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Rogue One: così Star Wars ritorna all’eroismo, al sacrificio e alla “Forza”

by Carlomanno Adinolfi
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Rogue OneRoma, 26 dic – Questa volta il famoso “tremito nella Forza” si è avvertito. Non succedeva dal 1983, da quando Il Ritorno dello Jedi chiuse una trilogia destinata a diventare icona di intere generazioni di fan, che prima con la “trilogia prequel” e poi con la grottesca brutta copia conosciuta come Episodio VII hanno atteso invano per ben 33 anni che le atmosfere e la passione della prima – e finora unica, possiamo dirlo – trilogia targata George Lucas si potessero ripetere. Dopo la delusione cocente de “Il Risveglio della Forza”, che avrebbe dovuto introdurre la nuova trilogia cinematografica, in pochi si aspettavano qualcosa dallo spin-off antologicoRogue One”, storia che avrebbe dovuto raccontare dell’impresa dei filibustieri ribelli che rubarono i piani della Morte Nera, ovvero proprio l’antefatto che diede il via al primo Star Wars, poi rinominato “Episodio IV: Una Nuova Speranza” una volta rimesso mano alla cronologia. E invece con molto stupore e soprattutto entusiasmo, i fan che hanno visto il film hanno potuto finalmente rivivere le stesse emozioni della vecchia saga.

Certo, i ribelli sono sempre quello che sono, l’elemento multi-etnico è ancor più marcato di quanto non lo fosse quaranta anni fa, ci sono anche elementi che sottintendono – e giustificano – azioni al limite del terrorismo che rimandano tanto alla lotta partigiana quanto alla storia dei “ribelli moderati” di siriana memoria. Ma ovviamente non è questo il punto principale dato che si ritiene ancora implicito e cardinale il fatto che chi guardi Star Wars e non parteggi a prescindere per l’Impero di certo non può essere una brava persona. Eppure ci sono anche elementi positivi che non possono che far piacere: scene di eroismo estremo e di abnegazione fino all’estremo sacrificio, disprezzo per chiunque non abbia una causa, a prescindere da quale essa sia, perché comunque non si può vivere “rifiutandosi di guardare in alto”, ma soprattutto il primato dell’azione sulla burocrazia, in una fantastica scena in cui un piccolo drappello d’avanguardia, di nascosto e senza permesso, gettandosi pronto alla morte sul nemico fa sì che tutti i soldati lo seguano mentre i “politici” ancora seduti intorno ad un tavolo vengono automaticamente scavalcati nella gerarchia, potendo solo assistere alla mobilitazione militare mentre essi stessi ancora non si sono messi d’accordo su cosa decidere. E poi la dimensione finalmente marziale e quasi zen dei personaggi legati alla Forza e alla mitologia Jedi come il monaco cieco Chirrut Îmwe e il suo “guardiano” armato Baze Malbus, custodi dell’ormai ultimo tempio Jedi, situato nel pianeta Eadu.

Infine le atmosfere galattiche e planetarie che nulla hanno a che vedere con quelle “finte” dei quattro episodi precedenti ma che invece ricordano in tutto e per tutto i primi tre, la bellissima battaglia tra incrociatori, Star Destroyer, Caccia X-Wing e Caccia Tie Fighter imperiali che sembra improvvisamente uscita dal primissimo Star Wars, senza voler essere altro, come negli episodi I-III, né senza voler essere una brutta copia, come in episodio VII, ma riuscendo anzi ad aggiungere un tono più drammatico ed epico raggiungendo un grandissimo risultato. Anche gli omaggi, i cameo e soprattutto i collegamenti a Episodio IV sono totalmente indovinati. Il Gran Moff Tarkin, villain principale del primo Star Wars quasi al pari di Darth Vader e comandante della Morte Nera, viene totalmente ricostruito in computer grafica. L’attore che nel 1977 lo interpretò, Peter Cushing, era morto nel 1994 ma le moderne tecnologie hanno permesso di “riportarlo in vita” facendolo apparire quasi in carne ed ossa in mezzo ad attori normali senza bisogno di fare un fastidioso recasting. E anche l’inserimento di un altro personaggio “storico” in computer grafica – non diciamo ovviamente chi – risulta una graditissima sorpresa. La base ribelle di Yavin sembra uscita integralmente dal set del primo film, così come la sala del consiglio e la modalità stessa con cui si tiene il consiglio. E poi lui, il motivo principale per cui la saga ebbe tutto il successo che ha avuto: Darth Vader. Torna in tutto il suo splendore e in tutta la sua potenza nel Lato Oscuro in due brevissime ma molto incisive apparizioni che fanno finalmente rivivere il tanto amato lord dei Sith. Unica pecca l’aver voluto riconfermare il suo doppiatore italiano, Massimo Foschi, che ai tempi della trilogia originale aveva poco più di quaranta anni ma ora, quasi ottantenne, dà purtroppo un tono un po’ troppo “anziano” all’oscuro cavaliere dell’Imperatore (da vedere se l’effetto dello storico doppiatore originale, James Earl Jones, sia lo stesso oppure no). Ma è una pecca di poco conto se confrontata all’ottimo risultato del “ritorno” di Lord Vader, tanto atteso ma altrettanto temuto dai fan.

Alla fine del film, che si ricollega alla perfezione con la scena iniziale di Episodio IV, vien quasi voglia di rivedere subito la trilogia originale. Un effetto che nessuno dei “nuovi film” fatti finora aveva raggiunto. Peccato che ad essere così riuscito sia uno degli spin-off antologici e non uno dei film della trilogia nuova. L’unica speranza – una nuova speranza? – è che con questo film i produttori e gli sceneggiatori abbiano dato segnale di aver finalmente capito come si fa un film di Guerre Stellari e di voler correggere il tiro dopo l’epic fail di Episodio VII. E che non sia invece solo un episodio isolato destinato solamente, forse, ai prossimi spin-off. Non ci resta che confidare nella Forza. Nel Lato Oscuro, ovviamente.

Carlomanno Adinolfi

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