Roma, 27 mag – Lo spot arriva direttamente dalla Cina e qui da noi già in molti lo accusano di razzismo. Una donna cinese sta facendo il bucato, un uomo di etnia africana che le stava riverniciando la parete si avvicina per farle delle avances, lei finge di stare al gioco ma poi lo prende e lo sbatte nella lavatrice. Lui riesce fuori “bianco e pulito” (e di etnia cinese) per la gioia della massaia. Si tratta chiaramente di razzismo, giusto? Sulla rete e sulle testate politicamente corrette come il Corriere della Sera questo viene definito “lo spot più razzista di sempre”. Perché un africano che si trasforma in cinese dovrebbe essere migliore?
La domanda però, ce la dovremmo porre noi italiani, visto che lo spot dei detersivi Qiaob altro non è che un remake di una pubblicità di una decina di anni fa della “Coloreria Italiana”. In molti se la ricorderanno: lì era un “italiano medio”, rachitico e in mutande, che lavato si trasformava in un muscoloso “stallone nero”, con palesi sottintesi di natura sessuale. Quello però non era razzismo, perché quando il razzismo è contro i bianchi diventa giusto, oppure “divertente” come nel caso della Coloreria Italiana.
Questo confronto tra le due pubblicità è paradigmatico rispetto allo spirito “tafazziano” rispetto alla questione etnica, italiano ed europeo. Lo spot della Coloreria Italiana era “divertente e virale”, quello cinese se fatto in Italia avrebbe prodotto una condanna per Legge Mancino. Eppure, concettualmente, il messaggio è lo stesso.
https://www.youtube.com/watch?v=yUDimPj0Gig&feature=youtu.be
Davide Di Stefano
20 comments
Me lo ricordo molto bene, lo spot di “coloreria italiana”. Offensivo, avvilente, tanto che quando seguivo la TV e lo vedevo “partire” cambiavo immediatamente canale, per non dover vedermelo.
Chapeau allo Spot cinese. Noi, dai Cinesi, abbiamo solo da imparare, e basta.
Ma pensa… quindi quei tizi che chiamano negri non sono sporchi… sono davvero così…
il messaggio non è lo stesso.
il significato di un messaggio dipende dal contesto a cui il messaggio (volendo o meno) fa riferimento.
Perchè ha senso (che piaccia o meno) il concetto di “orgoglio omosessuale” mentre non ha senso il concetto di “orgoglio eterosessuale”? perchè non esiste un contesto che ti dice che dovresti vergognarti ad essere eterosessuale, mentre esiste un contesto che ti dice che dovresti vergognarti ad essere omosessuale. Affermare di essere orgogliosi di essere omosessuali ha senso (che si sia o meno d’accordo) perchè si oppone ad un messaggio contrario. Dieci o 15 anni fa in italia aveva senso dire che “nero è meglio” perchè si opponeva ad un messaggio taciuto, o anche detto, ma comunque diffuso, secondo cui “nero è (o era) peggio”.
il messaggio dello spot cinese è semplicemente alimentazione del pregiudizio diffuso.
la si può pensare come si vuole, su neri o omosessuali, ma il meccanismo è quello. ed è razzista.
vaglielo a raccontare ora a D&G….ehehe
Il concetto di “orgoglio omosessuale” o “orgoglio nero” può avere senso si, ma se sei omosessuale o nero.
Altrimenti è autolesionismo. Piaccia o meno.
ma l’autolesionismo sarebbe quello dello spot della coloreria?
a me pare che vorrebbe essere autoironico.
poi è razzista pure quello per due motivi:
perchè lo stereotipo dello “stallone nero” non è un’immagine troppo lusinghiera (“hanno il senso del ritmo, sanno giocare a pallone e ce l’hanno grosso”).
ed è razzista anche nella sua pretesa di essere autoironico. è più sottile il motivo: uno è autoironico quando prende in giro una propria caratteristica; in questo caso “una caratteristica comune di noi italiani che scherziamo con la nostra pancetta e la pelata che avanza opponendola alla prestanza di loro neri stranieri”. Il razzismo sta nel fatto che il ragazzo nero che esce dalla lavatrice potrebbe essere altrettanto italiano di quello che ci è entrato. lo spot da per scontato, secondo me, che noi gli italiani con la pancetta siamo quelli bianchi, quelli un pò più scuri sono irrimediabilmente altro.
secondo me però quello che c’è dietro all’articolo è altro ed è che noi dovremmo fare gli spot in cui il nero entra nella lavatrice ed esce pulito. questo sarebbe il modo per non essere autolesionisti.
e anche per questo avevo fatto l’esempio dell’orgoglio omosessuale e di quello eterosessuale. perchè mi sembra che ciò che muove l’articolo, al fondo, sia il meccanismo per cui le maggioranze si sentono di dover affermare la propria identità a discapito delle minoranze, talvolta mimandone anche le modalità, perchè si sentono minacciate dall’esistenza delle minoranze.
e questo non so se è razzista, probabilmente lo è, ma soprattutto è stupido. è il mito della purezza.
No, guardi che lei sta prendendo almeno un paio di cantonate, ed abbastanza clamorose.
Innanzi tutto, è molto sconclusionata – per non dire umoristica – la sua affermazione che “Il razzismo sta nel fatto che il ragazzo nero che esce dalla lavatrice potrebbe essere altrettanto italiano di quello che ci è entrato. lo spot da per scontato, secondo me, che noi gli italiani con la pancetta siamo quelli bianchi, quelli un pò più scuri sono irrimediabilmente altro.”
