Roma, 2 feb – Di casi ce ne sarebbero tanti – tanto nell’impresa pubblica che privata – ma Stellantis, in una ipotetica speciale classifica dei simboli della deindustrializzazione italiana, merita già un posto d’onore. In teoria terzo produttore mondiale di automobili, la multinazionale è però la rappresentazione perfetta del crollo del nostro Paese e delle migliaia di lavoratori che, ogni anno, rischiano sempre più di perdere il loro lavoro.
Stellantis da record: appena nata è già un disastro
Niente a che vedere con il calvario di Alitalia, del triste successore Ita e della vendita allo straniero: ovviamente nel privato, Stellantis si sta rivelando un fenomeno storico ed erconomco perfino peggiore. Nata ufficialmente nel 2021 dalla fusione tra la Fiat Chriyler Automobiles (a sua volta, già fusione tra la compianta Fiat e la Chrysler), e il gruppo francese PSA, è un’azienda con sede nei Paesi Bassi, il che suggella in modo perfetto la parabola discendente della stessa Fiat e la sua definitiva fuga dall’Italia, potenza industriale in aperto declino che in trent’anni ha collezionato perdite prestigiose nell’industria, tra aziende pubbliche liquidate, vendute agli stranieri e – come in questo caso – ridimensionamenti di giganti privati che avevano contribuito enormemente alla sua potenza e al suo prestigio. Ma ciò che di Stellantis fa più riflettere sono i drammi che, neanhe in tre anni, sta regalando sul fronte della crisi occupazionale proprio nel nostro Paese. Del resto il buongiorno si vede dal mattino: appena nata nel 2021, l’azienda già ammoniva sui “costi degli stabilimenti italiani”. Con tutti i rischi del caso, indovinate per chi?
Cassa integrazione e rischi per i lavoratori
In questi anni di ristrutturazione è successo ciò che per molti era ritenuto inevitabile: il neogigante con i piedi in mille scarpe ha iniziato a risisegnare la sua forza lavoro, e i risultati non si sono fatti attendere, con le ultime settimane scandite da una particolare “intensità” sul tema. A gennaio è scattata la cassa integrazione per oltre 2mila lavoratori dello stabilimento di Mirafiori, ora la multinazionale discute con il governo circa la mancanza di incentivi sulle auto elettriche. Per bocca dell’amministratore delegato Carlo Tavares, il quale lancia l’allarme – o minaccia senza esplicitarlo? – per l’occupazione negli stabilimenti: “L’Italia dovrebbe fare di più per proteggere i suoi posti di lavoro nel settore automobilistico anziché attaccare Stellantis per il fatto che produce meno nel nostro Paese-. Si tratta di un capro espiatorio nel tentativo di evitare di assumersi la responsabilita’ per il fatto che se non si danno sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mettono a rischio gli impianti in l’Italia”. O forse una vera e propria excusatio non petita, accusatio manifesta, per un usare un latinismo molto noto. Fatto sta che lo stesso Tavares ammette candidamente la condotta dell’azienda, su cui ora per le opposizioni ci dovrebbe essere l’ennesimo intervento governativo (riprendendo magari il modello francese). In meno di tre anni di vita, insomma, Stellantis ha battuto i mirabili record di altri poli industriali italiani che in questi decenni ci hanno fatto soffrire, dimostrandosi praticamente da subito un elemento di ulteriore crisi dell’industria nazionale.
Alberto Celletti