Roma, 2 nov – Pasolini, ovvero all’insegna della contraddizione. Quando era in vita e dopo che è morto. Giusto quarant’anni fa, di sicuro ammazzato, ma con molte ombre a proposito del “chi”, del “come” e del “perché”. In ogni caso, se si litiga sulla morte, si litiga anche sulla sua identità politica. E’ da un po’ che Destra e Sinistra se lo contendono, anche se da qualche tempo a questa parte si fa strada una certa voglia di “sintesi”. Più o meno: Pasolini era di sinistra e di destra; Pasolini era un eretico di tutte le idee e di tutte le parrocchie; Pasolini guardava nel “lontano” e nel “profondo”, dunque era “oltre” (per un dibattito in materia si veda “Una lunga incomprensione. Pasolini fra Destra e Sinistra”, di Adalberto Baldoni e Gianni Borgna, prefazione di Giacomo Marramao, Vallecchi).
Vero. PPP era “lungimirante” e, al tempo stesso, radicato nella tradizione italiana. Era “davvero” nazionalpopolare e “davvero” cristiano. Anche comunista? E in che modo lo era e perché?
Sebastiano Vassalli, anche lui in odore di progressismo reazionario e di spiritualità eretica, scrisse sul Corriere: “Pasolini non era ‘di sinistra’, anche se in certi momenti e per certi versi avrebbe voluto esserlo: lo ‘spirito del tempo’, le amicizie, le persecuzioni dei benpensanti lo spingevano lì: perché non dirlo?” (“PPP e il piagnisteo di quell’eterna egemonia culturale”, 7 novembre 2010).
Giusto. Bisogna, come sosteneva Céline, dire “tutto”, “urlarlo”, se necessario. Perché finché ci sarà una cosa non detta o non capita, taciuta o mistificata, rimossa o ignorata, il mondo della cultura – che poi è, o dovrebbe essere, il mondo dell’”umanità” e dell’”umanesimo”- sarà povero, amputato della sua “ragione” più intima, che coincide con la verità. Parola che si fa fatica a pronunciare, ma che deve essere più che mai un emblema: culturale e politico. Ad esempio, c’è molto piaciuto un inedito dell’”Oriana Furiosa”, pubblicato su “Libero” del 22 ottobre, in cui PPP viene smascherato, con sofferta, polemica e complice schiettezza, a partire dalla sua contorta sessualità (“Amavi troppo la purezza, la castità che per te era salvezza. E meno purezza trovavi più ti vendicavi, cercando la sporcizia, la sofferenza, la volgarità: come una punizione. La cercavi proprio col sesso”).
Chi era? Com’era? Perché era così? Quanto, per esempio, in lui c’era di geniale spregiudicatezza e quanto di presunzione alimentata dalla stampa borghese, che gli faceva schifo ma per cui firmava- si pensi alla sua collaborazione al “Corriere”- fior di rubriche sovraccariche di impertinenti umori?
Tanti interrogativi, troppi. Forse bisognerebbe fargli un processo, a Pasolini. Gli è dovuto, lo merita, e proprio per una forma di rispetto verso la sua contraddittoria ricchezza.
Si pensi: il fratello, partigiano monarchico e cattolico della “Osoppo”, viene ammazzato dai comunisti delle Brigate Garibaldi, ma lui, PPP, nel dopoguerra, sceglie falce e martello. Con cuore gramsciano. Fatto a brandelli, allorché il Partito Padre Padrone espelle dalle sue file il giovane prof, colto in flagranti “atti impuri” omosessuali. Un prof. di origini emiliane, che, dopo aver vissuto a Casarsa ed aver scritto poesie in dialetto friulano in nome di una viscerale identità nazionalpopolare, approda a Roma, scopre la tetra barbarie borgatara, freme di lussuriose pulsioni per deliquentelli dal volto lombrosiano, diventa in pochi anni un Vate del candore osceno, della marginalità sporca e brutta, cattiva e pura, inanella scorrettezze politiche tanto sbandierate quanto presunte visto che vengono dal fronte antifascista. Dove c’è posto per ogni voce che anche se stona, stona a sinistra, e questo basta per assicurare legittimità. In qualche modo garantita dallo “scandalo”. Pasolini è scandaloso. Ma vuol bene alla mamma. Detesta le donne, anche perché le donne partoriscono una marea di sozzi umori, ma, come ha ricordato la Fallaci, venera la mamma, la sua Mamma, come se fosse la Madonna, modello di castità e di purezza, con un Figlio partorito per virtù dello Spirito Santo. E PPP, col suo muso da bull-dog, è fiero della sua canaliesca santità. Ci si avvolge e ci si rotola dentro. Come nel sudiciume delle marrane. Intanto si spengono le lucciole del mondo arcaico, contadino, reazionario, la cui cultura orale è stata violentata dall’istruzione di massa. E lui grida allo stupro, mentre stupra i garzoncelli dalla fronte bassa, con cui magari, un attimo prima, ha giocato a calcio su un campetto di periferia.
Questo era PPP e per questo va preso. Va preso per questo e in questo che era la sua vita, piena di sensi di colpa. E di voluttà nella colpa. Perversa come i ceffi nerofumo della sua “Salò”.
Però quelle piazze fasciste che applaudivano Mussolini… Però che belle facce di Italiani perbene col sole e la patria negli occhi. Però quei ragazzi del MSI con le loro ingarbugliate passioni… Però, forse era il caso di stare a sentire quello che dicevano, di cercar di capire quello che volevano.
Pasolini era questo, era anche questo. Il suo Inferno è pieno di bolge ardenti e di tenere – un po’ morbose – nostalgie di Paradiso.
A chi fa paura il Pervertito Pederasta Pedofilo con suo corpo e il suo spirito in corrispondenza di amorosi e amari sensi? A noi no.
Mario Bernardi Guardi