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Tim un po' più italiana, entra Cdp con il 5%. Insieme a Elliott per arginare Vivendi

by Adolfo Spezzaferro
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Roma, 6 apr – Cassa depositi e prestiti entra in Tim con una quota fino al 5%. Prende forma quindi l’ipotesi della società della rete che venne evocata per la prima volta nel dibattito sul futuro del gruppo da uno studio messo a punto nel 2006 dall’allora consigliere economico del premier Romano Prodi, Angelo Rovati.
Nel dossier si proponeva per l’appunto lo scorporo della rete fissa da Telecom Italia e il suo passaggio sotto il controllo di Cdp.
All’epoca, l’ipotesi di spin-off fu un terremoto per i vertici di Telecom, tanto che si dimise il presidente Marco Tronchetti Provera, a seguire arrivarono pure le dimissioni di Rovati.
Oggi, che il gruppo è nelle mani francesi di Vivendi, che detengono il 24%, dopo 12 anni, è stato dato il via all’iter formale per la separazione dell’asset con tanto di notifica del progetto all’Agcom. Appuntamento quindi all’assemblea societaria del 24 aprile.
Vediamo nello specifico come funziona: nei piani aziendali la NetCo rimarrebbe sotto il controllo della stessa Telecom ma adesso, con l’avvento di Cdp, azionista con Enel di Open Fiber (società nata per implementare la rete in fibra secondo i piani del governo) le due entità un giorno potrebbero fondersi in una sola.
I tempi sono lunghi: per lo scorporo sono necessari 18 mesi. Alla fine del complesso iter, potrebbe essere richiesto ad Enel di conferire la sua quota in Open Fiber a Cdp o comunque di fare in modo che si arrivi a una società unica della rete a controllo pubblico – con una quota intorno al 30% – da quotare poi in Borsa.
Dal canto suo, il fondo attivista americano Elliott, ha già rastrellato un 5% e proposto una sua lista di sei consiglieri che dovrebbero scalzare quelli francesi se riusciranno ad aggregare i voti degli altri fondi. Sei top manager e boiardi di Stato: Luigi Gubitosi, commissario di Alitalia ed ex amministratore delegato di Wind ed ex dg della Rai, Paolo Dal Pino (ex ad Tim Brasil), Fulvio Conti (ex ad Enel), Giovanni Cavallini (ex ad Interpump), Rocco Sabelli (ex ad Telecom e Piaggio), Claudio Parzani (Allianz Italia), Paola Giannotti (Ansaldo Sts).
Sei italiani che potrebbero arginare la gestione francese che di certo non guarda al bene del nostro Paese. Come è possibile che l’Italia per una volta si comporti da nazione? Perché negli ultimi mesi la gestione Vivendi ha convinto sempre meno i mercati. Insomma, è business. Ma per una volta riporta in pista un pezzetto di Stato.
L’attuale amministratore delegato di Tim, l’israeliano Amos Genish, ha detto in un’intervista con il quotidiano francese Les Echos che “è un ‘imperativo’ che Tim controlli la sua rete”. Insomma, l’ennesimo no allo scorporo. Ma adesso, con l’intervento di Cdp, la situazione potrà essere ribaltata.
Dietro la decisione del governo uscente di Gentiloni c’è comunque la forza dei partiti vincitori delle elezioni – 5 Stelle, Lega, (Forza Italia). Magari il nuovo esecutivo darà ulteriore forza all’intervento pubblico e Cdp acquisirà una quota maggiore.
Adolfo Spezzaferro

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