C’è ancora un eterno giovane di quella generazione che ancora scende in campo. E segna. E fa segnare, regalando giocate che strappano lacrime e applausi anche agli avversari. Francesco Totti, classe 1976, oggi compie 40 anni. Fa quasi impressione pensarlo coetaneo di tutti questi campioni che la mente oramai relega a un passato glorioso del calcio. Fa impressione soprattutto quando lo si vede entrare in campo. Perché sebbene gli acciacchi dell’età ne limitino l’utilizzo, Francesco Totti non è il classico vecchietto che una squadra tiene in panchina più per immagine e spogliatoio. Francesco Totti è ancora il Capitano, l’uomo che viene mandato in campo a risolvere le partite, il campione che crea dal nulla la giocata che manda in porta il compagno di squadra.
A seguire la storia dei 25 anni di carriera di Francesco Totti sembra quasi di leggere la sceneggiatura di un film. È solo una giovane promessa della Primavera quando il 28 marzo 1993, un’era fa, Vujadin Boskov lo fa esordire in quell’oramai storico Brescia-Roma. Totti aveva solo 16 anni e forse per lui già questo poteva sembrare l’obiettivo di una vita: esordire in serie A con la maglia della propria squadra del cuore. Eppure quel giorno fu solo l’inizio di una carriera leggendaria. Sulla panchina della Roma arrivò Carlo Mazzone, che prese sotto la sua ala da chioccia e da maestro il giovane campioncino. Sotto la guida di Mazzone, Totti forgiò il suo carattere, grazie al quale evitò di entrare nel purtroppo ricchissimo abisso a cui sono destinate le giovani promesse non mantenute. Il 4 settembre 1994, contro il Foggia, arriva la prima rete in serie A. Piano piano Totti diventa il giovane idolo della Curva Sud e dell’intero tifo della Roma, “er Pupone” come iniziarono a chiamarlo in quegli anni per la sua giovanissima età. Soprannome che gli sarebbe rimasto per 25 anni. Ogni volta che entra gli spalti lo acclamano, ogni volta che segna è una piccola festa. Poi arriva Carlos Bianchi e tutto sembra destinato a rompersi. L’allenatore argentino verrà ricordato in futuro per tre grandissimi peccati imperdonabili per ogni romanista: l’acquisto di Trotta, l’aver fatto sprofondare la Roma nella lotta per la retrocessione e poi aver chiesto la cessione di Totti, proponendo alla Sampdoria uno scambio alla pari con la meteora Ortega. Franco Sensi si oppose e cacciò l’argentino.
Da quello che poteva sembrare il baratro sorse la luce. Alla Roma arrivò il controverso allenatore Zdenek Zeman. Il mondo del calcio e ancor più i tifosi della Roma si dividono nel giudizio sul boemo, ma questo poco importa, perché di sicuro fu con Zeman che Totti da giovane promessa divenne un giovane campione. E soprattutto con Zeman raggiunse un’altra tappa di quella carriera gloriosa che quel 28 marzo 1993 non osava neanche sognare: il 31 ottobre 1998, Francesco Totti entrò in campo all’Olimpico, contro l’Udinese, indossando per la prima volta la fascia da capitano. Fece anche una doppietta, ma il dato importante fu che da quel giorno quella fascia non si sarebbe più tolta dal suo braccio. Francesco Totti diventava Il Capitano. E lo sarebbe rimasto per sempre.
Gli occhi delle più forti squadre d’Europa iniziarono a notarlo, ad apprezzarlo. E a chiederlo. Eppure Francesco Totti aveva un sogno strano: indossare per sempre solo la maglia della “sua” Roma, diventarne una bandiera storica. Tanto da rifiutare più volte le proposte del glorioso Real Madrid, squadra che lui stesso portava nel cuore e che ha sempre ritenuto la sua squadra “preferita” in Europa. Totti rimase alla Roma ed entrò anche nel giro della nazionale. Nel 2000 arrivò a sfiorare il titolo dell’Europeo. Gli sfuggì per pochi secondi e il rimpianto fu tanto perché sarebbe stato soprattutto il suo Europeo. Fu lui infatti a trascinare la nazionale di Zoff fino alla finale a suon di assist. E fu in quell’Europeo che davanti agli occhi sbalorditi di mezzo mondo, nella storica batteria di rigori contro gli olandesi padroni di casa, inventò il “cucchiaio”. L’anno seguente, da capitano, vinse lo scudetto. Portò la Roma in Champions League dove l’avversario più affrontato sarebbe stato proprio quel Real Madrid che lo aveva cercato. E il suo rapporto con il leggendario Santiago Bernabeu fu molto prolifico.
