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“Facebook censura le mie pagine sull’Italia coloniale”: parla il fotoreporter Alberto Alpozzi

by Carlomanno Adinolfi
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alberto alpozzi, con amici

Roma, 7 nov – Non solo pagine di movimenti ed esponenti politici, non solo pagine di quotidiani “non allineati”. Ora Facebook attacca anche le pagine di ricerca storica e i profili personali dei ricercatori. È successo ad Alberto Alpozzi, fotogiornalista freelance di Torino specializzato in aree di crisi che ha documentato e raccontato la guerra in Afghanistan, Libano, Kosovo e la missione antipirateria in Somalia (i suoi reportage sono stati pubblicati su La Stampa, Il Sole 24 Ore, Il Giornale, Famiglia Cristiana, Torino Cronaca) e che da anni raccoglie documenti e testimonianze sulla storia coloniale italiana in Somalia e in Africa Orientale. Pagine con migliaia di foto, presentazioni di libri e incontri ufficiali con esponenti dell’Onu e del governo somalo fatte sparire da Facebook perché “non rispettano gli standard della community”.

Alberto, raccontaci cosa è successo negli ultimi mesi ai tuoi profili personali e a quelli delle tue pagine

 

Negli ultimi mesi in particolare, ma ad essere precisi, da 2 anni a questa parte, succede che Facebook, il maggior social globale che detiene il monopolio della condivisione delle informazioni e rete di contatti censura, blocca e cancella tutto quello che riguarda le mie ricerche storiche sul colonialismo italiano. Negli ultimi 3 mesi mi sono stati infatti cancellati 2 profili personali, il principale, quello originale della prima iscrizione a Facebook contava 5.000 contatti e aveva 17 anni di vita, tutto perduto: foto, commenti, chat, contatti, condivisioni. La scorsa settimana mi è stata chiusa la pagina di ricerca storica “L’Italia Coloniale” con 11.000 iscritti e 4 anni di lavoro: più di 4.000 immagini e 100 video. Perso di nuovo tutto: foto, video, post, condivisioni e soprattutto i contatti.

 

La scure della censura di Facebook si era già pesantemente abbattuta sulle mie ricerche storiche un anno e mezzo fa quando mi chiusero la pagina “Faro Francesco Crispi – Cape Guardafui”, con 21.000 iscritti. Anche in questo caso tutto perduto per sempre. Quest’ultima era una pagina che organicamente aveva una viralità di 250-300.000 persone al giorno con le maggiori punte che toccavano anche 500.000 persone. Oggi la nuova pagina si trova qui. Al momento i miei due profili hanno entrambi dei blocchi: uno non può postare alcunché su pagine e profilo, mentre all’altro è stata inibita la possibilità delle condivisioni sui gruppi. Questa della condivisione sui gruppi è una possibilità che mi è ormai preclusa da 2 mesi su entrambi i profili: ogni giorno mi arriva una notifica che la restrizione ad interagire su gruppi (condivisioni e commenti) è stata posticipata di altri 3 giorni, senza mai motivare il blocco. Ovviamente si copriranno dietro lo spam, cioè il tracciamento dei link di siti web che condivido su pagine e gruppi senza pagare affinché vengano visualizzati.

È vero che anche il profilo di tua moglie è stato bloccato solo perché era tra gli amministratori delle pagine storiche che tu gestisci?

Tragicamente vero. La scorsa settimana, dopo l’ennesimo blocco ai miei profili sono entrato da pc su Facebook utilizzando il profilo di mia moglie. Ho inserito infatti il suo profilo per sicurezza come amministratore in tutte le mie pagine, così qualora mi cancellassero nuovamente i profili utilizzando il suo potrò inserire un nuovo profilo come amministratore senza perdere la pagina. Dopo aver condiviso un’immagine sulla pagina “Romanamente – L’Italia in Africa” è arrivata la notifica che il profilo di mia moglie era stato bloccato per 3 giorni. Senza che quell’immagine venisse segnalata o rimossa. È evidente che ora Facebook traccia gli IP dei profili e colpisce indistintamente tutti quelli che utilizzano la stessa connessione, anche se non hanno ancora “violato le regole della community”.

