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I 5 cartoni giapponesi “politicamente scorretti” con cui siamo cresciuti

by Ilaria Paoletti
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Non è una vergogna dire che le nostre generazioni sono state (in una certa misura) cresciute dalla televisione: Piero Angela, Bim Bum Bam e via dicendo erano parte integrante dell’offerta “formativa” proposta dalla tv per i “ragazzi”. Cultura e divertimento. Ma se da un contenitore come “Quark” era lecito aspettarsi il nutrimento per le nostre giovani menti, meno prevedibile – alla luce delle evoluzioni odierne – è ritenere che anche le serie animate abbiano avuto un ruolo “educativo”.
Molto spesso erano opera di disegnatori e autori giapponesi e, oggigiorno, i valori morali e etici riportati da questi cartoni animati sarebbero ritenuti reazionari, maschilisti quando non violenti ai limiti del pulp.
La top five odierna enumererà i cinque cartoni animati nipponici che adesso “scandalizzerebbero” i bambini.

5) Lupin III – Auto veloci, travestimenti, fughe dalla polizia, furti con destrezza, Margot/Fujiko perennemente ai limiti della nudità pornografica. Per amici e sodali? Una sorta di samurai e un personaggio da “poliziottesco” all’italiana, Goemon e Jigen.
Arsenio Lupin, interpretazione “tarantinesca” del mangaka Monkey Punch del protagonista dei romanzi di Leblanc, è un ladro e, come tale, non dovrebbe essere un “eroe” per bimbi in tenera età. Ma lo diventa, innegabilmente: e il povero Zenigata, la faccia della legge, è ridotto ad un povero zimbello per tutte le stagioni dello shonen. Perchè sfrecciare a bordo di una  Mercedes-Benz SSK del 1928 – o, perchè no, di una italianissima 500 Fiat –  davanti al naso della polizia dopo l’ennesimo colpo andato a segno (magari in compagnia di una donnina discinta) è molto più affascinante del far rispettare le regole.

4) L’uomo Tigre – Partiamo da un presupposto, con una leggera digressione: le sigle dei cartoni animati, dagli anni 70 in poi, erano migliori di molta produzione musicale da “classifica” odierna. E la sigla italiana dell’anime Taigā Masuku (Tiger Mask) ad opera dei Cavalieri del Re ne è probabilmente il miglior esempio. Il protagonista Naoto Dane è un orfano all’inizio del cartoon: decide, dopo aver visto le tigri in gabbia dello zoo, di assumerne “l’aspetto” e assoldato dalla “mala” giapponese, diventa un combattente di una sorta di “wrestling”, probabilmente il più forte. Quando però tornerà a visitare gli orfani del posto in cui era cresciuto, decide di abbandonare il crimine e donare i proventi della sua attività ai bambini senza speranza. Ma, come è noto, gli ex compari della Tana delle Tigri non la mandano giù: tutta la serie altro non è che un susseguirsi di scontri all’ultimo sangue con i lottatori nemici incaricati di ucciderlo sul ring. Violenza grafica, crimine, rischio di morte: l’ideale per crescere una generazione di piccoli guerrieri, no?

3) Ken il Guerriero “Mad Max”? Roba da principianti. La civiltà è collassata, il pianeta è diventato un posto inospitale e pericoloso: bande di predoni minacciano le comunità dei sopravvissuti. Kenshiro, coi suoi capelli alla Sid Vicious e il fisico di Hulk Hogan, è il 64esimo discendente della “Divina Scuola di Hokuto” ed è quindi una macchina assassina delle arti marziali. Inizialmente, appare che  vi sia uno scopo romantico nel suo girovagare in questo ambiente alla John Carpenter: sta infatti cercando la sua fidanzata perduta. Ma quando i “deboli” gli chiederanno aiuto per essere difesi dai criminali che infestano la Terra (in tutto e per tutti simili agli warrior delle serate gabber)  non si tirerà indietro.
Violento ai limiti dell’horror, numerosi i momenti splatter. Eppure ci siamo ritrovati a tifare per un guerriero invasato da una luce divina che faceva esplodere la gente.