Qui, lei vuole cercare a tutti i costi di far quadrare un cerchio, e lo fa piuttosto male perchè di fatto, che le piaccia o no, cerchio è e cerchio rimane.
Gli italiani storicamente sono nati di pelle bianca, almeno fino al decennio degli anni ’90. L’ acquisizione di italiani (di cittadinanza) di etnia differente è un’ evento che si sta consolidando solo in quest’ultimo decennio, e non è assolutamente ancora stato acquisito definitivamente come parte integrante del nostro bagaglio culturale nazionale.
Lo spot della coloreria, me lo ricordo benissimo, è stato girato (e trasmesso) solo una decina di anni fa circa, quando il fenomeno dell’ immigrazione incontrollata (e quindi del proliferare di questi “nuovi italiani” che le piacciono tanto) si stava profilando, ma non aveva certo ancora raggiunto le dimensioni che ha attualmente.
Quindi, anche solo da un punto di vista, diciamo “storico”, lo spot di coloreria aveva a tutti gli effetti un significato razzista CONTRO gli uomini italiani, sdoganando in maniera molto palese (ed anche piuttosto offensiva) lo stereotipo dell’ uomo di colore “stallone”.
In secondo luogo, si sta sbagliando altrettanto clamorosamente sul senso profondo del presente articolo, che lei ha letto con tutta evidenza in modo molto superficiale e qualunquistico.
Il senso dell’ articolo, è che la società europea, occidentale di oggi, dietro il paravento assolutamente fumoso (e menzognero) di voler combattere il razzismo, cerca al contrario (e con l’ ausilio di tutti i mezzi di comunicazione di massa, pubblicità commerciali incluse) di sdoganare un pesante razzismo di polarità opposta.
Non si cerca affatto di creare un clima di effettiva e tranquilla convivenza tra culture, etnie, tipi diversi. Si cerca invece di contrapporre un stereotipo di senso contrario, agli stereotipi che abbiamo ereditato dal passato. E questo, non solo è profondamente stupido – perchè i tempi dell’ America e dell’ Europa colonialiste e schiaviste sono veramente tempi passati, sono storia morta e sepolta che si studia giusto sui libri – ed un qualsiasi uomo Italiano (o europeo) dei tempi attuali (e di pelle bianca) non si sognerebbe assolutamente di fare affermazioni razziste nei confronti di appartenenti ad etnie di diverso colore e cultura, non fosse altro per il sacro e profondo timore di essere additato alla pubblica gogna proprio con quell’ infamante epiteto di “razzista”, vera e propria accusa “acchiappatutto”, marchio di infamia universale con cui i benpensanti del XXI Secolo credono davvero di poter esorcizzare i mali della società e giungere così all’ Eden della Società Perfetta (vede dove, in realtà, va a nascondersi il mito della purezza?)
Ma comprendo che, per i sopraccitati benpensanti, rinunciare alle proprie stimolanti quanto fantasiose e completamente fasulle cacce alle streghe sarebbe un trauma, che potrebbe persino privarli del significato della loro esistenza.
Innanzitutto, grazie Paolo. Sono ospite su un sito che credo sostenga opinioni molto distanti dalle mie e il fatto che lei si sia preso la briga di rispondere così nel merito è una cosa che mi lusinga. Non sono ironico eh.
Vado al contrario:
-Il significato della mia esistenza non mi è sempre chiarissimo, però in generale le cacce alle streghe non mi aiutano molto a chiarirlo. Come tutti, sostengo un pò la mia identità personale con l’adesione a qualche gruppo o consorteria che mi conforta nelle mie opinioni, cercando di mantenere un qualche spirito critico anche su quelle, però. Credo che lo facciamo tutti, altrimenti non saremmo qui a perder tempo. Alla tribù dei benpensanti però vorrei arrivare a non iscrivermi mai. Speriamo.
-L’eden della società perfetta sarebbe quello della società liquida, aperta a tutto etc? è come il mito della purezza. Non funzionano perchè prima di tutto sono stupidi. Arroccarsi in qualche mito di uniformità sociale, culturale o etnica non è che aiuti tanto però. Quando sento i discorsi impostati al “noi siamo così” o “questa è la nostra identità culturale”, mi chiedo sempre chi siano quei “noi” e a quale “identità culturale” si faccia riferimento. A stringere il cerchio del “noi” perchè chi ci sta dentro sia “passabilmente identico culturalmente” si arriva al condominio se non al piaerottolo, dove tra dirimpettai si litiga poi che è una bellezza. Io e lei siamo italiani entrambi, eredi della stessa vaga e vasta identità culturale nazionale e di tanto altro: un pò di cultura ebraica, molta identità cristiana, le radici nel razionalismo greco, la conoscenza della cultura europea e l’influenza di quella americana. Io poi magari sono di colore, adottato da una famiglia italiana nell’82, mia madre adottiva è ebrea (la sua famiglia vive a Roma dal primo secolo dopo Cristo), mio padre è cristiano non osservante e io ho deciso invece che la fede Cattolica era quella giusta per me. Poniamo. Dove mi mette? Una società che parte dal concetto di differenza delle identità e di loro sovrapposizione diventa l’Eden della società perfetta se è preso come scopo magico che tutto risolve, ma è anche e soprattutto un ritratto abbastanza fedele di quello che sta accadendo, di ciò che è sempre accaduto (anche in Italia e almeno dai tempi dei romani) e che adesso succede semplicemente di più. E’ la soluzione? No è il ritratto di ciò che accade e che apre problemi di gestione… La storia poi ci dice che si è fatto più o meno finta che così non fosse (di solito sotto le dittature) o si sono escogitati modi per gestire queste inevitabili differenze, convivenze, sovrapposizioni.
ma cerchiamo di non perderci:
– “Il senso dell’ articolo, è che la società europea, occidentale di oggi, dietro il paravento assolutamente fumoso (e menzognero) di voler combattere il razzismo, cerca al contrario (e con l’ ausilio di tutti i mezzi di comunicazione di massa, pubblicità commerciali incluse) di sdoganare un pesante razzismo di polarità opposta.”:
L’ironia, la satira, e l’umorismo funzionano come tali quando prendono in giro il potere. Sparare sull’ambulanza non fa ridere. Prendere in giro le minoranze rimarcando degli stereotipi culturali è razzista.