Facebook ti ha mai dato una giustificazione per la sospensione e la chiusura delle tue pagine?

Una volta si dava la cura di indicare quale immagine o link era stato segnalato e per quale motivo, per esempio “istigazione all’odio” e alle volte dava anche la possibilità di procedere ad un ricorso che, raramente, andava a buon fine. Questo avveniva in seguito alla segnalazione da parte di qualche gendarme della memoria. Ad oggi, come per la chiusura della pagina “L’Italia Coloniale” non mi è stata notificata nessuna immagine, post o link che violasse le regole del social ma una semplice comunicazione che violavo genericamente gli standard della community. Evidentemente oggi siamo passati direttamente alla discrezionalità di qualche impiegato di Facebook Italia che non con poca prevaricazione decide cosa bannare. La pagina è stata oscurata per circa 24 ore, ho proceduto al ricorso, inutilmente perché la pagina è stata definitivamente chiusa senza appello e senza dare una motivazione. Quindi ho creato una nuova pagina, “Coloni”, con la quale durante la sua apertura ho scoperto che parole come “colonie” o “coloni” sono parole vietate da Facebook. Ecco… oltre a censurare pagine su temi scomodi per ideologia ora stanno anche agendo su determinate parole in modo tale da eliminare la possibilità anche solo di parlarne.

Questa campagna di censura ti ha causato anche un grosso danno economico?

Purtroppo sì. La mia attività di ricercatore storico passa anche attraverso Facebook per la divulgazione degli articoli e soprattutto delle pubblicazioni che realizzo. Il social di Zuckerberg dopo due decenni si è costruito una posizione privilegiata nel mondo dell’informazione, della comunicazione e dei contatti. È il mezzo più potente per raggiungere velocemente il maggior numero di persone interessate o potenzialmente interessate a ciò che tu pubblichi. Migliaia di persone, quando non centinaia di migliaia, vedono i miei post e i miei libri. O meglio vedevano: chiudendomi il profilo principale con 5.000 contatti, e due pagine che insieme facevano 32.000 iscritti, hanno ridotto drasticamente la mia visibilità e quindi mi hanno creato e stanno creando un danno economico.

Eppure sappiamo che Facebook in passato ha ben accettato soldi per pubblicizzare la tua pagina. Allora evidentemente non era così pericolosa. Inoltre la tua pagina era “verificata”, giusto?

Eccome se Facebook ha accettato i miei soldi per sponsorizzare la mia pagina del “Faro Crispi” e i post che vi pubblicavo. Forse non tutti sanno che le inserzioni a pagamento non vengano pubblicate all’istante, ma devono essere approvate: tutte le mie inserzioni vennero approvate. Per mesi, prima della chiusura della pagina, ho realizzato due volte a settimana inserzioni a pagamento che gli amministratori di Facebook hanno sempre ben accettato, sponsorizzando, quindi facendo comparire ad un numero maggiore di utenti, la mia pagina, i miei post e le mie pubblicazioni. Fino a quando poi, da un giorno all’altro è stata chiusa senza possibilità di ricorso, di appello o di avere un interlocutore per comprendere le motivazioni e quindi spiegare le mie ragioni. Inoltre la pagina originale del faro Crispi, quella che ha portato alla pubblicazione del mio primo libro “Il faro di Mussolini” nel 2015 era una pagina verificata. Aveva il badge grigio. Inoltrai richiesta, con tanto di documenti ufficiali del Governo del Puntland e tutto quanto richiesto per espletare la burocrazia Facebook in merito.