2) Galaxy Express 999 – Felicità, fiducia nel futuro, ottimismo: in Galaxy Express 999 non c’è niente di tutto questo. Molto probabilmente, come per tutti i cartoon importanti dalla nazione del Sol Levante agli esordi della tv privata italiana, anche questo non era concepito per i bambini. Eppure, “ce lo hanno” fatto vedere. La storia è semplice anche se assurda: è il 2021, la rete ferroviaria non corre più solo sulla terraferma ma anche nello spazio. Il piccolo Masai e la madre cercano di raggiungere la città di Megalopolis, dove i “ricchi” possono permettersi di vivere fino a duemila anni grazie ad un corpo meccanico. Quello che Masai non sa, però, è che questi esseri crudeli metà uomo metà robot amano andare a caccia di poveri umani: ed è così che finisce orfano, la madre viene uccisa in quanto preda. E già le premesse potrebbero permeare di incubi la giovane psiche di un preadolescente. Maetel, una donna bellissima e misteriosa, lo raccoglie e lo tiene con sè a bordo del treno (appunto) Galaxy Express 999, direzione pianeta Andromeda. La serie ha tempi lenti, è maestosa ma angosciante, Masai incontrerà sulla sua strada pericoli, mostri, personaggi a dir poco inquietanti. Perchè mai destinarlo ad un pubblico infantile? Rimane un mistero – ma non toglie il fatto che sia un capolavoro che educa alla bellezza anche senza lieto fine.

1) Capitan Harlock – La pole position se la merita (forse scontatamente) Leji Matsumoto – che a dirla tutta, ha guadagnato anche la seconda posizione con Galaxy Express.
La storia la sappiamo (forse) tutti: il capitano Harlock è un pirata alla guida di una astronave spaziale, l’Arcadia. Si è ribellato al governo della Terra: siamo nel  2977 e l’umanità è permeata di apatia ed indifferenza. Le macchine hanno sostituito l’uomo, i mari sono stati quasi prosciugati: la Terra non ha più risorse. I politici, come il Primo Ministro, pensano solo ai voti e sono ciechi rispetto al futuro.  Chi non è d’accordo viene emarginato, messo fuori legge. Harlock e la sua ciurma sono degli idealisti, o forse sono dei pazzi: insieme a lui c’è Tadashi, figlio del genio professor Dayu, che si unisce alla lotta di Harlock dopo aver perso la famiglia. Essere orfani è un elemento ricorrente nelle narrazioni a strisce animate dei nipponici: perdere la famiglia significa precipitare nel mondo in solitudine. Harlock e Tadashi uniscono le proprie solitudini in virtù di un ideale e combattono per salvare la terra dal nemico. Mille sono le lezioni che un bambino può trarre, entusiasmato dalla visione di questo cartone animato: non ne ritroverete nemmeno una nei cartoon odierni fatti di battute per adulti e pupazzi che giocano ai videogames.
I nostri eroi non vestivano pigiamini.

Ilaria Paoletti
 

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4 comments

Francesco 26 Gennaio 2019 - 11:15

Anche i cavalieri dello zodiaco avrebbero posto in classifica. Per dare un pugno servivano tre puntate. Avevano un ideale e perseguivano quello fino alla morte. Punto. Lady Isabel era gnocca, a prescindere, un incentivo oltre la missione.

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luis r. 28 Gennaio 2019 - 11:03

i cavalieri dello zodiaco… li stanno ripassando in tv e li sto riguardando (sono in quella che è la parte più bella, la corsa al tempio di Atene attraverso le case dello zodiaco)… a tutt’oggi è sopravvissuto solo Lupin, peraltro censurato da Mediaset in diverse scene forti come lui che tasta Fujiko e ne riceve in cambio uno schiaffone. Posso dire che la mia generazione è stata fortunata perché ha potuto godersi grandi storie di coraggio e sacrificio. Se vedo quello che si vedono i bimbi d’oggi, tra Spongi-bob, Shrek e altri…

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Su Netflix torna Lupin: anche il leggendario ladro gentiluomo diventa nero – Notizie Dal Mondo 3 Dicembre 2020 - 8:29

[…] che da Gaumont Television. Il nuovo Lupin è un libero adattamento dai romanzi di Maurice LeBlanc, che a sua volta ispirarono altri film nonché la mitica serie di cartoni animati. Alla regia per la nuova serie sul mago dei travestimento ci saranno George Kay (“Killing […]

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La Mannaggetta Christmas Top Ten! | ad mentula canis 23 Dicembre 2020 - 3:15

[…] un po’ che non faccio top five o classifiche varie. Questa la regalo a voi, è troppo personale per il “grande pubblico”. Se mi chiedete […]

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