Il razzismo non è nè al dritto nè al rovescio e la mia impressione è che quando si fanno questi discorsi sui razzismi al contrario si fanno dei discorsi razzisti. E’ razzista (“al contrario”) il fatto che gli alloggi popolari vengano assegnati secondo una graduatoria? o “prima tutti gli italiani poi gli altri”? E’ razzista fare classi scolastiche integrando cittadini stranieri e italiani anche se i primi rallentano l’apprendimento per le difficoltà linguistiche? E’ razzista rivendicare diritti per le unioni fra persone dello stesso sesso anche se poi qualcuno sentirà per ciò stesso sminuito il valore della propria unione eterosessuale?
Credo che ci si possa affidare al rispetto della costituzione (quella veramente frutto di uno sforzo di integrazione fra molti aspetti della vaga e vasta cultura italiana) e delle leggi che ne discendono.
A me sembra che tutto turba chi si sente attaccato nella propria fantomatica identità collettiva in pericolo. Per questo penso che al fondo di chi fa discosi sul razzismo al contrario del bianco che entra in lavatrice ed esce nero, ci sia l’idea che sarebbe un modo per difendersi cominciare (o ricominciare) a fare dei begli spot con il nero che finalmente passa in lavatrice ed esce pulito. Forse dieci anni fa quello spot pareva solo di cattivo gusto. Oggi è pericoloso e indice di un atteggiamento culturale. Non è lo scherzo un pò becero e razzista sulle panzette dell’italiano medio e le misure del nero di turno; è l’indice di un atteggiamento più vasto. E vissuto come pericoloso perchè di neri in giro ce ne sono di più e non sono più quelli della pubblicità del tartufòn, questi vogliono i diritti. E allora è razzismo al contrario. Perchè quando la razza migliore prende in giro la peggiore è razzismo al dritto, quando è la peggiore a prendere in giro la migliore è razzismo al contrario. Ma quella è sempre la razza peggiore.
Tornando a noi e al complotto che mna lanostra inscalfibile identità, mi sembra di vedere che ogni relativizzazione dei giudizi di valore, ogni richiesta di integrzione culturale e sociale, ogni rivendicazione di diritti della minoranza sarebbe parte di una strategia miope di denigrazione della maggioranza.
I diritti degli altri sono una diminuzione dei nostri? Di noi che siamo Noi, monoliticamente identificati, culturalmente autarchici e magari anche storicamente più stalloni degli altri.
Stiamo parlando di minoranze, sia dal punto di vista del numero che del potere. E’ un paradosso dire che “ormai son più loro di noi” (e poi chiederei “ma noi chi?!”) come è strumentale dire che se una casa popolare viene assegnata ad una famiglia rom prima che a una italiana allora vuol dire che hanno più diritti di noi. Hanno alcuni diritti come i nostri, testimoniati dalla loro posizione in graduatoria. Ma forse questo fa problema.
Ma davvero ci sarebbe un complotto mirante a far passare il messaggio che gli italiani delinquono a danno degli immigrati? Che la vera religione è l’islam e che hanno ragione i terroristi a farsi saltare in aria per affermarla? Che i neri sono più belli, simpatici, intelligenti e onesti dei bianchi? Che dovremmo fare indossare il velo alle nostre figlie? Che essere eterosessuali è una cosa vergognosa che al massimo può essere tollerata nell’intimità del proprio domicilio, ma non facendone parola nemmeno coi familiari più stretti? Che il modello culturale che dovrebbero proporre le scuole è quello di qualche remota tribù africana?
Ma davvero c’è in atto un complotto del genere o basta molto ma molto meno, giusto la richiesta di riconoscimento di diritti, per far scattare le paranoie di chi si sente attaccato da chiunque adombri la possibilità che tutto non sia così univoco come sei vorrebbe?
Forse ho fatto di nuovo casino. E mi sono lasciato anche un pò prendere.
Aggiungerei: ma se lo spot fosse americano e nella lavatrice entrasse l’italiano medio identificato come il gagà siciliano un pò effeminato, mammone e in odore di mafia e ne uscisse l’americano con la mascella quadrata, che succederebbe? Ma questo è un altro discorso.
Cordialmente
“A me sembra che tutto turba chi si sente attaccato nella propria fantomatica identità collettiva in pericolo. Per questo penso che al fondo di chi fa discosi sul razzismo al contrario del bianco che entra in lavatrice ed esce nero, ci sia l’idea che sarebbe un modo per difendersi cominciare (o ricominciare) a fare dei begli spot con il nero che finalmente passa in lavatrice ed esce pulito. Forse dieci anni fa quello spot pareva solo di cattivo gusto. Oggi è pericoloso e indice di un atteggiamento culturale. Non è lo scherzo un pò becero e razzista sulle panzette dell’italiano medio e le misure del nero di turno; è l’indice di un atteggiamento più vasto. E vissuto come pericoloso perchè di neri in giro ce ne sono di più e non sono più quelli della pubblicità del tartufòn, questi vogliono i diritti. E allora è razzismo al contrario. Perchè quando la razza migliore prende in giro la peggiore è razzismo al dritto, quando è la peggiore a prendere in giro la migliore è razzismo al contrario. Ma quella è sempre la razza peggiore.”
