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Shinzō wo Sasageyo: Attack on Titan e quell’invito a “offrire i cuori”

by La Redazione
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Attack on Titan

Roma, 27 mag – Non è certo un epoca di eroi e grandi storie quella in cui viviamo. Ormai l’epica, il valore e lo spirito  d’avventura sono cose disprezzate e di cui si ha quasi paura a parlare nell’attuale società europea. Riuscire a trovare dei racconti che siano in grado di farci vivere un esperienza “epica” è davvero molto difficile. In un quadro come questo, Attack on Titan rappresenta un prodotto di culto che va apprezzato. Una boccata d’aria fresca che è prodotto del filone dei war anime giapponesi: tra questi un altro prodotto iconico è certamente Mobile Suite: Gundam.

Attack on Titan: la necessità di una grande storia

Questo è un mondo crudele, eppure è così bello” è una delle frasi simbolo della famosissimo anime L’Attacco dei Giganti. Una storia insolita per gli standard valoriali della nostra epoca e della maggioranza delle produzioni mediatiche a cui assistiamo. Una storia in cui si parla di guerra, eroismo, coraggio e sacrificio nella lotta contro un nemico implacabile. Ma da lì le riflessioni si evolvono gradualmente arrivando a toccare vari sentieri della mappa delle nostre esistenze. Non si può rimanere indifferenti di fronte alla portata di un contenuto così potente come quello offerto da Attack on Titan. Per quanto l’opera di Hajime Isayama dia ampia possibilità d’interpetazione e dibattito su molti temi (e su questo all’autore va dato merito), è indubbio che non ci sono molte produzioni attualmente in circolazione che hanno il coraggio di affrontare le tematiche toccate da AoT.

Questo è un mondo crudele

La storia narra di un mondo distopico in cui l’umanità vive rinchiusa all’interno di mura gigantesche che la proteggono da dei pericolosissimi giganti mangia uomini. Nel corso delle prime stagioni verranno seguite le gesta dei soldati del Corpo di Ricerca, un unità militare addetta a combattere i pericolosi giganti che infestano il mondo. Il Corpo di Ricerca è una delle tre unità militari delle forze armate dell’umanità, è quella che sostiene il maggior numero di perdite ma è anche quella formata dai soldati più coraggiosi che si lanciano in pericolosissime missioni fuori dalle mura per sconfiggere i giganti. Le altre due unità sono il Corpo di Gendarmeria, l’odiatissima unità di polizia militare, e il Corpo di Guarnigione, i soldati addetti alla difesa delle mura. In soldoni, è la storia di un manipolo di soldati a difesa di un muro. Stretti a metà tra un sistema politico corrotto da un lato e con l’orrore della violenza dei giganti dall’altro, i soldati del Corpo di Ricerca dovranno farsi largo in una serie di battaglie spettacolari.

A difesa del muro

Come dicevamo, la storia parte da un gruppo di soldati che devono difendere un muro. Un muro che è un confine, un limite, un limes. Qualcosa che separa le persone che ci vivono dietro da un nemico esterno. Ma è anche una linea di confine da superare per cercare un esistenza piena di avventure. Da questo incipit la storia prenderà numerose sfumature e percorsi, toccando numerosi temi: lo spirito d’avventura, l’amicizia, la famiglia, la necessità di essere speciali, il tradimento, l’odio e la rabbia. Trame politiche e fantasy si intrecciano con il vissuto personale dei soldati che combattono battaglia dopo battaglia. Via via la trama diventerà sempre più intricata tra colpi di scena, rivelazioni e tradimenti. Senza fare spoiler, questa è una serie di cui si consiglia caldamente la visione e che merita di essere assolutamente vista. Ma c’è un momento apicale del racconto che merita un focus. Probabilmente è uno dei punti più alti di quest’epopea lunga 4 stagioni che è giunta al termine qualche anno fa: la carica del comandante Erwin durante la battaglia di Shiganshima.

