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Quando gli italiani pesano le particelle. Un nuovo esperimento scuote la fisica del bosone

by Sergio Filacchioni
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Bosone W

Roma, 8 apr – Che cosa significa pesare una particella? Ma soprattutto quale “bilancia” può farlo? E se il risultato non fosse quello che ci eravamo aspettati? Sono più o meno queste le domande che devono essersi fatti i fisici negli ultimi anni, tutt’altro che sciocche. Punti interrogativi che di solito una volta svelati aprono la pista ad altri innumerevoli quesiti. Ma cerchiamo di vederci chiaro, soprattutto per noi che siamo “non addetti” ai lavori e non abbiamo confidenza con il bosone o con l’acceleratore di particelle.

Per pesare serve una spinta

Ormai sappiamo, grazie al conferimento del Premio Nobel per la sua scoperta, l’importanza che ha avuto l’individuazione della cosiddetta “particella di Dio”, il famoso bosone di Higgs. Da quando è stato rintracciato tra le trame della materia la ricerca scientifica procede con innumerevoli esperimenti per cercare di svelare altri segreti finora ignoti di queste particelle elementari. L’ultimo e clamoroso riguarda il bosone W (se non altro i nomi sono brevi e concisi). Attraverso gli acceleratori di particelle i laboratori sono stati in grado di pesare il bosone, ma la misura registrata confligge col Modello Standard (SM) della fisica. Cantonata pazzesca? Vediamo cos’hanno riscontrato: il bosone W ha una massa molto superiore a quella prevista. La misura è stata ottenuta nel Fermi National Accelerator Laboratory (Fermilab) di Batavia – Chicago – con l’esperimento Collider Detector, di cui l’Italia con il coordinamento dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) è tra i fondatori con Stati Uniti e Giappone.

L’Italia ha un peso

Una notizia che ha scosso il mondo della fisica. Se confermati, i risultati del Collider Detector del Fermilab (CDF) potrebbero evidenziare le aree in cui il Modello Standard deve essere migliorato o ampliato, o persino fornire un primo indizio per esplorare altri modelli della fisica delle particelle e andare oltre le conoscenze che abbiamo. L’esistenza del bosone W fu prevista negli anni ’60 e confermata per la prima volta all’inizio degli anni ’80, per la precisione nel 1983 da Carlo Rubbia. È la particella responsabile della “forza nucleare debole”, che è una delle forze fondamentali della fisica: la terza che insieme a quella forte e quella elettromagnetica costituiscono le interazioni fondamentali.

Per questo motivo, la massa del bosone W è un parametro all’interno del quadro teorico dell’SM, vincolato da altri parametri osservabili, come la carica dell’elettrone e le masse di altre particelle. Pertanto, una misurazione accurata della massa del bosone W può fornire una valutazione rigorosa della coerenza delle previsioni del Modello Standard. Il risultato, al quale la rivista Science dedica la copertina, potrebbe essere il passo verso una nuova fisica. 

Il Bosone W non è una particella qualsiasi

Il bosone W è inoltre responsabile dei processi di decadimento nucleare che alimentano il Sole. Per questo motivo la sua massa è una delle colonne su cui si fonda il Modello Standard. Per questo motivo una misura che si discosta da quella prevista dalla teoria, se confermata, potrebbe mettere in discussione la coerenza delle previsioni fatte dal Modello Standard.  “Se venisse confermata, la discrepanza fra la misura che abbiamo ottenuto e quella prevista dal Modello Standard sarebbe molto importante”, dice all’Ansa il fisico Giorgio Chiarelli, della sezione dell’Infn di Pisa e portavoce dell’esperimento Cdf con Dave Toback, della Texas A&M University. “Il Modello Standard – prosegue – descrive la materia di cui siamo fatti, ma sappiamo da tempo che non può essere la teoria finale. Qua e là sono state osservate piccole discrepanze, non significative come quella che ha osservato il nostro gruppo.

Se il nostro risultato venisse confermato, darebbe la direzione verso cui guardare”. Si tratta adesso di verificare il dato ripetendo l’esperimento, e questo sarà possibile al Cern. “La risposta richiederà anni”, osserva. “Ad oggi, questa è la nostra misura più solida, e la discrepanza tra il valore atteso e quello misurato permane”, dice ancora Chiarelli. È una misura “precisa allo 0,01%, difficile da riprodurre. È una sfida”. Un risultato che “premia uno sforzo decennale di un esperimento al quale gli italiani, con il supporto costante dell’Infn, hanno contribuito in maniera decisiva, sin dagli esordi, oltre 40 anni fa”, commenta Giorgio Bellettini, dell’Infn, professore emerito dell’Università di Pisa, tra i fondatori della collaborazione Cdf e primo responsabile non statunitense dell’esperimento.

Quanto pesa questa discrepanza?

Ecco i numeri: l’esperimento Cdf, osservando il comportamento di oltre 4 milioni di candidati bosoni W, quattro volte di più rispetto a quelli osservati nell’esperimento precedente (risalente al 2012) ha fornito una misura per la massa del bosone W pari a 80,4335 gigaelettronvolt. La precisione, a quanto riportano gli autori del lavoro, è molto alta, l’equivalente di un errore di 10 grammi sulla misura del peso corporeo di una persona. Il valore teorico, quello previsto invece dal Modello Standard, è di 80,379 gigaelettronvolt: la differenza ha una significatività statistica superiore alle 5 sigma, la cosiddetta “soglia di attendibilità” per le misure di questo tipo, il che corrisponde a una probabilità di 1 su 3 milioni e mezzo circa che un risultato simile sia semplicemente frutto del caso. Nello specifico, in questo caso la differenza è di circa 7 sigma, il che corrisponde addirittura a una probabilità di “errore” di 1 su 780 miliardi. “Come ricordava il sociologo Robert Merton — continua Chiarelli — uno dei pilastri della scienza è lo scetticismo organizzato. Ora mi aspetto una certa eccitazione, ma anche uno scetticismo organizzato. Siamo consapevoli che non esiste la verità assoluta della scienza. La verità è solo della natura”.

Una lezione poco accademica

Insomma, quando modelli standard e mondo mainstream cercano di relegare la realtà e la scienza su una tavola fissa basata sulle opinioni del pensiero unico, la vera ricerca (eretica per definizione) arriva puntualmente a sbattere i tacchi nella stanza. Non sappiamo cosa ci rivela una discrepanza tra dati attesi e dati reali su elemento così elementare ed “invisibile”, ma possiamo trarre da ciò una lezione significativa: nelle faglie dell’ordine costituito della realtà può celarsi sempre un nuovo principio della natura all’opera. Non ci resta che diffidare di ciò che siamo abituati a credere e ricordarsi di scegliere l’incerto invece del certo. Solo seguendo la scia di briciole possiamo andare avanti.

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1 commento

fabio crociato 8 Aprile 2022 - 7:08

Articolo chiaro che segue la logica dei tempi migliori. Briciola… concreta.

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