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Ma quale rivoluzione: ‘1993’ è di una banalità sconcertante

by Nicola Mattei
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1993 serie tvRoma, 7 giu – Se la seconda repubblica non si avvicina neanche per idea ai picchi, siano essi in positivo o in negativo, della prima, poteva forse la serie che racconta il tribolato passaggio di epoca politica essere nient’altro che una scialba riproposizione di quel periodo storico? Ovviamente non poteva, e così 1993 – non che il prequel, 1992, fosse meglio – diventa una macchietta, incapace di raccontare compiutamente quella serie di eventi che fecero non da corollario ma da architrave di Tangentopoli e di tutto ciò che ne è conseguito.

Se uno sceneggiatore scrivesse sulla storia di Giulio Cesare saltando a piè pari vuoi la conquista della Gallia, vuoi il passaggio del Rubicone, il copione verrebbe immediatamente cestinato e l’autore sbertucciato a suon di pernacchie. Eppure, in 1993 succede proprio questo. Sarà che a Sky – che produce la serie – non leggono molto bene, oppure leggono ma non conoscono la storia, dato che era lecito aspettarsi un po’ di coraggio in più. In 1992, ad esempio, la vicenda del Britannia non fu nemmeno sfiorata. È vero che si tratta di una vicenda anteriore all’anno oggetto dello sceneggiato, ma trattandosi di un passaggio cruciale e vista la ‘dimenticanza’ poteva benissimo trovare posto, anche se ricorrendo magari a dei flashback. Nulla, neanche un accenno. Eppure il 1993 fu un anno fondamentale per quel percorso di privatizzazioni che prese il via proprio dalla riunione del gotha finanziario italiano sul panfilo di sua maestà che portò allo smantellamento dell’Iri e alle successive difficoltà, ancora oggi irrisolte, della nostra economia. Niente da fare, nemmeno per le svendite di Stato che all’epoca procedevano a spron battuto e pure con qualche dubbio sulla loro reale efficacia, oltre che sulla liceità di moltissime operazioni.

Sarà che al timone del processo di privatizzazioni c’era quel Romano Prodi che nessuno si sogna mai di mettere alla berlina. Più comodo invece farlo con Berlusconi, la genesi del cui partito – Forza Italia, ca va sans dire – viene ripercorsa nei dettagli, non senza un briciolo di malizia. Ma se era per questo non c’era bisogno di una produzione Sky o di attori del calibro di Stefano Accorsi, bastava un banale Nanni Moretti qualsiasi recuperato dal fondo dell’armadio. Ma soprattutto, sapete che in 1993 troviamo perfino Antonio Di Pietro che…parla in italiano?

Nicola Mattei

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1 commento

Alberto 8 Giugno 2017 - 12:15

Detto alla spezzina, Mani Pulite fu una bella favata…

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