Padova, 29 giu – Il gruppo Quantum Future dell’Università di Padova, coordinato dal Prof. Villoresi e in collaborazione con Giuseppe Bianco, direttore del Centro di Geodesia Spaziale di Matera, dell’Asi (Agenzia Spaziale Italiana), e dalla Dott.ssa Vincenza Luceri di e-GEOS, sempre a Matera, sono riusciti a ricreare una sorgente quantistica nello spazio.
Gli stati quantistici della materia rappresentano il livello più elementare di conoscenza che abbiamo del mondo che ci circonda. Questi si prestano a sostituire i bit classici nell’ambito dell’Informazione Quantistica, nella forma di quantum-bit, o qubit. Trasferire stati quantici senza che degradino il contenuto di informazione è l’essenza della comunicazione quantistica.
Con questa si possono mettere in pratica i protocolli dell’Informazione Quantistica, come il calcolo e lo scambio sicuro delle informazioni e creare correlazioni tra due osservatori che servono a investigare le connessioni tra la nostra descrizione del mondo microscopico, operata dalla Meccanica Quantistica, e quello macroscopico, operata dalla Relatività.
Tra le principali applicazioni della comunicazione quantistica, una è di particolare interesse: infatti, la possibilità di scambiare informazioni in modo sicuro è una richiesta sempre crescente della società, soprattutto a seguito dei massicci attacchi alla privacy rivelati negli ultimi anni. Tuttavia i metodi utilizzati finora basano la loro sicurezza su complessi algoritmi matematici. L’unica tecnica per scambiare a distanza una chiave crittografica sicura e privata è la crittografia quantistica: lo scambio di singoli fotoni permette la creazione di una chiave crittografica basata sulle leggi della meccanica quantistica e non più su approssimazioni matematiche. Per realizzare questa tecnica è necessario dimostrare che lungo il canale di trasmissione è possibile effettuare correttamente la comunicazione quantistica. Questo è stato l’obiettivo del lavoro di ricerca, per la priva volta lungo un canale tra lo Spazio e la Terra.
Infatti, dispositivi commerciali che sfruttano queste proprietà sono disponibili per collegamenti limitati (fino ai 200 km) e basati su link in fibra ottica. Tuttavia, l’atmosfera è un buon mezzo di trasmissione per i fotoni, ma nessun esperimento aveva finora dimostrato la fattibilità per distanze superiori ai 150 km.
Non essendo tuttavia ancora presente in orbita un satellite equipaggiato con un trasmettitore o ricevitore quantistico, i gruppi di Padova e Matera sono riusciti a ricreare una sorgente quantistica nello spazio, ottenendo anche una prestigiosa pubblicazione su Physical Review Letters che uscirà questo mese (intanto i curiosi possono leggersi il preview su ArXiv).
Nell’esperimento sono stati utilizzati alcuni dei satelliti dedicati allo studio della geodesia terrestre, i quali, dotati di particolari retro-riflettori (corner cube), hanno permesso la simulazione di un trasmettitore quantistico in orbita e quindi la verifica sperimentale di alcuni principi base della meccanica quantistica, come il mantenimento dello stato di un fotone attraverso un canale spaziale di circa 1700 km.
Villoresi, in una dichiarazione rilasciata a New Scientist, paragona il successo ottenuto a quello dello Sputnik, il primo satellite – sovietico – lanciato nel 1957: “I commenti a quel tempo erano del tipo ‘Bello, il satellite può inviare qualche bip. Totalmente inutile’. Ebbene, oggi siamo più o meno allo stesso livello con la trasmissione quantistica, ma già a questo stadio anche un canale dati molto limitato potrebbe essere utilizzato per inviare comandi sicuri [non decifrabili] a una navicella spaziale”.
Oltre al raggiungimento di un nuovo record, questo risultato afferma come le comunicazioni quantistiche satellitari siano possibili e attualizzabili, il che ne rinforza l’interesse strategico sia nazionale che internazionale.
Francesco Meneguzzo