Lo vede che, senza accorgersene, anche lei di fatto fa del razzismo?
Ma chi le ha detto che c’è una razza peggiore, ed una migliore? Non certo io.
Inoltre, sbaglia quando scrive “fantomatica identità collettiva di turno”. Per quale motivo dovrebbe essere fantomatica? Ritiene che queste identità collettive non esistano? Che siano un fenomeno puramente emotivo, epidermico, di reazione a quanto sta succedendo in questi giorni? Si sbaglia di grosso.
Lo sbaglio che commette lei, e come lei lo commettono numerosissime persone, soprattutto molto giovani (e che come tali, sono le più bombardate dal condizionamento culturale che una determinata parte politica fa di tutto, per ottenere) è quello di ritenere che la cultura che si sta affermando in questi ultimi anni, globalizzata, liquida, informe e come tale orientata a respingere i concetti di identità e di appartenenza (e tutti gli altri che ne sono corollario) costituisca non solo “l’ ultima spiaggia” evolutiva, ma anche che sia sempre stato così. Ed è proprio questo l’ inganno (antistorico e soprattutto, del tutto innaturale) in cui senza volerlo, lei è caduto anzi, l’ hanno fatta cadere.
Ad essere artefatta, innaturale, è proprio questa pretesa civiltà globale in cui tutti dovremmo sentirci “cittadini del mondo”. E’ una costruzione totalmente artificiosa, propria della cultura del XX Secolo, conseguenza di alcune tra le ideologie che esso Secolo, ha generato e sviluppato. Non esiste alcun ordine divino che sostiene che le cose debbano essere realmente così, e non in un altro modo.
Conosce la Novella della Rana nello stagno? Gliela riassumo : In fondo ad un pozzo, ormai quasi completamente prosciugato, si era formato un piccolo stagno presso il quale prosperava un vero e proprio piccolo “micromondo” popolato da insetti ed altre minute creature. Vi era anche una Rana, la quale si nutriva agevolmente di queste creature e, trovandosi nella posizione di essere la dominatrice incontrastata, si era convinta di essere invincibile. Un giorno questa rana decise di risalire la parete del pozzo onde esplorare meglio il mondo circostante. Giunta in superficie, avvistò subito una tartaruga, e convinta di averne facilmente ragione le si avventò contro. La tartaruga, vistasi assalita, altro non fece che ritirarsi nel guscio, in attesa che alla Rana passassero finalmente i bollori. Quando finalmente la Rana, esausta, dovette riconoscere di non essere in grado di sconfiggere la tartaruga e si arrese, domandò a quest’ ultima come potesse essere così forte da riuscire a resistere ai suoi attacchi. Ed allora, finalmente, la Tartaruga potè parlare. E spiegò alla Rana che essa, essendo nata, cresciuta e vissuta sempre in fondo al suo pozzo, aveva finito per convincersi che quel pozzo fosse tutto il mondo, e di essere per conseguenza una creatura imbattibile. Le disse anche che in realtà, quel pozzo era assolutamente nulla rispetto alla reale estensione del mondo. Non solo. “Tu, che tra gli abitanti dello stagno eri la più forte, fuori dal tuo pozzo sei in realtà una delle creature più piccole, vulnerabili ed indifese che ci siano in natura.”
La storia ci dice che la Rana, completamente ridimensionata e terrorizzata dalle rivelazioni della Tartaruga, tornò di filato in fondo al suo pozzo, e lì rimase finchè visse.
Vede, l’ errore che noi europei (ed in generale occidentali) stiamo commettendo da decenni a questa parte, è di non saper metterci realmente in discussione, e come tali, di comportarci un po’ come la Rana del racconto. Le nostre idee, o meglio la nostra cultura, o meglio ancora la nostra concezione ATTUALE della società, non sono ne eterne, ne universali. Esistono interi paesi, che queste idee le ignorano, o le disprezzano, o le hanno addirittura superate.
Ci rifletta bene, questo è il mio consiglio. Dalle sue parole, mi sembra di capire che lei sia una persona che vorrebbe veramente comprendere quello che sta accadendo, ed argomentare in modo intelligente. Però, mi permetta di farglielo notare, senza che lei se ne accorga la sua mentalità, la sua visione della società, dei rapporti umani, di tutto, sono “viziate” da una cultura precedente a lei, e che le è stata indotta – presumo – dall’ambiente in cui lei è vissuto. Prima o poi, se lo ricordi, questo mondo liquido e fluido, che drammatizza sul significato letterale di un termine e che poi, in nome di una ideologia fumosa punta il dito sui presunti diritti civili di pluricriminali e pluripregiudicati trattando la gente comune, ed onesta, come pecore da condurre al macello quando ciò possa essere considerato utile, crollerà, e con esso, crolleranno queste pseudoideologie. I predatori sono già la fuori, accquattati nell’ ombra. Non attendono altro che il segnale del nostro definitivo cedimento.
Un saluto cordiale, e Buona Fortuna.
