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Coronavirus, mancano 5mila infermieri nelle zone più a rischio

by Alessandro Della Guglia
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infermieri, coronavirus

Roma, 4 mar – “Solo nell’immediato e nelle zone a maggior rischio servirebbero almeno 5-6 mila infermieri in più da subito”. E’ la denuncia arrivata oggi da Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi). “In Italia – spiega Mangiacavalli- ne mancano oltre 53 mila, di cui la maggior parte (almeno 30 mila) sul territorio, dove la soluzione ideale è quella dell’infermiere di famiglia-comunità scritta nel Patto per la salute 2019-2021, che se fosse già attuata potrebbe assistere sia i singoli che le famiglie e, proprio in casi come questi, intere comunità. Per questo ora non possiamo più perdere tempo e assume carattere d’urgenza la sua attivazione in tutte le regioni”.

L’annosa carenza e i rischi con l’avanzare del coronavirus

Insomma in Italia da troppo tempo c’è una drammatica carenza di infermieri e non è la prima volta che la Fnopi lo fa notare, chiedendo al governo di attivarsi per risolvere la questione. Adesso, con il dilagare del coronavirus in tutto il territorio nazionale e in particolare in tre regioni italiane, la mancanza di infermieri rischia di trasformarsi in un problema ancora più grave. “Alcuni operano al di là delle loro forze – afferma Mangiacavalli – e con la loro indiscutibile professionalità, anche a rischio della propria salute, lavorano nelle zone ritenute ad alto rischio, confinati e costretti alla quarantena, senza più turni e logiche di organizzazione del lavoro ma solo spinti dalla forza di volontà, dalla capacità e dalla voglia di assistere, di essere infermieri”.

Ora dunque servirebbero soluzioni rapide, magari temporanee ma comunque decisive per fronteggiare l’emergenza sanitaria. La presidente della Fnopi prova dunque ad avanzare una richiesta specifica in tal senso: “Richiamare in servizio i colleghi pensionati rappresenta una risposta immediata, ma un placebo rispetto alla necessaria terapia d’urto”. Resta il fatto però che di infermieri “ne servirebbero ben di più di quelli ex pensionati o neolaureati per riportare gli organici a quel rapporto virtuoso che consentirebbe di essere in linea con le indicazioni internazionali”. E adesso più che mai è lampante l’annoso lassismo istituzionale: “Negli anni il Servizio sanitario nazionale non ha investito abbastanza né in termini quantitativi (assunzioni) né qualitativi (tempi indeterminati e percorso di sviluppo delle competenze stabile e mirato)”.

Alessandro Della Guglia

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