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Udienza Assange, l’estradizione e un futuro che sarà ancora peggiore

by Stelio Fergola
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Udienza Assange

Roma, 20 mag –  L’udienza su Julian Assange potrebbe essere dirimente. Del resto, anche la stampa mainstream, incarnata dal Corriere della Sera e da altre testate, ne è ben consapevole. Da punto di vista italiano c’è ben poco da cincischiare a meno di non essere in palese malafede: il giornalista in questione ha scoperchiato e reso ancora più ufficiali le catene che da ormai 80 anni tengono imprigionata la nostra Nazione, e in quanto tale non può essere messo in secondo piano.

Udienza Assange, un momento in cui si definirà la nostra schiavitù

Non che siamo liberi da catene, sia chiaro e scontato. Ma si può sempre peggiorare. Specialmente se qualcuno diffonde informazioni troppo palesi sulle manette che tengono tanti Paesi, Italia ovviamente inclusa, sotto l’occhio vigile del padrone di Washington. Da questo punto di vista, per l’appunto, l’udienza che riguarda Julian Assange, quella che deciderà concretamente la sua estrazione negli Stati Uniti (salvo evoluzioni che ci lascerebbero davvero sorpresi) è “definizione pura”. Definizione di ciò che non si può assolutamente fare nel contesto immenso dell’impero yankee, guidato dalla Casa Bianca e ben servito dai numerosi Paesi satelliti da cui Roma non è certamente estranea. Definizione di qualcosa che era già palese precedentemente, ma con l’aggravante di renderla ufficiale. Chi spiffera troppi scheletri nell’armadio, è praticamente condannato a morte.

Futuro fosco

Certo, fa male dover essere d’accordo in via ufficiale con agenzie che promuovono di fatto il dominio americano nel mondo come Amnesty International, ma sulla questione abbiamo sempre avuto le idee chiare. Il potere di controllo di Washington si serve anche di abili teatrini simil-democratici per simulare dibattito. È l’inganno tipico della democrazia liberale, talvolta improntata a promuovere un contenitore di dissidenza utile a non guastare troppo i progressi su tutti gli altri ambiti (in questo caso, immigrazione di massa e tendenze globaliste, peraltro in forte crisi dopo il disastro del Covid). In casa abbiamo un tipico rappresentante di questa strategia, Enrico Mentana: portavoce di tutto il colossale impianto liberal-progressista occidentale ma ogni tanto pronto a dare un osso alla dissidenza, probabilmente con lo scopo precipuo di sviluppare stima per un’obiettività mai esistita. Il futuro ha ombre enormi. Frattanto, ricordiamoci sempre chi siamo.

Stelio Fergola

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