Gentile Francesco, anchio sono spesso di passaggio su questo sito, che ospita sia articoli che non condivido, sia altri che reputo invece interessanti, come questo;
mi intrometto per una nota “statistica”: Lei ha detto che la critica non è corretta ed ha portato lìesempio del confronto eterosessuale-omosessuale: non lo ritengo pertinente e le spiego il motivo: gli omosessuali sono, in tutte le società, una MONORANZA rispetto agli eterosessuali, e sempre resteranno minoranza per motivi biologici-genetici, pena l’estinzione della società stessa. Al contrario, il binomio africano-europeo è ben diverso!
La popolazione europea si aggira oggi sui 500 milioni, e con la bassa natalità che si ritrova, le stime demografiche la danno a 500 milioni anche nel 2100. Nello stesso arco temporale invece, l’Africa, che ora ha 1,1 miliardi di abitanti, passerà a circa 4,1 miliardi, di cui molti si trasferiranno in europa (sta già succedendo). Fra 80 anni un abitante di questo pianeta su 4 sarà africano. Pretendere quindi, come fa lei e come tutti i giornali e media mainstream, che l’ironia verso i neri sia razzismo “PERCHE’ SE LA PRENDE CON UNA MINORANZA”, è quantomeno da ignoranti, se fatto in buona fede, da menzogneri se fatto di proposito. Attualmente, nel mondo, la popolazione europea è MINORANZA, e sempre più lo sarà nelle prossime decadi. E sono le minoranze, non le maggioranze in avanzata poderosa, ad aver bisogno di tutela. A meno di non desiderare la loro scomparsa (come già successe per Aztechi, Incas e triste compagnia, e come sta succedendo ai tibetani sommersi dai cinesi Han) Spero approfondisca la questione demografica su qulasiasi fonte di sua scelta, si renderà conto da solo!
Grazie dell’eventuale attenzione
PER PAOLO E IN ORDINE:
“A me sembra che tutto turba chi si sente attaccato nella propria fantomatica identità collettiva in pericolo. Per questo penso che al fondo di chi fa discosi sul razzismo al contrario del bianco che entra in lavatrice ed esce nero, ci sia l’idea che sarebbe un modo per difendersi cominciare (o ricominciare) a fare dei begli spot con il nero che finalmente passa in lavatrice ed esce pulito. Forse dieci anni fa quello spot pareva solo di cattivo gusto. Oggi è pericoloso e indice di un atteggiamento culturale. Non è lo scherzo un pò becero e razzista sulle panzette dell’italiano medio e le misure del nero di turno; è l’indice di un atteggiamento più vasto. E vissuto come pericoloso perchè di neri in giro ce ne sono di più e non sono più quelli della pubblicità del tartufòn, questi vogliono i diritti. E allora è razzismo al contrario. Perchè quando la razza migliore prende in giro la peggiore è razzismo al dritto, quando è la peggiore a prendere in giro la migliore è razzismo al contrario. Ma quella è sempre la razza peggiore.”
Certamente non l’ha detto lei, ma nemmeno lo sostengo io: faceva parte del pezzo in cui scimmiottavo l’atteggiamento che mi sembra di leggere DIETRO i discorsi in oggetto. Io ho i miei preconcetti, non sono questi e i miei almeno li cammuffo meglio di così :O)
La chiamo “fantomatica identità collettiva” perchè non è così monolitica come si vorrebbe e come si pretende che sia quando la si nomina. Torno a dire: noi chi? e quanto dobbiamo essere uguali per essere Noi? Il minimo comune multiplo delle tante persone che siamo qual’è? E di questo un pò ho già scritto.
Non sono un giovane traviato, l’adozione nell’82 faceva parte della finzione, eventualmente sono un vecchio coglione ben sopra i 40.
La novella della rana non l’ho capita, dopo magari mi ci concentro. Intanto, per andare in ordine, alcuni concetti che lei mette in campo: i concetti di identità e di appartenenza; la liquidità come estremo approdo della società (con accezione positiva); la naturalità dei modelli culturali; la derivazione di questo modello “fluido” dalla cultura del novecento e dalle sue ideologie.
Contesto fermamente l’ultima affermazione: per fare la storia col coltello, la storia del 900, estremizzazione del modello dello stato-nazione della seconda metà dell’800 è un modello identitario. La nazione come unità di un popolo su un territorio sulla base di una comunanza di lingua e cultura: questo è l’800 che esplode nelle guerre mondiali del 900. Il modello a cui fa riferimento lei è probabilmente l’internazionalismo comunista, erede del transnazionalismo illuminista del 700 (con tutte le differenze date dal passaggio dal dialogo fra dotti all’edificazione di uno stato), ma anche Stalin quando ha avuto a che fare col nazismo si è appellato alle radici culturali della grande madre Russia…
Con qualche margine che dobbiamo lasciare a ciò che accade anche se fermamente non vorremmo, i modelli sociali sono un frutto di scelte. Questo è molto illuminista (e tanto ottimista da sfiorare l’illusorietà). Però se siamo qui a perder tempo è perchè sia io che lei pensiamo che le cose accadano anche per delle scelte.
Andando indietro: la naturalità dei modelli culturali. Naturalità della cultura è un ossimoro. I modelli culturali sono adatti, efficaci, utili, soddisfacenti, duttili e altre cose del genere. Chiamarli “naturali” fa solo confusione. I modelli culturali sono “umani”, con tutto quello che questo significa in termini di responsabilità. Nessun dio ci garantisce. Lei che pretende che io prenda per naturale il modello culturale che attaca, non pretenda che sia naturale il suo. Le tribù isolate chiamano se stesse “società degli uomini” e quelli che stanno fuori sono gli altri, inevitabilmente non uomini. Ma sono almeno 2500 anni che ci si barcamena a provare ad uscire da questo vicolo cieco. Vogliamo riproporre il modello identitario? A me sembra non utile. Non è più “naturale” affermare la propria identità contrapponendola ad altre come fossero due universi separati, soprattutto se si sta troppo alla superficie di quella che sarebbe la propria identità (forse dopo si capisce meglio).
