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Essere (la) Roma: Francesco Totti, 40 anni da bandiera

by Carlomanno Adinolfi
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Francesco TottiRoma, 27 set – Dicono che il 1976 sia stato un anno benedetto dagli dei del calcio. A leggere la “formazione ideale” dei campioni nati in quell’anno si spalancano le porte dei ricordi e della nostalgia: Alessandro Nesta che ci ricorda quando l’Italia aveva i più forti difensori del mondo; Vieira e Emerson, forse i primi esempi di centrocampisti totali e completi capaci di fare alla perfezioni ogni fase; il genio Shevchenko che ha disintegrato record su record e riportato il Milan sul tetto d’Europa dopo quasi dieci anni; l’ariete Ruud Van Niestelrooj, il primo e unico centravanti ad aver ricordato il mostro Van Basten per movenze e capacità di segnare; e poi Luis Nazario da Lima detto Ronaldo, forse il centravanti più devastante che la storia abbia mai conosciuto. E poi ancora Kluivert, Ballack, Camoranesi, Morientes, De la Pena. Tutti calciatori di un tempo che fu, ora felicemente in pensione, oppure allenatori, ct di nazionali o addirittura dirigenti. Tutti, tranne uno.

C’è ancora un eterno giovane di quella generazione che ancora scende in campo. E segna. E fa segnare, regalando giocate che strappano lacrime e applausi anche agli avversari. Francesco Totti, classe 1976, oggi compie 40 anni. Fa quasi impressione pensarlo coetaneo di tutti questi campioni che la mente oramai relega a un passato glorioso del calcio. Fa impressione soprattutto quando lo si vede entrare in campo. Perché sebbene gli acciacchi dell’età ne limitino l’utilizzo, Francesco Totti non è il classico vecchietto che una squadra tiene in panchina più per immagine e spogliatoio. Francesco Totti è ancora il Capitano, l’uomo che viene mandato in campo a risolvere le partite, il campione che crea dal nulla la giocata che manda in porta il compagno di squadra.

A seguire la storia dei 25 anni di carriera di Francesco Totti sembra quasi di leggere la sceneggiatura di un film. È solo una giovane promessa della Primavera quando il 28 marzo 1993, un’era fa, Vujadin Boskov lo fa esordire in quell’oramai storico Brescia-Roma. Totti aveva solo 16 anni e forse per lui già questo poteva sembrare l’obiettivo di una vita: esordire in serie A con la maglia della propria squadra del cuore. Eppure quel giorno fu solo l’inizio di una carriera leggendaria. Sulla panchina della Roma arrivò Carlo Mazzone, che prese sotto la sua ala da chioccia e da maestro il giovane campioncino. Sotto la guida di Mazzone, Totti forgiò il suo carattere, grazie al quale evitò di entrare nel purtroppo ricchissimo abisso a cui sono destinate le giovani promesse non mantenute. Il 4 settembre 1994, contro il Foggia, arriva la prima rete in serie A. Piano piano Totti diventa il giovane idolo della Curva Sud e dell’intero tifo della Roma, “er Pupone” come iniziarono a chiamarlo in quegli anni per la sua giovanissima età. Soprannome che gli sarebbe rimasto per 25 anni. Ogni volta che entra gli spalti lo acclamano, ogni volta che segna è una piccola festa. Poi arriva Carlos Bianchi e tutto sembra destinato a rompersi. L’allenatore argentino verrà ricordato in futuro per tre grandissimi peccati imperdonabili per ogni romanista: l’acquisto di Trotta, l’aver fatto sprofondare la Roma nella lotta per la retrocessione e poi aver chiesto la cessione di Totti, proponendo alla Sampdoria uno scambio alla pari con la meteora Ortega. Franco Sensi si oppose e cacciò l’argentino.

