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Paradosso Rosso: la sinistra antagonista e accondiscendente

by La Redazione
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Roma, 4 giu – Negli ultimi decenni, abbiamo assistito a un fenomeno tanto paradossale quanto tragico: la saldatura – spesso consapevole – tra le istanze più radicali della sinistra e gli obiettivi del capitalismo finanziario globale. Quella che si proclamava “antagonista” è divenuta, nei fatti, l’avanguardia culturale del nuovo ordine economico mondialista. Un ossimoro che oggi genera un paradosso permanente.

La sinistra antagonista e accondiscendente

Ma forse non si tratta affatto di una “deviazione”. Forse la sinistra non ha tradito se stessa: al contrario, sta semplicemente tornando alla sua radice più autentica. Un ritorno, per quanto paradossale, a un rigore marxista più puro. José Antonio Primo de Rivera, nel 1935, lo aveva intuito con folgorante chiarezza: “Combattiamo il marxismo perché nega lo spirito, perché nega l’essenza religiosa dell’uomo”. Più che un sistema economico, il marxismo è una visione del mondo: materialista, anti-metafisica, riduzionista. L’uomo è solo prodotto delle condizioni materiali, la religione è un’illusione, la famiglia una sovrastruttura, la patria un’invenzione borghese. Le attuali battaglie della sinistra – la fluidità identitaria, la decostruzione della famiglia, l’attacco alla differenza sessuale, la cancellazione della memoria storica e nazionale – non sono un tradimento del marxismo, ma la sua naturale prosecuzione. Dove il marxismo classico voleva distruggere la borghesia, quello postmoderno vuole distruggere l’uomo come uomo-nella-storia – l’uomo con un’identità e con radici profonde, inserito nel tempo autentico della tradizione e del progetto. E in questo trova un alleato perfetto nel neoliberismo globalista: dichiarandosi antagonisti, dimostrano nei fatti di essere solo accondiscendenti.

Il mercato vi ringrazia

Il capitalismo contemporaneo non ha più bisogno di classi produttive o di lavoratori organizzati: ha bisogno di individui sradicati, consumatori solitari e confusi, eternamente insoddisfatti, alla ricerca di nuove identità da comprare. E chi meglio della sinistra radicale poteva fornire la legittimazione ideologica per questa trasformazione antropologica? La sinistra che ha abbandonato la questione sociale per abbracciare quella di genere: non combatte più il capitale, ma l’ordine naturale. Non contesta lo sfruttamento, ma la differenza sessuale. Non protegge i popoli, ma promuove nomadismo e l’autodeterminazione dell’“io” contro ogni forma di appartenenza vincolante. In fondo l’individuo senza padri né figli, senza radici né orizzonti, è la merce perfetta. E da un punto di vista psicologico, il “tanfo” culturale della sinistra radicale si spiega con due parole: conformismo estremo. In assenza di forti appartenenze reali — famiglia, comunità, nazione — l’individuo postmoderno cerca rifugio in appartenenze simboliche, immediate, virtuali. Il gruppo woke, inclusivo solo a parole, si fonda su rigidi codici morali, rituali verbali e processi di esclusione — esattamente come ogni altro “branco”. La nuova militanza non è più spinta dalla realtà, ma dal bisogno di appartenenza e dalla paura della marginalità. I “ribelli” di oggi non rischiano nulla: parlano come tutti, pensano come tutti, e usano il linguaggio imposto dal potere economico e mediatico. Così, nella sinistra radicale, il capitale ha trovato non solo l’ideologia giusta, ma anche la massa perfetta.

La sinistra anti-natura

In questo contesto, la maternità – simbolo massimo della vita naturale “oppressiva” – è ridotta a funzione commerciale. La famiglia si neutralizza. Il figlio non è più frutto dell’amore o di un progetto destinale, ma un “gadget” da ottenere su ordinazione. La maternità surrogata è celebrata come conquista di libertà, mentre è spesso una forma di sfruttamento neo-coloniale. Ma tutto questo passa, purché si parli il linguaggio dei “diritti”. La cruda realtà è che ci troviamo davanti a una vera eugenetica finanziaria: chi ha soldi può avere figli, chi non ne ha viene spinto a non riprodursi. Il crollo demografico delle classi popolari, la disintegrazione della famiglia tradizionale, l’infantilizzazione permanente delle masse non sono effetti collaterali, ma parte di una strategia precisa: una decrescita controllata e selettiva, una riorganizzazione della società su scala globale.

Il marxismo come matrice del sistema

Il paradosso è che questo sistema apparentemente iper-liberista ha una radice marxista. Non nel senso economico – il capitalismo ha vinto – ma in senso antropologico e culturale. È il compimento della visione marxiana dell’uomo come entità totalmente plasmatile, senza natura, senza trascendenza, senza fine che non sia la materia stessa. La sinistra non ha perso la bussola: ha solo seguito la direzione originaria con coerenza implacabile. Il pensiero di Marx, depurato dagli ideali di giustizia sociale e rivestito di nuovi linguaggi “inclusivi”, è oggi lo strumento perfetto del dominio globale. Non ci sono più oppressori col fucile: ci sono élite che sorridono parlando di diritti, mentre svuotano la realtà di ogni senso spirituale. L’opera è compiuta: l’uomo è stato decostruito. O meglio, l’”ultimo uomo” nicciano è stato assemblato e ha preso il sopravvento.

Riscoprire il sacro fuoco della rivoluzione oltre la finanza

Contro questa deriva non basta la critica economica o politica. Serve una battaglia culturale e spirituale. Serve riattualizzare l’essenza potenziale dell’uomo: la sua identità, la sua natura, il suo legame col sacro. Finché ci sarà una sinistra che celebra la decostruzione identitaria in nome della libertà assoluta, la finanza avrà un alleato potente, fanatico, brutalmente schietto. Per combattere davvero il nuovo potere, occorre rovesciare il paradigma: riprogettare la famiglia, la comunità, la patria, la trascendenza in funzione di un conflitto aperto contro il capitalismo finanziario, contro ogni progetto di “fine della storia”, contro ogni dottrina politica egualitarista. Solo così si potrà costruire un’alternativa reale, radicata, vitale. Perché il vero spirito rivoluzionario, oggi, non è “difendere l’umano” ma spingerlo oltre questa bestialità da gregge.

Vincenzo Monti

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