Intendiamoci su identità e appartenenza. C’è modo e modo e livello e livello. Mi spiego, spero: quando si parla di queste cose si indulge a livelli di identità molto bassi. Quando sento Salvini dire che gli immigrati “devono rispettare le nostre leggi e le nostre tradizioni” fiuto la truffa: ripettare le leggi ha un significato. E’ sinonimo di osservare le leggi. No problem. Rispettare le tradizioni ha due significati: non sfottere chi ha tradizioni diverse; adeguarsi alle tradizioni altrui. E’ molto diverso. Non sfottere è doveroso, e sanzionato dalla legge, adeguarsi è una pretesa fascista.
Sono blandamente soddisfatto delle mie convinzioni, orgoglioso delle mie tradizioni e acquietato nelle mie abitudini. Di qui a pensare di doverle difendere da fantomatici attacchi ce ne corre.Le convinzioni le difendo discutendole, le tradizioni le onoro confrontandole (a cosa servono sennò? se non confronto le mie tradizioni con quelle di altri cosa capisco delle mie?), le abitudini le mantengo finchè sono utili, ma son pronto a cambiarle.
PER SOLLEVATO MA ANCHE PER PAOLO, in maniera più spiccia e per tagliarla corta:
Sì, il mondo cambierà. Il mondo è sempre cambiato e continuerà a farlo. Bisogna farci pace e provar a vedere come si può sperare che cambi. Ma cambierà irrimediabilmente. E’ sempre e continuamente cambiato. In europa ci saranno sempre più stranieri e la nostra cultura cambierà. Non c’è niente da fare. Quindi?
Dove c’erano gli adoratori di Zeus sono arrivati i cristiani, dal medio oriente. E tutti sono cambiati, sia gli uni che gli altri. E la società è diventata qualcosa di nuovo. Siamo diventati Noi, per come siamo adesso, con tutte le differenze che ci caratterizzano e tutti i legami con l’esterno che sono tipici della cultura europea. La nostra identità è la disposizione a entrare in contatto con identità diverse. E questo contatto ci cambierà inevitabilemente; non dovrà cambiarci nella nostra disposizione a cambiare ancora. Attraverso i molteplici cambiamenti che ci hanno portato qui, le identità si sono arricchite, se si vuole, ma soprattutto sono cambiate. Lo fanno da sempre e continueranno a farlo. Nessuna società europea è mai stata impermeabile, univoca, autosufficiente.L’endogamia porta all’estinzione. Cosa c’è di male? Lo chiedo seriamente: cosa c’è di male? La nostra identità (tanto difficilmente delineabile) è il frutto di questo. Cosa possiamo fare? Identificare quali sono le caratteristiche sulle quali non derogare, ma non per imporle, che non funziona, ma per farne davvero il centro della nostra identità. Io credo che il perno dell’identità europea (e occidentale, che quelli di là dell’atlantico non è che siano granchè) è la disposizione a cambiare, e l’avversione verso i sistemi che non sono disposti ad accettare la disposizione al cambiamento. Questo è il contributo europeo ad un mondo (e ad una europa) che cambierà comunque, che lo vogliamo o no. A me piacerebbe che lo volessimo perchè credo che questa disposizione all’apertura e al cambimento (illuministicamente) siano il vero tratto comune della nostra identità e che lottare contro chi questa disposizione avversa (che sia straniero fondamentalista o italiano nostalgico di fantomatiche identità collettive belle sostanziose di tradizioni culturali e stereotipi vari), sia il vero compito di chi vuole essere fedele alla sua storia e alla sua tradizione occidentale, europea, italiana. Dobbiamo guardarci da chi ci dice che un modello (presente o spesso passato e sempre fantasmatico) di identità univoca e sostanziosa sia quello giusto, perpetuo e benedetto da dio o dalla Tradizione. Secondo me, se riusciremo ad essere questo saremo ancora l’europa e l’occidente, magari a maggioranza nera o musulmana, altrimenti davvero perderemo la nostra identità. Potremo essere autenticamente europei anche a maggioranza nera e musulmana, se i neri e musulmani saranno davvero europei. Credo che questo sia il nucleo della nostra identità. Questo va tutelato. Secondo me se Noi siamo qualcosa, siamo questo. E se gli europei e occidentali del 2050 saremo ancora noi sarà perchè, chiunque ci sarà, rispetterà questa identità. Difendere fantomatiche identità spicce da fantomatici attacchi è miope. E’ un piano sul quale le cose sono cambiate e inevitabilmente cambieranno. E al cuore della questione che si gioca la nostra vera identità ed è una identità di apertura attuale e tutela all’apertura futura. Altrimenti, secondo me, non ne abbiamo una.
veramente con stima
francesco
Salve Francesco, ho letto i suoi commenti e li ho trovati interessanti e per certi versi anche condivisibili.
Le vorrei chiedere se per lei avrebbe senso anche un’orgoglio sardo e una fiera rivendicazione identitaria della minoranza etnica e culturale sarda, così come di altri popoli sfruttati e tenendo conto del fatto che sia in Italia che in altre parti del mondo il razzismo e le discriminazioni (partendo dagli stereotipi culturali che ci dicono che siamo una terra di pastori e pregiudizi vari) contro i sardi sono ben presenti.