Da quello che poteva sembrare il baratro sorse la luce. Alla Roma arrivò il controverso allenatore Zdenek Zeman. Il mondo del calcio e ancor più i tifosi della Roma si dividono nel giudizio sul boemo, ma questo poco importa, perché di sicuro fu con Zeman che Totti da giovane promessa divenne un giovane campione. E soprattutto con Zeman raggiunse un’altra tappa di quella carriera gloriosa che quel 28 marzo 1993 non osava neanche sognare: il 31 ottobre 1998, Francesco Totti entrò in campo all’Olimpico, contro l’Udinese, indossando per la prima volta la fascia da capitano. Fece anche una doppietta, ma il dato importante fu che da quel giorno quella fascia non si sarebbe più tolta dal suo braccio. Francesco Totti diventava Il Capitano. E lo sarebbe rimasto per sempre.
Gli occhi delle più forti squadre d’Europa iniziarono a notarlo, ad apprezzarlo. E a chiederlo. Eppure Francesco Totti aveva un sogno strano: indossare per sempre solo la maglia della “sua” Roma, diventarne una bandiera storica. Tanto da rifiutare più volte le proposte del glorioso Real Madrid, squadra che lui stesso portava nel cuore e che ha sempre ritenuto la sua squadra “preferita” in Europa. Totti rimase alla Roma ed entrò anche nel giro della nazionale. Nel 2000 arrivò a sfiorare il titolo dell’Europeo. Gli sfuggì per pochi secondi e il rimpianto fu tanto perché sarebbe stato soprattutto il suo Europeo. Fu lui infatti a trascinare la nazionale di Zoff fino alla finale a suon di assist. E fu in quell’Europeo che davanti agli occhi sbalorditi di mezzo mondo, nella storica batteria di rigori contro gli olandesi padroni di casa, inventò il “cucchiaio”.
L’anno seguente, da capitano, vinse lo scudetto. Portò la Roma in Champions League dove l’avversario più affrontato sarebbe stato proprio quel Real Madrid che lo aveva cercato. E il suo rapporto con il leggendario Santiago Bernabeu fu molto prolifico.

Francesco TottiQuando alla Roma arrivò Luciano Spalletti, Totti aveva quasi 30 anni. Già si diceva che sarebbe iniziato il declino. Fa ridere a pensarci ora. Con Spalletti Totti divenne il primo esempio di quello che ora viene chiamato con l’odioso termine “falso nueve” e in quel ruolo raggiunse l’apice portando la Roma al record delle undici vittorie consecutive. Proprio durante quella cavalcata, ci fu l’evento che rischiò di segnare la sua carriera. Una frattura al perone con interessamento ai legamenti della caviglia. A quasi 30 anni può essere fatale per il futuro calcistico. A pochi mesi dal mondiale di Germania 2006 diventò una tragedia. Ma Totti non si scompose. Due mesi di durissima riabilitazione e tornò in piedi. Il ct Marcello Lippi lo chiamò. Lo vedeva ancora zoppicante, ma sapeva che a un giocatore come Totti basta una sola gamba per essere decisivo. Così fu. Totti giocò un mondiale quasi da fermo e molti suoi detrattori già iniziavano a criticarlo. Nell’ottavo di finale con l’Australia, in una partita bruttissima e giocata malissimo dalla nostra nazionale, si era ancora 0-0 quando alla fine dei minuti di recupero l’arbitro concesse agli azzurri un rigore generosissimo. Un rigore all’ultimo secondo è una responsabilità piuttosto grande, tanto che i rigoristi “ufficiali” guardarono a terra e si girarono dall’altra parte. Sul dischetto allora andò proprio lui e con freddezza ci portò ai quarti di finale. Alla fine alzammo la Coppa del Mondo a Berlino. Qualcuno provò a dire che Totti non era stato decisivo ma anzi dannoso per la squadra, ma il record raggiunto di miglior assistman della storia in una competizione mondiale relegò questi critici nell’abisso degli idioti insieme ai molti che ancora provano a sminuirlo. Totti era ancora zoppicante quando iniziò il campionato successivo. Che si concluse con 26 reti e il primo titolo da capocannoniere della serie A nonché con la vittoria della Scarpa d’Oro come miglior marcatore europeo della stagione.
Da quell’anno, ogni anno inizia con la frase “Totti oramai è finito”. E ogni anno chi lo dice viene relegato nell’abisso degli idioti da cui tenta invano di risollevarsi riscoprendosi a fine anno fan del Capitano.Francesco Totti