Shinzō wo Sasageyo

Shinzō wo Sasageyo. Tradotto: offrite i vostri cuori. Questo è il motto dei soldati del corpo di ricerca. Un motto che invita i soldati all’estremo sacrificio, al compiere l’atto di coraggio supremo per un bene superiore. Un motto che è un invito a dare il proprio corpo, il proprio spirito e il proprio cuore nel nome della causa. Un urlo di battaglia che serve a ricordare che bisogna continuare a combattere, anche di fronte al rischio di andare in contro a una morte atroce.  Anche di fronte ai propri compagni orribilmente massacrati (e i caduti tra gli scout saranno parecchi) bisogna continuare ad andare avanti. Perché la parola chiave che muove i protagonisti è Tatakae:  combattere , avanzare e lottare. Continuare a combattere contro tutte le difficoltà di questo mondo anche superando i momenti di difficoltà che ci rendono umani. Quell’invito a “offrire i propri cuori” non è solo un grido di battaglia, ma è un grido a resistere alle difficoltà di tutti i giorni. Ed è con questo spirito che il Comandante Erwin lancerà i propri soldati alla carica nella battaglia per il distretto di Shiganshima.

La carica del comandane Erwin

Rimasto circondato dal nemico e con solamente un manipolo di reclute ai propri ordini, il comandante Erwin ordina una disperata carica frontale per permettere agli alleati di tendere un imboscata alle forze nemiche. Un gesto estremo, disperato, che condurrà senza dubbio alla propria morte e a quella dei propri sottoposti. Erwin lo sa, ma si lancia lo stesso alla carica del nemico ponendosi alla testa delle proprie truppe. Ma è un gesto necessario per un bene superiore. Il peso della morte dei propri soldati schiaccia l’ufficiale, ma sa che deve fare questo sacrificio per poter permettere alle proprie forze di trionfare. Un misto di adrenalina e terrore è dipinto sugli occhi di chi si sta lanciando in questa carica folle mentre viene falciato in massa dal nemico. Il discorso finale del comandante Erwin ai propri soldati prima della carica è un discorso memorabile con cui incita i propri soldati a dare valore alla morte dei propri compagni continuando a combattere, perchè solo così ci si può opporre a un mondo crudele e ingiusto. Con la loro morte, i soldati faranno in modo che altri seguendo il loro esempio faranno lo stesso. Un discorso memorabile che si chiude con quel mitico “My soldiers push forward! My soldiers scream out! My soldiers rage!” che pare più un invito esplicito a farsi coraggio quando ci si lancia contro la morte che un invito a una battaglia gloriosa. Un urlo di coraggio, rabbia e disperazione lanciato da chi non vuole arrendersi ed è pronto a tutto, anche alla morte, per raggiungere il bene superiore. Un inno alla vita e alla morte nel nome di quel ciclo eterno di creazione e distruzione che fa parte del genere umano.

La morte e il ciclo della violenza

La carica di Erwin vede parecchi parallelismi con quella di Re Theoden nella Battaglia dei Campi del Pelennor. Il tema della morte è centrale in entrambi i momenti. In AoT la morte è affrontata con estrema serietà: il dolore è parte integrante della storia e della vita umana. Non può essere evitata e nemmeno disprezzata. Non viene glorificata e nemmeno evitata, ma è parte di ciò che è la vita. La morte non è solo un evento drammatico o glorioso, è un vuoto nel quale si va a insinuare ciò che è nuovo. Che siano nuove domande, nuove visioni del mondo o nuovi personaggi. Ma è dalla morte e dalla convivenza con il dolore che il percorso della vita umana prosegue secondo un ciclo eterno distruzione-creazione. Ed è in questo ciclo che la geniale mente di Isayama riesce a porre lo spettatore costantemente sotto il quesito sul senso della vita. Perchè se alla morte non bisogna per forza cercare di dare un senso, quanto piuttosto va accettata come parte del ciclo, è al contrario alla vita che bisogna cercare di dare una spiegazione. Nello scontro tra una visione macchiavellistica dei rapporti di forze e una visione più nietszcheana sulla necessità di dare un senso alla propria esistenza, i personaggi di AoT si confrontano con tematiche come lo spirito d’avventura, la voglia di di esplorare il mondo e di affrontare i pericoli che si celano attorno a noi. Si tratta di un’opera imperdibile per chiunque sia alla ricerca di una grande storia.

Alessio Melita

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