Che tra l’altro, i sardi sono stati colonizzati e sfruttati storicamente da mezzo mondo, dall’Italia passando agli arabi, ai nordafricani(fenici)agli africani neri(mori) e oggi dagli USA e così via…
Forse questa discriminazione ha a che vedere con l’invidia della cultura sarda(la Sardegna raggiunse una forte civilizzazione nei tempi antichi e primitivi, si pensi ai nuraghi, ai megaliti ecc) o con quella delle notorie doti sessuali e grandi dimensioni degli uomini sardi e la bellezza e l’orgoglio delle donne sarde, ma non è così importante….
La cosa veramente importante è che nonostante i sardi siano una minoranza etnica discriminata storicamente ciò non interessa minimamente a molti paladini del cosiddetto “antirazzismo” e addirittura noi sardi siamo abituati ad accusarci di razzismo e nazionalismo se teniamo alla nostra etnia e cultura o se contrastiamo la tesi che dice che i migranti devono arrivare per via del passato coloniale europeo(tesi che vale in Francia ad esempio ma non certo n Sardegna, visto che ad essere colonia era la Sardegna)…. per carità, nulla contro i migranti e anche l’immigrazione, noi siamo un popolo accogliente e accogliamo quanto possiamo ma non si capisce perché non dobbiamo avere gli stessi diritti degli altri popoli che sono stati colonizzati e forse perché siamo nati nel sud Europa e quindi non siamo amati dai nordici né tanto meno dai terzomondisti…
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Buongiorno Sardo (sembra un’offesa, detta così),
fa bene ad essere orgoglioso di essere sardo e fa bene ad arrabbiarsi quando la riducono ad una macchietta. Gli stereotipi girano su tutti. Basta andare in alto adige e sentire come vengono trattati dagli austriaci per capire che il mondo è tondo e si è sempre i terroni di qualcuno. Poi certamente l’identità sarda è davvero forte, forse perchè la sardegna è un’isola, perchè essendo stata terra contesa e conquistata per tante volte nella sua storia, ha accentuato ostinatamente (senza cadere nello stereotipo eh) le proprie caratteristiche. Sarebbe a statuto speciale anche per quello.
Avrebbe senso una sana rivendicazione dell’identità sarda? Certo. Sana. Non so lei, io mi sento marchigiano, italiano, europeo e anche un pò americano, per tutti i telefilm che mi sono beccato durante l’adolescenza. Rivendico con orgoglio la mia marchigianità, ma un pò anche tutto il resto della mia identità. Lei no?
Ma poi di questa identità che vuoi o non vuoi è già complessa e sfaccettata, cosa se ne vuole fare? La vuole usare come un baluardo contro qualcunaltro? Non credo.
Anche perchè, quanto all’ospitalità sarda, ha ragione: è sorprendente. Soprattutto se contrapposta proprio allo stereotipo del pastore burbero e campanilista.
Grazie per la risposta Francesco, molto bella.
Per quanto riguarda l’identità semplicemente mi piacerebbe che sia più riconosciuta a livello internazionale senza che la “sardità” sia per forza di cose ricondotte alla mentalità barbaricina e altre cose “esotiche” e folkloristiche che non rappresentano la sardità, che non è altro che il “sentire interiore”(mettiamola così) del popolo sardo.
Poi, sinceramente non sono nemmeno del tutto d’accordo con gli indipendentisti e la loro idea di dividerci dall’Italia ma semmai sarebbe bello vedere una Sardegna più moderna(ma allo stesso tempo legata anche a valori antichi) che abbia un pò di importanza in Italia e in Europa, invece di essere colonia della NATO o del Qatar.
Per quanto riguardo l’identità, nel commento di sopra ho volutamente esagerato xd… e penso che vada tutelata ma senza farne un baluardo contro qualcuno.
Se un sano identitarismo viene unito con una sana globalizzazione(così come l’individualismo con un sano comunitarismo) escono delle idee di società interessanti, mentre oggi abbiamo le “degenerazioni” di queste idee mi sembra, tra xenofobia/razzismo e cosiddetto “mondialismo”.
Ecco anche qui un altro umanista, un altro beota sognatore che un mondo senza più distinzioni, senza più differenza. Caro Francesco (ha anche il nome del viscido gesuita che siede a San Pietro), il tuo articoletto scritto come un bigami della gentilezza e dell’inelettuabilità del mondo che cambia, magari traviato dai telefilm americani! Mi dispiace per lei ma la mia identità è bianca, la terra in cui sono nato e cresciuto appartiene da uomini bianchi da sapere. Non si preoccupi, è una terra è un popolo che ha i suoi pregi e i suoi difetti, le sue virtù e i suoi vizi ma è la MIA TERRA! Chi siamo noi per farla aprire a migliaia di allogeni sradicati, bestie buone per le nostre nevrastenie e i nostri esotismi da provinciali annoiati? Certe le società cambiano ma non sempre in meglio, anzi! E’divertente che lei citi l’avvento del cristianesimo, vorrei sottolineare che i cristiani hanno rispettato l’identità dei pagani con roghi, distruzioni di saperi e altre bestialità varie! Così i cambiamenti e le migrazioni cambiano le società, chi ha poi ha conquistato ed divenuto maggioranza ha sempre la sua cultura! Mi dispiace ancora, ma un’Europa musulmana e negra e la morte dell’Europa stessa. Tenendo conto che le comunità semitiche e specialmente negre sono popoli ignoranti e incivili, seguace di pratiche barbar,e incapaci nei loro paesi di costruire società degne! Noi le possiamo cambiare con cosa? Con i valori costituzionali, con la solidarietà è l’integrazione? in posti dove l’Europa è già “cambiata” le quarte generazioni si sentono alla patria d’origine, che nell’Europa al quale riservano pallottole di kalashminkov.
