Madrid, 2 nov – Madrid chiama, Puigdemont non risponde, e rischia il mandato di cattura internazionale. Il governo centrale di Madrid ha infatti chiesto il carcere preventivo, e senza cauzione, per otto dei nove ministri del destituito governo regionale catalano. A loro carico le imputazioni di ribellione, sedizione e malversazione di fondi pubblici. Per loro la pena potrebbe arrivare a 30 anni di reclusione.
Tra loro avrebbe dovuto esserci anche il loro presidente, Carles Pugdemont, che però è rimasto a Bruxelles, mentre i otto dei suoi ministri si sono presentati davanti al tribunale spagnolo. Il nono si era dimesso prima del voto sull’indipendenza e per lui è stata chiesta la libertà su cauzione. Insieme a Puigdemont sono rimasti in Belgio altri quattro ex membri dell’esecutivo catalano, che hanno chiesto di deporre in videoconferenza.
L’ex presidente catalano, ribadendo la sua intenzione di non tornare in Spagna, parla di “processo politico”, si autodefinisce un presidente in esilio e a tal proposito ha aperto un nuovo sito internet chiamato president.exili.eu. Per lui potrebbe arrivare il mandato di cattura internazionale, qualora non si presentasse il prossimo 9 novembre davanti all’Audiencia nacional per rispondere delle accuse che gli vengono contestate dopo il pronunciamento indipendentista del Parlamento catalano.
Per stemperare i toni il legale di Puigdemont, Paul Bekaert, cerca la via diplomatica e fa sapere che il suo assistito intende collaborare con le autorità spagnole e belghe anche se non si è presentato davanti ai giudici di Madrid: “Il clima non è buono” spiega Bekaert “è meglio prendere le distanze. Se lo chiedono, collaborerà con la giustizia dei due Paesi”.
Intanto in Catalogna migliaia di cittadini che sono favorevoli all’indipendenza si sono raccolti in un minuto di silenzio allo scoccare del mezzogiorno, davanti ai loro luoghi di lavoro. protestano contro quello che anche loro, come il loro leader sta facendo da un lussuoso hotel di Bruxelles, definiscono un “processo politico” contro il Govern. A Barcellona in particolare, centinaia di catalani hanno urlato davanti al Palazzo della Generalitad “Puigdemont è il nostro Presidente”, “Llibertat” e hanno cantato l’inno di Els Segadors.
Anna Pedri