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Una fede ordinaria e non “estrema”. All’origine della concezione di santità nel Cristianesimo

by Francesco Amato
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Roma, 2 nov – Tutti i Santi vi salutano! Saluta tutti i Santi che sono in Corinto! Così San Paolo si rivolge nelle sue lettere ai primi fedeli cristiani delle comunità che lui stesso aveva fondato. Questo vuol dire che i primi cristiani erano tutti santi così come lo intendiamo noi oggi? Probabilmente no, ma questo modo di esprimersi indica un concetto di Santità un po’ diverso rispetto a quello che è arrivato ai giorni nostri. Infatti il rivolgersi con questo epiteto significava “semplicemente” aver aderito alla Fede in Cristo che rappresentava l’apertura della strada per la salvezza eterna; una strada nuova da percorrere affrontando tutti i pericoli e le tentazioni della vita e soprattutto la scelta migliore che un uomo potesse fare. Santo era l’uomo che aveva messo la prua della propria nave nella direzione giusta, al fine di giungere al premio eterno promesso da Cristo. La Santità non è altro quindi che un punto di arrivo più che una condizione di vita stabile, e la via per arrivarci è costellata da tante lotte interiori e da tanti inciampi.

Si dice che Santo non è colui che non cade mai, bensì colui che una volta caduto si rialza sempre con più forza e amore di prima. I grandi santi della storia si sono sempre ritenuti grandi peccatori, non per un mero atteggiamento di umiltà o di modestia, ma perché, nella loro vita interiore, cercando la verità, miglioravano la conoscenza di sé stessi ed appariva loro chiaramente la loro bassa condizione umana, la loro pochezza di fronte ai livelli di santità e di avvicinamento a Dio cui aspiravano. Sicuramente i Santi più famosi, quelli canonizzati ufficialmente dalla Chiesa, avevano una condotta di vita esemplare che la gente notava anche nelle cose più semplici, ma in primo luogo il concetto di santità per un cristiano è il raggiungimento della salvezza eterna attraverso l’unica via indicata nel Vangelo da Cristo stesso con la sua discesa in terra. Proprio Cristo propone agli uomini di essere perfetti come è perfetto lui e il Padre suo, ma questa perfezione non è una condizione immobile ma è un cammino costante che tende alla santità senza avere un preciso punto di arrivo in questa esistenza terrena.

E questo cammino è differente per ogni uomo nel suo inizio e nel suo termine, ma soprattutto nel modo in cui viene intrapreso; e proprio il fatto di poterlo intraprendere in diverse maniere lo rende accessibile a tutti. L’aspirazione alla Santità diventa pertanto una possibilità e una proposta per tutti. Non esiste una condizione particolare per iniziare questa lotta in quanto ognuno di noi la può affrontare sia che veste una talare da prete o un saio da monaco, sia che indossa il camice del dottore o la tuta da operaio. Ogni cristiano a prescindere dalla propria condizione sociale e familiare può e deve farsi carico di questa battaglia interiore. Ma questa apertura, questa chiamata universale alla santità nei secoli si è persa parecchio per vari motivi. In primis perché dopo i primi tempi la Chiesa ha iniziato ad avere come esempi pubblici di santità grandi personaggi che vivevano la loro Fede in maniera estrema, ponendosi per vocazione su piani più alti rispetto alle condizioni di vita temporali dell’epoca.

Pensiamo agli eremiti o ai monaci di clausura come San Benedetto da Norcia, o Sant’Antonio Abate, oppure ai grandi santi filosofi e studiosi come Sant’Agostino o Sant’Alberto Magno, o in generale a coloro che si dedicarono a una vita al di fuori dell’ordinario scegliendo il nascondimento e la solitudine. Di fronte ad esperienze del genere l’ideale alla santità divenne agli occhi del resto del mondo un qualcosa di irraggiungibile e insormontabile per un povero cristiano comune. Dover fare delle scelte straordinarie per essere santo escludeva da una lotta del genere, la maggior parte delle persone alle quali non rimaneva che provare ad andare avanti per quanto meglio potevano o ad occuparsi delle questioni temporali contaminando il proprio animo con le peripezie e le insidie del mondo. Questa mentalità, questo senso di essere cristiani di serie B, si diffuse dal primo medio evo in poi favorita anche dagli stravolgimenti storici e geopolitici che si ebbero dopo la caduta dell’impero romano. Ma al contrario, andando a rileggere gli atti degli apostoli e la vita dei primi cristiani, si evince come l’ideale della santità, il vivere eroicamente la Fede in Gesù Cristo, era un traguardo normale e un modus operandi abituale per quegli uomini e quelle donne uscite fuori dalla strada, dalle condizioni di vita più ordinarie.

La prima cristiana d’occidente convertita da San Paolo è stata Santa Lidia che era una commerciante di tessuti, e numerosi dopo furono anche altri convertiti e santi provenienti da ogni strato sociale della popolazione compresi soldati romani e generali. Tra questi ovviamente numerosi martiri che raggiunsero la santità attraverso il tributo di sangue. Oggi in cui si mette in dubbio la veridicità e la sincerità di importanti santi presenti nell’ultimo secolo, come San Pio da Pietralcina o Santa Teresa di Calcutta, si è ripreso meglio il senso della santità universale per i fedeli comuni immersi nella società in ogni settore politico, culturale, sportivo. Il coinvolgimento che troviamo oggi grazie all’esplosione della comunicazione di tutti i tipi, sta favorendo la comprensione di questo concetto e sta avvicinando l’uomo della strada a un ideale ritenuto fino al secolo scorso qualcosa di inaccessibile destinato solo a uomini straordinari.

In realtà si sta cercando di togliere l’alone di extraterrestri ai Santi “da calendario” per ridare loro la giusta e limitata dimensione umana tesa però all’obiettivo finale della salvezza che coincide con l’amore di Dio stesso. Il 1 novembre quindi la Chiesa coglie questa festa come un “repetita iuvant” per coloro che fossero ancora attaccati a questa errata visione della santità o per coloro che vivono la loro Fede in maniera passiva e tiepida, rinnovando l’invito a viverla con pienezza nella propria vita ordinaria attraverso titaniche battaglie interiori ed esteriori, che spesse volte si perdono ma che alla fine si vincono con la grazia spirituale. Una festa che, essendo legata anche all’esempio di chi ha condotto la buona battaglia in passato, si collega per via naturale alle celebrazioni onorifiche per i cari defunti ormai da anni al cospetto di Dio.

Francesco Amato

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