Con l’arrivo degli americani la magica storia d’amore tra Totti, la sua squadra e la sua città tremò ancora una volta. Prima le parole di Baldini – “è pigro” – e il caso montato con Luis Enrique, che finirono con la consapevolezza da parte di tutti che senza di Totti la Roma sarebbe probabilmente retrocessa. Il tentativo di depotenziare Totti finì nel vuoto, il Capitano tornò al centro del progetto. Il 30 settembre 2014 arriva un altro record: a Manchester, contro il City, Totti diventa il giocatore più anziano a segnare nella Champions League. Il 25 novembre a Mosca contro il CSKA il record viene consolidato: segna a 39 anni e 59 giorni. E l’11 gennaio 2015 arriva a 11 gol segnati alla Lazio, miglior marcatore di sempre nei derby e un gol che ricalca la storica rovesciata della copertina dell’album Panini. Poi il “caso Spalletti”, montato a parole da tutti i protagonisti della vicenda e da tutti gli spettatori escluso lui, il Capitano, che restò in silenzio per tutto il tempo e pose fine ad ogni polemica con la storica doppietta contro il Torino. Poco prima aveva ricevuto un omaggio riservato solo ai più grandi campioni di sempre: durante un Real Madrid – Roma di Champions League i tifosi del Santiago Bernabeu si alzarono in piedi al suo ingresso in campo per una lunghissima standig ovation.

E così arriviamo ad oggi, 40 anni. Nell’anno che doveva essere quello dell’ultima passerella, dell’utilizzo una tantum, Totti è ancora fondamentale tanto da risolvere ancora partite destinate alla sconfitta. Nel frattempo è arrivato a quota 250 gol in serie A, secondo marcatore più prolifico della storia del calcio italiano, miglior marcatore in attività e miglior marcatore di sempre con la stessa maglia. In tutto al momento sono 306 gol in carriera con la maglia della Roma, più le 9 segnate in nazionale.
Difficile scegliere un solo momento emblematico della sua carriera, ce ne sono talmente tanti, dal gol al volo a Genova, al gol da Play Station a San Siro, ai cucchiai a Van der Saar e Peruzzi, alla rovesciata “alla Panini”, alle punizioni magiche, agli assist di tacco o di prima spalle alla porta che molti scienziati ancora cercano di spiegare escludendo interventi divini, alla vittoria del Mondiale e dello Scudetto, al meraviglioso calcio a Balotelli fino alla standing ovation a Madrid.

A noi però piace ricordarlo sotto il diluvio che ha colpito Roma durante la partita con la Sampdoria. Un diluvio che ha interrotto la partita per 80 minuti e che ha allagato strade, case, ponti. Ma che non ha scosso lui, Il Capitano, impassibile ad allenarsi sotto il diluvio come se gli elementi atmosferici che hanno messo in ginocchio una città intera non potessero nulla contro di lui. A vederlo così, con calma olimpica sotto la tempesta a prepararsi con la certezza di risolvere per l’ennesima volta le sorti della sua squadra, non possono che venire in mente le parole di Gigi Riva: “Sembra quasi che quando è nato, il Padreterno gli abbia detto: vai giù e gioca a pallone e basta. E lui ha fatto quello che gli è stato ordinato”. Auguri Capitano. Questi primi 40 non sono che l’inizio.

Carlomanno Adinolfi

 

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7 comments

Romoletto 753 Ahmed 27 Settembre 2016 - 6:46

Mitigo cappetano! 40 anni di calci e sputi su tutti i campi d’Europa e del mondo. Veramente una bella immagine di Roma nel mondo. Arimitigo. E poi tutti a votare Giachetti.

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Carlomanno Adinolfi 27 Settembre 2016 - 7:11

L’abisso degli idioti, appunto

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Fabio Filacchioni 28 Settembre 2016 - 9:22

Il mio Onore si chiama Fedeltà, Capitano per sempre.

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Luca 28 Settembre 2016 - 10:02

drag queen

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Franco Nereo 28 Settembre 2016 - 11:31

Da abitante di Roma mi fa specie vedere la mia città accomunata a quel burino di Totti. Inoltre, da lettore di questa testata, vi chiederei un po’ di maturità nell’evitare di camuffare da articoli seri cose del genere, che destinazione più consona troverebbero in giornali tipo “Il Romanista”.

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Carlomanno Adinolfi 29 Settembre 2016 - 12:22

Beh sicuramente un commento così maturo profondo e intelligente ci spingerà a cambiare totalmente linea editoriale. Aspetta che ora chiediamo consigli anche a giornalettismo e fanpage.

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Alberto 29 Settembre 2016 - 12:12

Rettifica: l’inventore del cucchiaio non è stato Totti,ma bensì Panenka nella finale dell’Europeo 1976 con cui la Cecosloavacchia,batte’ la Germania dell’Ovest,appunto ai rigori.

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