Roma, 23 apr – Diciamo le cose come stanno, la sinistra abbinata popolo è un ossimoro. E forse lo è sempre stato. Tralasciando l’esito delle elezioni in Basilicata che lascia il tempo che trova, specie in un Paese come l’Italia da sempre incastrato nelle sue innemervoli contraddizioni qualsiasi sia lo “schieramento” – o presunto tale – scelto (ivi inclusa la presunta e attualmente inesistente “destra sociale”).
Sinistra e popolo sono un ossimoro
A promuovere le rivoluzioni proletarie erano membri che di certo, almeno in maggioranza, non appartenevano al “popolo”: Lenin era un borghese, così come lo era Trotsky. Non così Stalin, ma parliamo già del secondo leader della storia dell’Urss, sebbene sia stato partecipe eccome della rivoluzione. Non così neanche un certo Benito Mussolini, che dal proletariato veniva davvero, a prescindere dallo scisma con il marxismo e dalla creazione di un’idea del tutto nuova, sebbene improntata su idee socialiste. Ciò non toglie che il “prodotto” di ciò che veniva dalla sinistra marxista abbia indubbiamente generato idee popolari, paradossalmente più nei Paesi dove essa non andò al governo che in quelli dove effettivamente costruì i cosiddetti sistemi di tipo sovietico. Ma questo è un discorso lungo che non approfondiremo in questa sede. Basti pensare che sì, con tutte le contraddizioni del caso, almeno fino agli anni Settanta del secolo scorso, sinistra e popolo, quanto meno in Occidente, avevano un rapporto stretto. Dal Sessantotto in avanti è accaduto qualcosa: la sinistra si è imborghesita e con il popolo nei decenni successivi ha avuto sempre meno a che fare. Deideologgizandosi, come ebbe a dire Costanzo Preve a riguardo. Poi “desocializzandosi”, aggiungiamo noi. Diventando sostanzialmente un movimento di liberismo assoluto mascherato da sociale. E continuando a tramandare questa tradizionale truffa fino ai giorni nostri. Ormai a cascarci sono rimasti in pochi. Ma il gioco delle tre carte prosegue. Complice anche la messa in soffitta del concetto di destra sociale.
La morte della destra sociale è il peggior modo per non mettere all’angolo i progressisti
La destra sociale nasce nel cuore del XX secolo, nel secondo dopoguerra, a seguito delle conseguenze culturali della rivoluzione fascista. Rimane, con tutti i suoi limiti, in piedi fino agli anni Novanta del secolo scorso. Poi, tra berlusconismo, tradimenti finiani, “incertezze fratelloditaliane” e – al di fuori – marce indietro leghiste, entra nei fatti in uno stato di coma. La destra sociale esiste oggi come pensiero, ma come politica attiva è pura fantasia. A tutto vantaggio di una sinistra che, seppur con difficoltà, continua a raccontare la fregnaccia della vicinanza al popolo. Le batoste elettorali, purtroppo, non basteranno a estinguerla completamente. Anche perché con tutta probabilità sono questioni temporanee, indicative di alcun cambiamento reale: le abbiamo viste a più riprese nella storia della cosiddetta seconda Repubblica e ne vedremo ancora. Così come vedremo le risalite della sinistra. Abbracciare il liberal conservatorismo è, per la destra, un motivo per fornire pretesti alla leggenda sinistra del popolo da difendere. È una strada sconfitta in partenza. Alla caciarona, un ottimo sistema per continuare a perpetrare l’altra fregnaccia, quella storica, di “fascismo cane da guardia del capitalismo”. Sarebbe anche ora di smentirle entrambe, le fregnacce, sia passate che presenti. Di smascherarle davanti a tutti. Per riuscirci, però, è necessario recuperare un’idea che attualmente è solo nei sogni di chi dal fascismo viene davvero, contrariamente alle idiozie partorite costantemente dal Nazareno sulle presunte “Rai occupate militarmente”…
Stelio Fergola