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Bimbo del Mugello, quel “buco” di nove ore dalla scomparsa. Il padre: “Speravo di trovarlo all’alba”

by Cristina Gauri
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bimbo mugello

Roma, 24 giu — Si erano accorti della sua scomparsa a mezzanotte e lo avevano cercato per del tempo «ma visto che lo chiamavamo e non rispondeva abbiamo pensato che si fosse addormentato vicino a casa, così abbiamo pensato che all’alba si sarebbe svegliato e l’avremmo ritrovato»: si giustifica così il padre di Nicola, il bimbo del Mugello scomparso per 30 ore e ritrovato, per fortuna in buone condizioni, dentro una scarpata a due km e mezzo dalla propria abitazione. Perché «Nicola è un bambino forte, è abituato a vivere in campagna», spiega ai microfoni del Corriere.

Bimbo del Mugello, perché i genitori non hanno chiamato subito i soccorsi?

Come un bambino di neanche due anni possa essere definito «forte» rimane un mistero. Ma forse siamo noi «una manica de limitati», per citare una famosa scena di Romanzo Criminale. Così come viene naturale chiedersi con che tranquillità due genitori aspettino nove ore per chiamare i soccorsi sapendo che tale bambino è da qualche parte in mezzo agli alberi, in una zona popolata da lupi. O perché le principali testate giornalistiche (Repubblica e Corriere in primis) da giorni ci stiano propinando la favoletta bucolica della famigliola «in comunione con la natura» nel villaggio di sedicenti «elfi» abbarbicato sugli Appennini, popolato da residuati freak anni ’70 (Ci fa sapere il Corriere che primi ad arrivare nella valle, 37 anni fa, sono state otto persone rientrate da un viaggio in India). La vita alternativa, la natura incontaminata, i bambini che corrono felici e scalzi.

Il villaggio di freak

Popolato da «Italiani ma anche stranieri, soprattutto tedeschi», il posto è «una sorta di eco-villaggio dove si offre ospitalità in tende indiane attrezzate e dove i telefoni cellulari sono irraggiungibili. Hanno occupato case semidiroccate». Un crocevia di sconosciuti dove «Sono nate così piccole comuni indipendenti che si appoggiano tra di loro». Un ambiente sano in cui crescere dei bambini? Noi non possiamo giudicare, ci dicono dalla regia.

Nicola Tanturli è stato lasciato al buio 

Leonardo Tanturli, padre di Nicola aveva riferito ai carabinieri che lunedì sera alle 24 il piccolo non c’era più. Ma le ricerche sono state fatte attivare nove ore dopo la scomparsa. «È stato un errore, riconosco che abbiamo sbagliato. Certo, eravamo molto preoccupati, ma conosco bene la zona. Io e la mia compagna pensavamo di riuscire a trovarlo presto», spiega. «Dopo alcune ore, visto che lo chiamavamo e non rispondeva abbiamo pensato che si fosse addormentato vicino a casa, così abbiamo pensato che all’alba si sarebbe svegliato e l’avremmo ritrovato. Purtroppo non è stato così, a quel punto abbiamo chiamato il 112». 

Nicola dormiva nel letto dei genitori dalle sei del pomeriggio. Dalle 19,30 fino a mezzanotte, fa sapere il padre, nessuno aveva controllato come stesse. Né lui, né la madre. «Abbiamo finito a mezzanotte, siamo andati a letto e solo allora ci siamo accorti che non c’era più». Era la prima volta che si allontanava da solo, precisa. «Vivendo in campagna è abituato a camminare in autonomia, ma finora solo per alcune decine di metri. Non si era mai spinto così tanto». Tanturli seguita a ripetere il mantra secondo il quale «I nostri figli sono cresciuti qui. Sono abituati a muoversi da soli». Ma qui non parliamo di bambini in età scolare, qui c’è un bimbo di nemmeno due anni lasciato al buio in zona di lupi, con la speranza di poterlo ritrovare la mattina dopo. Come un animale da cortile smarrito.

Cristina Gauri

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