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Deve scontare trent’anni per aver ucciso la fidanzata, lo scarcerano perché obeso

by Michele Iozzino
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Fricano

Roma, 10 nov – Sarebbe dovuto rimanere in chiuso in carcere per trent’anni dopo aver ucciso con 57 coltellate la propria compagna, invece potrà tornare a casa dopo una appena una manciata di anni. È il caso di Dimitri Fricano. Ma ancora più sorprendenti sono i motivi: l’uomo sarebbe troppo grasso per la prigione.

Il caso Dimitri Fricano e l’omicidio di Erika Preti

La vicenda affonda le sue radici nel 2017, più precisamente l’11 di giugno. Siamo a San Teodoro, in provincia di Sassari, dove Fricano e la sua compagna di 28 anni Erika Preti si trovano in vacanza. È qui che si consuma il delitto: Fricano uccide la ragazza infliggendole ben 57 coltellate, il tutto perché lei lo aveva rimproverato per le troppe briciole sparse in giro. L’uomo è stato quindi riconosciuto colpevole di omicidio e condannato a trent’anni di reclusione. Il colpo di scena è però arrivato in questi giorni, quando il tribunale di sorveglianza lo ha fatto uscire dal carcere di Le Vallette a Torino per consentirgli di scontare la pena nella sua casa di Biella agli arresti domiciliari. La ragione? Fricano è obeso e rimanere in prigione potrebbe risultare per lui un pericolo alla salute.

Scarcerato perché obeso

Fricano ha oggi 35 anni e pesa intorno ai 200 chili, finora ha scontato in carcere soltanto sei dei trent’anni che lo aspettano. Quando era entrato pesa appena – si fa per dire – 120 chili. Secondo il tribunale, l’uomo soffrirebbe di una “sindrome ansioso depressiva borderline narcisistica”, oltre ad un deficit cognitivo, la quale sarebbe conseguenza di un’encefalite che lo ha colpito negli anni ’90. A causa del suo peso “non può camminare, se non con le stampelle”, in più “non può uscire dalla sua cella perché in carrozzina non riesce a spostarsi” per colpa delle barriere architettoniche presenti nella struttura detentiva. Non va meglio nemmeno sul fronte del cibo, con i giudici che spiegano che “non può disporre di un pasto ipocalorico” e che non segue indicazioni dietetiche perché “depressione e detenzione lo spingono a consumare in maniera compulsiva alimenti controindicati”. Anzi, lo descrivono come “immobilizzato nell’ozio e nella passiva sopportazione di una condizione di inferiorità rispetto agli altri detenuti ”.

Michele Iozzino

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