Roma, 9 dic – La sinistra che da sempre sputa e se va bene disprezza velatamente la Grande Guerra, se ne ricorda quando più è utile. In questo caso, per sopprimere il diritto a manifestare di chi, oggi, è andato al Sacrario di Redipuglia a protestare contro il green pass.
Sinistra e criminalizzazione della Grande Guerra
La sinistra vive e si nutre della criminalizzazione della Grande Guerra. Nella migliore delle ipotesi si nutre della depressione di quell’evento, ricalcato nella sua tragicità e non nei suoi aspetti più elevati, come il sacrificio per la Patria e il completamento del processo risorgimentale. Stranamente la depressione per la guerra, per i morti e per il sangue non riguarda allo stesso modo il biennio 1943 – 1945, dove di morti ce ne furono tanti, anche grazie ai bombardamenti alleati. Lì va tutto bene, il sangue è lecito e l’evento è da ricordare.
Ma come per magia, il sangue “torna lecito” e addirittura “sacro” quando si tratta di andare contro a chi protesta contro l’apartheid del green pass. Essì, perché Debora Serracchiani ha criticato con forza la manifestazione al Sacrario, dandoci pure giù pesante: “È la mancanza di rispetto per chi è caduto, è l’oltraggio a un simbolo sacro, che ci lascia sbigottiti e impone la condanna verso chi ha avuto la malsana idea di fare una manifestazione in un sacrario della Nazione”.
E la miseria, onorevole Serracchiani. Addirittura riscopre in una sola frase la sacralità, rispetto per i caduti e addirittura la parola “Nazione”! Concetti che nella sua vita non esistono nemmeno per sbaglio. Ma che per comprimere una libertà espressa vanno benissimo. Possiamo dirlo? Che pena.
Cara Debora Serracchiani, ma a lei è mai fregato qualcosa?
A parte chiedere liste alla presidenza della Repubblica, o la “scomoda” circostanza di trovarsi in una terra di confine che l’ha praticamente obbligata a trattare l’argomento qualche volta (come nel caso di Gorizia), lei, cara Serracchiani, cosa ha fatto? Nulla, si è sempre accodata alla cultura del piagnisteo sulla Grande Guerra, visto come evento solo nella sua tragicità e non anche nel suo risultato storico fondamentale, ovvero aver completato la nostra Patria. Si è sempre messa sullo stesso piano del suo partito e di tutta la cultura che esso rappresenta, con l’oblio, la stigmatizzazione di quell’evento, quei “tempi terribili che non vogliamo rivivere”. Vanno benissimo invece i “tempi terribili” che hanno fatto perdere l’indipendenza al popolo italiano, quelli del biennio 1943 – 1945, e non quelli “terribili” che hanno completato il processo risorgimentale, riconsegnando alla madrepatria Trieste, Trento, e l’Istria. Lo ripetiamo? Massì: che pena!
Stelio Fergola