Caro Francesco lei assomiglia al quel maschio larva che tenta di sedurre la mantide, ma la mantide l’accoppa lo stesso!
So che questo mio scritto le sembrerà urticante come per tutti i mediocri, peggio razzista e xenofoba (non sia mai!). Mi spiace non sento miei simili tutti i 7 miliardi di bipedi di questo pianeta, anzi alcuni di loro non li sopporta nonostante in passato li ho difesi anche, essendo da ragazzo un giovane idealista come lei. Ne ho viste troppe di persone in gran parte “diverse” e ho capito che sono uguali solo anatomicamente e null’altro.
Lei caro dietro questa sua “profonda” riflessione si nasconde null’altro che codardia e viltà. D’altronde se si sente americano per i telefilm si capisce la sua cultura è forse non avrebbe dovuto scrivere qua ma all’Huffington Post dove lei è squallidamente affine. Saluti.
Ecco anche qui un altro umanista, un altro beota sognatore che un mondo senza più distinzioni, senza più differenza. Caro Francesco (ha anche il nome del viscido gesuita che siede a San Pietro), il tuo articoletto scritto come un bigami della gentilezza e dell’inelettuabilità del mondo che cambia, magari traviato dai telefilm americani! Mi dispiace per lei ma la mia identità è bianca, la terra in cui sono nato e cresciuto appartiene da uomini bianchi da sempre. Non si preoccupi, è una terra è un popolo che ha i suoi pregi e i suoi difetti, le sue virtù e i suoi vizi ma è la MIA TERRA! Chi siamo noi per farla aprire a migliaia di allogeni sradicati, bestie buone per le nostre nevrastenie e i nostri esotismi da provinciali annoiati? Certe le società cambiano ma non sempre in meglio, anzi! E’divertente che lei citi l’avvento del cristianesimo, vorrei sottolineare che i cristiani hanno rispettato l’identità dei pagani con roghi, distruzioni di saperi e altre bestialità varie! Così i cambiamenti e le migrazioni cambiano le società, chi ha poi ha conquistato ed divenuto maggioranza ha sempre imposto la sua cultura a discapito dei conquistati! Mi dispiace ancora, ma un’Europa musulmana e negra e la morte dell’Europa stessa. Tenendo conto che le comunità semitiche e specialmente negre sono popoli ignoranti e incivili, seguace di pratiche barbar,e incapaci nei loro paesi di costruire società degne! Noi le possiamo cambiare con cosa? Con i valori costituzionali, con la solidarietà è l’integrazione? in posti dove l’Europa è già “cambiata” le quarte generazioni si sentono alla patria d’origine, che nell’Europa al quale riservano pallottole di kalashminkov.
Caro Francesco lei assomiglia al quel maschio larva che tenta di sedurre la mantide, ma la mantide l’accoppa lo stesso!
So che questo mio scritto le sembrerà urticante come per tutti i mediocri, peggio razzista e xenofoba (non sia mai!). Mi spiace non sento miei simili tutti i 7 miliardi di bipedi di questo pianeta, anzi alcuni di loro non li sopporta nonostante in passato li ho difesi anche, essendo da ragazzo un giovane idealista come lei. Ne ho viste troppe di persone in gran parte “diverse” e ho capito che sono uguali solo anatomicamente e null’altro.
Lei caro dietro questa sua “profonda” riflessione si nasconde null’altro che codardia e viltà. D’altronde se si sente americano per i telefilm si capisce la sua cultura è forse non avrebbe dovuto scrivere qua ma all’Huffington Post dove lei è squallidamente affine. Saluti.
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A parte coltivare la sua terra (ma non sfori sulla mia che son possessivo), cosa farebbe lei di bello?
Per rispondere nel merito: le piacerebbe che fossero anatomicamente uguali! ce l’hanno più grosso. se ne faccia una ragione.
Ma dire che ce l’hanno più grosso e lungo non è lo stesso razzismo?Dire che i neri hanno il pene più grosso dei bianchi e sopratutto degli asiatici e degli ebrei(che ce l’hanno molto piccolo) non è un sostegno alla supremazia nera, e all’antisemitismo ? Non sarebbe come dire che, visti i risultati del QI, gli asiatici e gli ebrei sono più intelligenti dei bianchi e a che loro volta i bianchi lo sono più dei neri, che sarebbero si i più dotati nel corpo ma i meno dotati nel cervello.
Eppure esistono una marea di tribù nere con il pene piccolo tipo i pigmei e una marea di persone nere intelligenti.Non sarà che forse il mito della supremazia del cazzo nero e il mito dell’inferiorità culturale,sociale e intellettuale del popolo nero siano dei miti un pò razzisti ? Al di là delle leggende popolari e della affermazioni popolari, dove si sente dire che il mito delle dimensioni è vero ma anche che il mito della poca intelligenza è vero …
Ero ironico Antoni. Dicevo di “rispondere nel merito” tirando in ballo gli stereotipi sulle dimensioni proprio per dire che quello mi sembra il livello delle considerazioni a cui rispondevo e che quello potesse essere un argomento che poteva far presa su chi parlava. Non conosco le dimensioni medie degli uccelli in giro per il mondo.
Son miti razzisti. Concordo.