Da quell’anno, ogni anno inizia con la frase “Totti oramai è finito”. E ogni anno chi lo dice viene relegato nell’abisso degli idioti da cui tenta invano di risollevarsi riscoprendosi a fine anno fan del Capitano.
Con l’arrivo degli americani la magica storia d’amore tra Totti, la sua squadra e la sua città tremò ancora una volta. Prima le parole di Baldini – “è pigro” – e il caso montato con Luis Enrique, che finirono con la consapevolezza da parte di tutti che senza di Totti la Roma sarebbe probabilmente retrocessa. Il tentativo di depotenziare Totti finì nel vuoto, il Capitano tornò al centro del progetto. Il 30 settembre 2014 arriva un altro record: a Manchester, contro il City, Totti diventa il giocatore più anziano a segnare nella Champions League. Il 25 novembre a Mosca contro il CSKA il record viene consolidato: segna a 39 anni e 59 giorni. E l’11 gennaio 2015 arriva a 11 gol segnati alla Lazio, miglior marcatore di sempre nei derby e un gol che ricalca la storica rovesciata della copertina dell’album Panini. Poi il “caso Spalletti”, montato a parole da tutti i protagonisti della vicenda e da tutti gli spettatori escluso lui, il Capitano, che restò in silenzio per tutto il tempo e pose fine ad ogni polemica con la storica doppietta contro il Torino. Poco prima aveva ricevuto un omaggio riservato solo ai più grandi campioni di sempre: durante un Real Madrid – Roma di Champions League i tifosi del Santiago Bernabeu si alzarono in piedi al suo ingresso in campo per una lunghissima standig ovation.
E così arriviamo ad oggi, 40 anni. Nell’anno che doveva essere quello dell’ultima passerella, dell’utilizzo una tantum, Totti è ancora fondamentale tanto da risolvere ancora partite destinate alla sconfitta. Nel frattempo è arrivato a quota 250 gol in serie A, secondo marcatore più prolifico della storia del calcio italiano, miglior marcatore in attività e miglior marcatore di sempre con la stessa maglia. In tutto al momento sono 306 gol in carriera con la maglia della Roma, più le 9 segnate in nazionale.
Difficile scegliere un solo momento emblematico della sua carriera, ce ne sono talmente tanti, dal gol al volo a Genova, al gol da Play Station a San Siro, ai cucchiai a Van der Saar e Peruzzi, alla rovesciata “alla Panini”, alle punizioni magiche, agli assist di tacco o di prima spalle alla porta che molti scienziati ancora cercano di spiegare escludendo interventi divini, alla vittoria del Mondiale e dello Scudetto, al meraviglioso calcio a Balotelli fino alla standing ovation a Madrid.
A noi però piace ricordarlo sotto il diluvio che ha colpito Roma durante la partita con la Sampdoria. Un diluvio che ha interrotto la partita per 80 minuti e che ha allagato strade, case, ponti. Ma che non ha scosso lui, Il Capitano, impassibile ad allenarsi sotto il diluvio come se gli elementi atmosferici che hanno messo in ginocchio una città intera non potessero nulla contro di lui. A vederlo così, con calma olimpica sotto la tempesta a prepararsi con la certezza di risolvere per l’ennesima volta le sorti della sua squadra, non possono che venire in mente le parole di Gigi Riva: “Sembra quasi che quando è nato, il Padreterno gli abbia detto: vai giù e gioca a pallone e basta. E lui ha fatto quello che gli è stato ordinato”. Auguri Capitano. Questi primi 40 non sono che l’inizio.
Carlomanno Adinolfi
7 comments
Mitigo cappetano! 40 anni di calci e sputi su tutti i campi d’Europa e del mondo. Veramente una bella immagine di Roma nel mondo. Arimitigo. E poi tutti a votare Giachetti.
L’abisso degli idioti, appunto
Il mio Onore si chiama Fedeltà, Capitano per sempre.
drag queen
Da abitante di Roma mi fa specie vedere la mia città accomunata a quel burino di Totti. Inoltre, da lettore di questa testata, vi chiederei un po’ di maturità nell’evitare di camuffare da articoli seri cose del genere, che destinazione più consona troverebbero in giornali tipo “Il Romanista”.
Beh sicuramente un commento così maturo profondo e intelligente ci spingerà a cambiare totalmente linea editoriale. Aspetta che ora chiediamo consigli anche a giornalettismo e fanpage.
Rettifica: l’inventore del cucchiaio non è stato Totti,ma bensì Panenka nella finale dell’Europeo 1976 con cui la Cecosloavacchia,batte’ la Germania dell’Ovest,appunto ai rigori.