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Prima di Roma: le civiltà dei Sanniti e degli Irpini (seconda parte)

by La Redazione
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Qui la prima parte
Roma, 15 apr – Tito Livio rammenta esplicitamente gli Irpini tra i popoli che presero parte alla guerra di Pirro contro Roma. A seguito della sconfitta riportata, dovettero cedere ai Romani una fascia di territorio tra la Campania e l’Apulia, in cui furono installati dei Picenti. Ma questi si ribellarono e allora furono trasferiti nel 268 a.C. nella zona di confine tra Irpini, Alfaterni e Lucani, che fu perciò chiamato Ager Picentinum. Nello stesso 268 a.C. Maleventum divenne colonia latina con il nome di Beneventum. Durante la seconda guerra punica, Caudini e Irpini si allearono con Annibale, mentre le altre due tribù sannitiche (Pentri e Caraceni) si schierarono con i Romani. Nel 215 a.C. il Praetor Peregrinus Marco Valerio Levino riconquistò agli Irpini i villaggi di Vescellium e Sicilinum. Nel 214 i Romani ripresero il controllo dell’irpina Compsa. Nel 213 il pretore Quinto Fabio, fratello del Cunctator, espugnò Accua (presso l’attuale Accadia), colpevole di aver aiutato Annibale nel 217. Nel 211 gli abitanti della valle del Sabato, a sud di Beneventum, si arresero ai Romani. Nel 210 Marco Claudio Marcello si impadronì degli Oppida di Marmorea e Meles, dopo avere devastato il territorio irpino. L’anno successivo gli Irpini si arresero al console Quinto Fulvio Flacco, il conquistatore di Capua. Dopo di allora gli Irpini, come gli altri Sanniti ribelli, dovettero partecipare alla guerra punica a fianco di Roma.
Nel 180 a.C. un importante trasferimento di popolazione interessò il territorio irpino: 47.000 Liguri Apuani furono stanziati nell’Ager Taurasinus, dove formarono le comunità dei Ligures Baebiani et Corneliani. A tre chilometri dalla moderna Circello, in un un bosco, sono ancora visibili le rovine del centro dei Baebiani. Gli Irpini furono privati di territori a sud di Abellinum, come dimostra il ritrovamento di alcune pietre di confine dell’epoca dei Gracchi. Nel corso del II secolo a.C., molte migliaia di Irpini furono impegnate nelle fila dell’esercito romano in Grecia e in Asia Minore. Nello stesso tempo, come molti tra gli Italici sottomessi da Roma, approfittavano dell’espansione romana in Oriente per dedicarsi a lucrosi commerci in terre lontane.
Nel 90 a.C. gli Irpini furono tra i dodici popoli italici che presero le armi contro i Romani nella guerra sociale. In territorio irpino sono state trovate molte monete della confederazione italica. Nonostante la separazione anche territoriale degli Irpini dai loro connazionali Pentri durante 150 anni di intensa romanizzazione, l’identità nazionale restava tanto radicata nei Sanniti che questi due popoli non esitarono a ricongiungersi. Nel 90 a.C. il console L Giulio Cesare, dopo essere stato sconfitto dai Marsi ad Atina, fu nuovamente battuto da un gruppo di insorti irpini guidati da Mario Egnazio, che poi massacrarono la guarnigione romana di Venafrum. L’89 a.C., anno della caduta della picena Asculum e della svolta a favore dei Romani della guerra sociale, vide la morte del duce irpino Mario Egnazio e la sconfitta di Trebazio di Venusia ad opera del romano Gaio Cosconio. Nel frattempo Minato Magio, nobile filo-romano di Aeclanum, in opposizione ai suoi stessi concittadini, raccolse un esercito tra gli Irpini per combattere a fianco dei Romani. Minato Magio si ricongiunse con il console Didio e lo aiutò a espugnare Herculaneum. Morto Didio, le truppe di Magio si unirono a quelle di Silla nell’assedio di Pompei. Sempre nell’89 Silla penetrò in Irpinia, espugnò e saccheggiò Compsa e distrusse una cittadina, di cui si sono trovate le rovine a Chioccaglie di Flumeri, ma di cui si ignora il nome. Aeclanum fu assediata nello stesso anno 89. Appiano narra che avendo Silla circondato la città, gli Eclanesi avessero chiesto un’ora di tempo per decidere se arrendersi. Ma Silla capì che cercavano solo di guadagnare tempo in attesa degli alleati lucani e perciò mise intorno alla palizzata che circondava la città molte fascine di legna, in modo tale da costringere gli abitanti a cedere. Poiché la resa non era stata spontanea, Silla fece saccheggiare la città. Terminò così la resistenza degli Irpini, che ebbero la cittadinanza romana e furono assegnati alla tribù Galeria, mentre Aeclanum, sebben sconfitta, grazie al contributo dato dal suo illustre cittadino Minato Magio alla vittoria romana, fu premiata con l’assegnazione alla tribù Cornelia e fu dotata di mura e torri di avvistamento.
