Roma, 13 ott – Vero come la finzione, questo ĆØ Lance Armstrong. Ć in programmazione in questi giorni nelle sale italiane The Program, ultima pellicola di Stephen Frears (Alta FedeltĆ , The Queen). Il regista inglese porta sul grande schermo venti anni di carriera del ciclista texano, magistralmente interpretato dallāottimo Ben Foster, perfettamente a proprio agio nel ruolo di Armstrong.
Con un taglio leggermente documentaristico, il biopic ĆØ incentrato sulla graduale opera di smascheramento dell’inganno a due ruote da parte del giornalista David Walsh (Chris O’Dowd), penna irlandese del Sunday Times: il reporter sottopone ad autopsia i trionfi del campione, soffermandosi ovviamente sulle pratiche di doping programmatico (da cui il titolo del film), il cosiddetto ābar apertoā, come Bruyneel definisce le pratiche di trasfusione sanguigna.
Ciò che maggiormente colpisce della pellicola ĆØ l’accentramento delle colpe su Armstrong, definito e disegnato come āl’architrave delle menzogne a pedali del ciclismo a ridosso del terzo millennioā: una menzogna dal volto inizialmente umano, troppo umano, dellāuomo capace di vincere, nel 1998, la battaglia contro il cancro ai testicoli, ma al contempo dello sportivo incapace di affrontare quella contro lāEpo – lāeritropoietina, ormone glicoproteico prodotto dai reni umani utilizzato per facilitare il trasporto di ossigeno ai tessuti – proiettando cosƬ il campione dallo status di leggenda a quello di ābugiardo totaleā.
Unāevoluzione fisica, primāancora che storica: vincitore del mondiale in linea nel 1993, il corridore modificò gradualmente, anche a causa della malattia, il proprio corpo – dagli 80 ai 73 kg – passando da specialista delle corse di un giorno a āpadrone in gialloā delle strade francesi, da finisseur a scalatore ed imbattibile cronoman, arrivando cosƬ a vincere ben sette Tour de France, dal 1999 al 2005. Da evidenziare anche qui lāottimo lavoro di Foster nel ruolo, che nelle seppur poche scene in sella, ripropone perfettamente lo scatto e la pedalata di Lance, nonostante la fisionomia del volto ricordi più Greg Lemond, il primo uomo a stelle e strisce vincitore del Tour.
Manca purtroppo nel film qualche elemento che avrebbe aiutato a mettere meglio in luce lāaccaduto. Si perde ad esempio il meccanismo della macchina da soldi americana: le scommesse. Quello stesso āmaleā probabilmente alla base del declino di Marco Pantani, su cui pesarono le dichiarazioni di Renato Vallanzasca riguardo il Giro del 1999.
Il fatto cioĆØ che il ciclismo in quegli anni, dopo lo scandalo Festina alla Grand Boucle del 1998, fosse diventato uno āsport da farmaciaā ed avesse bisogno di un eroe da stampare sulle copertine, capace di far dimenticare un passato torbido per creare un presente posticcio e ancora più nebuloso.
Armstrong in proposito non fu che la punta dell’iceberg, cancellandolo dall’albo del Tour non si ĆØ fatto altro che ripulire con un colpo di spugna āun oceano di petrolioā. A tal riguardo risultano, per assurdo, sensate le dichiarazioni dell’ex corridore quando asserisce che i tifosi hanno bisogno di un vincitore e che lui fu quel vincitore, spazzando via avversari e passato. Il texano come tappeto sotto il quale nascondere le foglie.
Alla fine āla bugiaā venne a galla nel 2012, nel salotto buono di Oprah Winfrey: fu lƬ che ArmstrongĀ decise di lavarsi la coscienza dichiarando che senza di lui la lotta al cancro sarebbe ancora al palo, e che infondo di lui c’era bisogno.
A parziale discolpa dellāatleta, sarebbe ingiusto non considerare che il ciclismo sia per ācostituzioneā lo sport in cui si sono registrati il maggior numero di casi di atleti dopati. Ciò ovviamente non giustifica l’assunzione di sostanze illecite, ma in una certa maniera lo chiarifica. In parole povere, in ogni caso āun somaro non si risveglia Varenneā. La realtĆ ĆØ che i 25mila km annui in bicicletta, le levatacce, l’assunzione calibrata di calorie, i ritiri infiniti, vengono affrontati da tutti i corridori, e di certo il doping aiuta a vincere, ma nonostante tutto non crea campioni da zero.
Oggi fortunatamente il ciclismo si sta ricostruendo una verginitĆ , e sportivi come Peter Sagan, Fabio Aru e Vincenzo Nibali – che hanno avuto una crescita annuale costante e certificata – ne sono l’esempio lampante. Certamente mettere le mani sul fuoco senza scottarsi ĆØ ancora difficile, ma le andature e la verificabilitĆ dei dati sono sotto gli occhi di tutti.
Per concludere, tornando a Lance, ĆØ magari opportuno ricordare le parole di Filippo Simeoni – corridore italiano che per primo denunciò le pratiche illecite del professor Ferrari – proprio sullo statunitense: “ha usato il ciclismo per risultati e vittorie non più di quanto sia stato usato dal suo sport per rilanciare la propria immagine. Erano reciprocamente indispensabili”.
Simeoni pagherĆ care quelle accuse nel corso del Giro di Francia del 2004: mentre tentava la āfugaā, fu stoppato e umiliato dal texano in prima persona davanti alle telecamere di tutto il mondo. Del resto l’ossessione di vincere ĆØ frutto di questo tempo, ma nel mare di danaro e celebritĆ anche l’estetica della rotonditĆ della pedalata sulla cima calva del Mont Ventoux diventano nient’altro che Epo, sudore freddo e spettacolo per impostori.
Finalmente un articolo corretto sul caso Armstrong e sul doping. Da praticante dello sport posso solo aggiungere che la cultura del doping si vende tranquillamente sugli scaffali dei supermercati, da Decathlon o su internet, sotto forma di porcherie come creatina, aminoacidi ramificati, carneatina, tricreatina e altro.
Si dirĆ che sono prodotti legali, certo, ma chi li usa ha comunque un vantaggio su chi non le usa.
Posso garantire per vissuto che il mondo amatoriale ĆØ persino peggio e più ipocrita, perchĆØ se l’amatore in pubblico condanna il professionista in privato lo vuole emulare nelle sue pratiche peggiori.
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Finalmente un articolo corretto sul caso Armstrong e sul doping. Da praticante dello sport posso solo aggiungere che la cultura del doping si vende tranquillamente sugli scaffali dei supermercati, da Decathlon o su internet, sotto forma di porcherie come creatina, aminoacidi ramificati, carneatina, tricreatina e altro.
Si dirĆ che sono prodotti legali, certo, ma chi li usa ha comunque un vantaggio su chi non le usa.
Posso garantire per vissuto che il mondo amatoriale ĆØ persino peggio e più ipocrita, perchĆØ se l’amatore in pubblico condanna il professionista in privato lo vuole emulare nelle sue pratiche peggiori.