la legge n.124, che all’articolo 1, dal comma 125 al 127, stabilisce che entro il 28 febbraio di ogni anno le Onlus e le fondazioni che intrattengono rapporti economici con le pubbliche amministrazioni debbano pubblicare sui propri siti web le informazioni relative a sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque vantaggi economici di qualsiasi genere di importo pari o superiore a 10.000 euro ricevuti dalle medesime amministrazioni pubbliche nell’anno precedente. Questa prassi inizierà quest’anno.
Bisogna altresì considerare il Decreto Anticorruzione 995 del 23 novembre 2018, nel quale le fondazioni vengono equiparate a partiti politici (art. 11-14) con tutti gli obblighi derivanti sia per quanto riguarda il finanziamento sia per quanto riguarda la trasparenza dei bilanci. Sappiamo perfettamente che, molte fondazioni sostenitrici di ONG, come la Open Society Foundations di George Soros, hanno una chiara e dichiarata agenda politica, implementata grazie alla distribuzione di risorse economiche.
Il dossier sottolinea anche che in Paesi come la Francia, la Spagna e gli Stati Uniti, non è prevista la possibilità da parte di stranieri di finanziare i partiti politici. Abbiamo spesso documentato come alcuni partiti italiani chiaramente sostenitori dell’immigrazione di massa, come i Radicali, abbiano beneficiato di donazioni da fondazioni straniere (Open Society Foundations), peraltro proprio nel 2017, l’anno precedente alle elezioni politiche in Italia. L’ultimo, in ordine temporale, è il movimento dei giovani della cosiddetta “Generazione Erasmus”, Volt, che si presenterà alle prossime elezioni europee agevolato da una donazione di George Soros.
Negli Usa le Ong sono equiparate alle lobby
Negli Stati Uniti, per garantirne la trasparenza, le ONG che ricevono finanziamenti da stranieri, sono oggetto del FARA (Foreign Agent Registration Act), normativa che richiede a tutte le organizzazioni agenti per conto di stranieri (definiti principal, ovvero Governi, partiti politici, persone o qualsiasi tipo di organizzazione al di fuori degli Stati Uniti) di palesare informazioni riguardo al tipo di relazione con il soggetto in questione (attività, finanziamenti e spese). Le organizzazioni non governative vengono perciò equiparate alle lobby.
Ispirandosi all’americano FARA, Israele ha approvato, nel luglio 2016, il “Transparency Requirements for Parties Supported by Foreign State Entities Bill”, che obbliga ONG riceventi il 50% o più dei propri finanziamenti da organizzazioni straniere, governative o meno, a rivelare i propri donatori in qualsiasi pubblicazione, incluso il sito internet, e in qualsiasi relazione con i media o con membri del parlamento israeliano, pena una sanzione pecuniaria.
Trasparenza Ong: la battaglia dell’Ungheria
Veniamo alla tanto discussa Ungheria. La libertà di associazione e i relativi obblighi di registrazione sono regolati dall’atto CLXXV del 2011, che si occupa specificamente di ONG. Gli obblighi stabiliti sono sostanzialmente in linea con quelli dei Paesi occidentali, richiedendo alle organizzazioni rendiconti finanziari e patrimoniali annuali da presentare alle autorità competenti, il Portale di Informazione Civile. In aggiunta a queste norme standard, il Governo ungherese nel 2017 ha di fatto importato le regole dell’americano FARA in Europa, con l’atto LXXVI del 15 Giugno dello stesso anno.
La suddetta legge, “Sulla trasparenza delle organizzazioni sostenute dall’estero”, trova applicazione in tutte le associazioni che ricevano donazioni dall’estero superiori ad una cifra di € 23.500 all’anno (escluse quelle sportive e di quelle riguardanti determinate minoranze etniche). Quindi le organizzazioni in oggetto devono registrarsi presso il Governo ungherese come “organizzazioni riceventi fondi stranieri” e sono obbligate a presentarsi come tali sulle pagine principali dei propri siti internet, pena un richiamo da parte delle autorità di competenza. In caso di mancata ottemperanza dopo il secondo richiamo, la autorità possono procedere con una sanzione pecuniaria. Quest’ultimo articolo, compreso nella legge, è stato ampliamente criticato perché considerato “intimidatorio e volto a creare un senso di sfiducia verso la società civile”, soprattutto da organizzazioni riconducibili a George Soros e da diversi parlamentari europei “open society”. Ciò ha portato, nel 2017 al primo atto formale contro il Governo Orbán: l’Aula di Bruxelles ha approvato una risoluzione che impegnava la Commissione ad avviare le procedure sancite dal Trattato, il quale prevede sanzioni per gli Stati che violino i diritti dei cittadini. Nella risoluzione si invitavano perentoriamente le autorità magiare a sospendere o a ritirare le leggi controverse, contenenti “gravi violazioni” contro i richiedenti asilo e le organizzazioni non governative.
