Roma, 21 mar – Il bail-in torna a minacciare il nostro sistema creditizio. In Italia lo schema più o meno è questo: quando i banchieri rischiano il default minacciano il bail-in per avere aiuti dallo stato. In questo quadro va letta la richiesta ufficiale di ricapitalizzazione precauzionale che Popolare di Vicenza e Veneto Banca hanno rivolto al Mef, a Banca d’Italia e alla Bce. In pratica le popolari venete per salvarsi chiedono “di accedere al sostegno finanziario straordinario e temporaneo” dello stato per reperire i capitali necessari attinti dai venti miliardi messi a disposizione con il decreto salva-risparmio del 22 dicembre 2016 emesso per salvare Montepaschi, con la conversione in azioni dei bond subordinati, circa 1,2 miliardi, di cui oltre 200 milioni in mano ai risparmiatori.
Prima di capire di entrare nel vivo della questione, facciamo un piccolo passo indietro per capire meglio la situazione. PopVi e Veneto Banca hanno bruciato 18,9 mld di euro negli ultimi cinque anni, azzerando il valore delle azioni, mettendo a rischio i 3,5 mld di euro del fondo Atlante, ora chiedono alla collettività cinque miliardi di capitali. Sarà questa la via maestra per salvare dal crack questi istituti di credito? Difficile dirlo.
Il fine, però, potrebbe giustificare quest’ennesimo atto di fiducia. Vediamo perché. L’intervento del pubblico, infatti, chiarisce un punto fondamentale sul quale in questi giorni c’è stata molta incertezza: le obbligazioni senior vengono messe al sicuro proprio dalla garanzia pubblica. La stessa che automaticamente dovrebbe azzerare il rischio bail-in. Per essere più chiari: parliamo di quel meccanismo che in caso di fallimento di un istituto di credito chiamerà a rimborsare i creditori: gli azionisti, gli obbligazionisti, e i correntisti fino alla soglia dei 100.000 euro. Il tema è già stato affrontato su questo sito proprio facendo riferimento alle popolari venete. Nonostante le buone intenzioni, la situazione per PopVi e Veneto Banca è tutt’altro che risolta. Troppi sono, infatti, i punti irrisolti. Valutando il complesso delle norme italiane ed europee, una ricapitalizzazione precauzionale può essere concessa dalle autorità centrali europee ci devono essere due condizioni. In primis, i due istituti di credito, risolti i problemi di capitale, siano in grado di sopravvivere ovvero fare utili operativi. In secundis, lo Stato deve recuperare in tempi ragionevoli recuperi il 100% della somma prestata. Quindi, al momento non si sa nulla sulle modalità d’intervento dello stato né se esso potrà intervenire grazie al decreto Salva-banche. Il ministero dell’Economia e Bankitalia dovranno seguire le indicazioni della Bce. La sorte di migliaia di risparmiatori è appesa a un filo, lo spettro del bail-in incombe sempre.
C’è, inoltre, un’altra scadenza importante che non si può fare a meno di citare. Mercoledì scade l’Offerta pubblica transattiva. Il nove gennaio scorso, infatti, i Cda delle due banche popolari avevano proposto ai soci raggirati una transazione benevola. In particolare Pop Vicenza ha promesso un indennizzo forfettario di 9 euro per azione, mentre Veneto Banca corrisponderà il 15% del valore dell’azione al momento dell’acquisto. Gli azionisti per ricevere questo “rimborsino” dovranno rinunciare ad ogni azione legale nei confronti delle banche. L’invito ai risparmiatori veneti non è affatto bonario. Infatti, se l’operazione di transazione con i soci non andasse in porto (cioè se non aderiranno almeno l’80% dei potenziali beneficiari), i soci probabilmente non vedranno neppure il 15% dato che il passo successivo sarà l’intervento dello stato nel capitale della nuova banca che nascerà dalla fusione. Secondo gli ultimi dati a disposizione, le adesioni sono al 56% del perimetro quote per Veneto Banca e al 53% per la BpVi, percentuali che salirebbero al 60% circa per entrambe le banche sulla base degli appuntamenti già fissati in filiale per i prossimi giorni.
Il management dei suddetti istituti di credito sta cercando convincere le autorità di vigilanza che, per determinare la solvibilità sono più importanti gli indici patrimoniali e, in primo luogo l’Lcr e la capacità di poter ripianare le perdite pregresse. Secondo i banchieri veneti, il risultato dell’Offerta pubblica transattiva, non è dirimente. Sembra come la storia della volpe e dell’uva. Al momento nessuno può prevedere l’esito di questo braccio di ferro, anche se la cabina di regia è a Francoforte, non certo a via Nazionale. Detto ciò, al momento le uniche certezze sono: la svalutazione degli asset della banca, e il danno a migliaia di famiglie e risparmiatori. Ricchezza reale che svanisce nella nuvola della finanza speculativa.
Salvatore Recupero