Nel corso della guerra civile dell’82 a.C. ci furono molti cambiamenti di fronte, rispetto ai tempi della guerra sociale. Molti Irpini si opposero a Silla, tra cui anche la famiglia dei Magi. Dopo la vittoria di Porta Collina, Silla procedette perciò a molte requisizioni di fondi rustici per i suoi veterani in Irpinia. Cicerone riporta che un tale Servilio Rullo, seguace di Silla, ottenne vastissimi possedimenti in Irpinia. Suo suocero Quinctius Valgus fu patrono del Municipium di Aeclanum. Da allora in poi gli Irpini cessarono di costituire un’etnia a sé stante. Si mescolarono ai coloni romani e latini e ne assunsero la lingua, il diritto e i costumi. In età imperiale un importante scrittore latino di origine irpina fu Velleio Patercolo, imparentato con la famiglia dei Magi, che nella sua opera storica dimostrò simpatia per il punto di vista federativo dei Sanniti nella guerra sociale. Ma Orazio stesso proveniva da Venosa, che prima di essere colonia latina era stata una città irpina. Molto probabilmente, come si può dedurre dal nome, ebbe origine irpina o comunque sannita il celebre prefetto della Giudea, Ponzio Pilato, di cui parlano i Vangeli.
Nel I sec. a.C. ci fu una notevole urbanizzazione dell’Irpinia, in cui fiorirono i Municipia di Abellinum, Aeclanum, Aquilonia, nonché un municipio sconosciuto vicino all’odierna Frigento e il centro amministrativo dei Ligures Baebiani vicino all’odierna Circello. Pare che l’agro di Aeclanum fosse stato risparmiato dalle spoliazioni del 41-40 a.C.: se gran parte del territorio finì nel patrimonio di Augusto, ciò fu tramite la moglie Livia, la cui famiglia aveva vasti possedimenti nella zona. In età augustea, l’Irpinia fu assegnata alla II Regio Apulia.
Intorno al 120 d.C. Traiano stanziò nella zona veterani delle campagne di Dacia e Armenia. Traiano rese percorribile dai carri l’antica via che da Beneventum raggiungeva Aequum Tuticum, Aecae (l’odierna Troja), Canusia e Brindisi, e che da lui fu detta Via Traiana. Sotto l’Impero Aeclanum si abbellì di notevoli monumenti: strade, terme, un acquedotto, portici, statue. Sotto Diocleziano, parte dell’Irpinia fu assegnata alla regione Campania, ma Compsa ed Aeclanum restarono con la Apulia. Nel IV sec. d.C. l’Irpinia iniziò il suo declino, fino al terremoto del 369 di cui parla Quinto Aurelio Simmaco. Dopo le devastazioni di Goti, Bizantini e Longobardi, Aeclanum fu definitivamente abbandonata nel 662.
Carlo Altoviti

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