Per nulla intimidito, il Governo ungherese ha continuato imperterrito nella sua battaglia per la trasparenza delle ONG che operano all’interno del territorio nazionale, adottando gli ulteriori pacchetti T/332 e T/333, approvati il 20 giugno 2018:
- “Sulla responsabilità civile delle organizzazioni che sostengono l’immigrazione illegale”, il legislatore ha ripreso il concetto di registrazione come “agente finanziato da stranieri” aggravato dal titolo di “organizzazione a sostegno dell’immigrazione illegale”, obbligando tali ONG a notificare entro tre giorni alle autorità di competenza finanziamenti esterni e qualsiasi forma di sponsorizzazione di cittadini di Paesi terzi che coinvolga l’ingresso illegale nel territorio ungherese, compresa la diffusione di materiali informativi. Impone peraltro l’obbligo di dichiarare benefici personali e patrimoniali derivanti dall’organizzazione per tutte le persone coinvolte con essa, di notificare le transazioni con organizzazioni terze alla Banca Nazionale d’Ungheria, ed infine consente alle autorità di dissolvere l’organizzazione in caso di ripetute violazioni della suddetta legge.
- “L’obbligo di finanziamento sull’immigrazione”, impone alle organizzazioni, che ricevono benefici finanziari o patrimoniali dall’estero e sponsorizzano in qualsiasi forma l’ingresso illegale in territorio ungherese di cittadini stranieri, il finanziamento delle autorità impegnate nel controllo dell’immigrazione, in ragione del 25% del beneficio finanziario o di proprietà ricevuto.
- Modificando il Codice Penale, “Le ordinanze restrittive riguardo all’immigrazione” autorizzano il Ministero di competenza a bandire fino a 8 km dal confine ungherese le persone (straniere) ritenute pericolose per la sicurezza nazionale e per l’interesse pubblico, ad eccezione di coloro che godano di immunità istituzionale. Anche le persone che aiutano l’ingresso o la permanenza illegale di stranieri in territorio nazionale, vengono ritenute pericolose per la sicurezza nazionale. Il bando può durare 6 mesi, ma non più del periodo di emergenza.
Tale pacchetto legislativo è stato definito “StopSoros” perché molte delle ONG in Ungheria che operano in favore dell’immigrazione di massa, nonché la Central European University (CEU), sono appunto finanziate dalla fondazione dello speculatore, che fino al 2018 aveva una sede a Budapest.
Procedura d’infrazione Ue contro Budapest
Il Consiglio d’Europa e l’OSCE, seppur criticando la nuova legislazione ungherese, hanno ammesso che sia legittimo punire chi aiuta l’immigrazione clandestina.
Invece, la Commissione Europea, dando seguito alla risoluzione votata dal Parlamento, ha avviato una procedura di infrazione contro l’Ungheria, ritenendo che la legge sia in contrasto con le direttive su asilo e accoglienza, oltre che con gli articoli 20 e 21 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, la direttiva sulla libertà di movimento e la Carta dei Diritti Fondamentali UE.
Veniamo ora alle raccomandazioni incluse nel dossier del Centro Machiavelli, rivolte al legislatore italiano, allo scopo di aumentare la trasparenza delle ONG e delle associazioni che operano nel territorio nazionale:
- L’estensione dell’obbligo di pubblicazione dei bilanci online a qualsiasi forma di finanziamento, perché al momento l’obbligo riguarda solo le associazioni che beneficiano di donazioni da enti pubblici.
- L’adozione di un FARA italiano, sull’esempio degli Stati Uniti, che equipari le organizzazioni alle lobby. Sarebbe quindi legittimo richiedere trasparenza riguardo ai rapporti istituzionali (politici e parlamentari) di organizzazioni finanziate da stranieri.
- L’estensione del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina alle organizzazioni, quindi alle persone giuridiche, e non solo alle persone fisiche.
- Modifica del Testo Unico dell’immigrazione, in particolare gli articoli 10 e 12: la configurazione del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, quando un’organizzazione che, al termine di un’operazione di salvataggio, sceglie autonomamente di non consegnare le persone raccolte all’autorità in carica della SAR (ad esempio, la Guardia Costiera libica) e di ignorare la presenza di porti sicuri più vicini, scegliendo poi di spostarsi in acque territoriali italiane.
Francesca Totolo
2 comments
…uno ” stop”…..
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/8b/SVD_Dragunov.jpg
Magari fosse vero!!! Da domani tutte queste ong inizierebbero a finanziare le fabbriche di filo spinato e mine anti nave per proteggerci dall’invasione degli immigrazione clandestina economici. Basta fare la legge poi loro mangiano in ogni modo. Sia che li salvino sia che so affogati siachw rimangono in afRica. Fino ad oggi gli ha fatto guadagnare di più il traffico.di essere umani.poi vediamo se passa questa legge quello che faranno per lucrare di più.