Hai ricevuto molte segnalazioni e critiche anche da parte dell’Anpi che ti ha accusato di razzismo. Eppure il tuo libro ha la prefazione di Abdulkadir Yussuf Mohamed, ex governatore della Somalia (che lo ha anche donato alla biblioteca di Cirié). Mohamed Issa Trunji, ex membro dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha partecipato ai tuoi eventi sul colonialismo italiano. E la pagina “Faro Francesco Crispi” è stata verificata anche grazie all’intervento del governo del Puntland. Lo trovi paradossale?

L’Anpi non perde mai occasioni di mostrare la propria malafede e pregiudizio. Questi signori hanno boicottato nel 2015 la presentazione del mio libro “Il faro di Mussolini” a Ciriè (TO) perché tacciato di essere un libro fascista, con tanto di interrogazione in consiglio comunale e coinvolgimento del prefetto. Chiesi spiegazioni e che mi indicassero quali passi del mio libro li disturbavano. Mi risposero che loro non avevano bisogno di leggere il mio libro e che gli bastava il titolo. Dopo 5 anni dalla prima edizione sto ancora aspettando che qualche paladino della democrazia mi indichi dei passi del mio libro nel quale io possa essere additato come “fascista”, “razzista” o tutto il corollario tanto caro a questi gendarmi della memoria. La nuova edizione del libro, pubblicata nel 2017 con Eclettica Edizioni , con una nuova veste grafica, nuovi capitoli e un formato più grande porta la prefazione dell’ex Governatore di Guardafui (la regione dove si trova il faro). Nel dicembre 2017 a Torino feci la prima presentazione lancio della nuova edizione e vi partecipò anche Abdulkadir Yussuf Mohamed, con il quale il giorno seguente andammo alla biblioteca di Ciriè per donare una copia del libro come segno di pace e di buona fede. La cerimonia di consegna fu apprezzata dalla biblioteca. Un mese dopo, il 17 gennaio 2018, uscì un comunicato stampa dell’ANPI che condannava la donazione del libro come “inopportuna e censurabile” e che “di fronte ai rigurgiti neofascisti e neonazisti che segnano il presente del nostro Paese e dell’Europa, chiediamo alle Amministrazioni e alle forze politiche e sociali di ispirare la loro azione all’antifascismo, denunciando ogni forma di apologia della dittatura di Mussolini”. Il tutto omettendo che la consegna era stata fatta dall’ex Governatore somalo, dichiarando così per l’ennesima volta la loro malafede e lotta ideologica ormai anacronistica.
Questo gennaio il dott. Mohamed Issa Trunji, ex membro dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, è venuto a Torino appositamente come relatore, insieme all’avv. Gianfranco Cenci (nato a Villaggio Duca degli Abruzzi) a un convegno che ho organizzato dal titolo “L’altra faccia del colonialismo italiano”, durante il quale ha presentato il suo libro “Somalia – Una storia mai raccontata”, che andrebbe letto da quei signori che tanto si danno da fare per censurare i miei testi e le mie ricerche.
Tutto questo è molto paradossale ma non mi stupisce perché rientra nel modus operandi di queste persone che ben conosciamo da anni: mentono sapendo di mentire, sono sempre in malafede e vivono di divisioni frutto dell’odio che continuano a instillare nelle persone.

Con la scusa di “contrastare l’odio” stanno censurando gruppi e partiti politici, pagine di quotidiani e ora anche pagine di ricerca storica. Come pensi possa impattare questo sulla cultura, l’informazione e la ricerca, anche considerando la recente approvazione della commissione Segre in Senato?

La censura storicamente non ha mai portato a nulla di buono anzi. Il nascondere e il mentire permettono di governare per qualche tempo, non per sempre, e pure male. Oggi con gli attuali mezzi di informazione, vedi appunto Facebook, riuscire a direzionare le opinioni delle persone è cosa ben più ardua: molte sono le possibilità di trovare il contraddittorio e informazioni per completare il quadro di interesse. Ecco perché i partiti politici che hanno perduto il consenso sono arrivati a mettere le mani anche su Facebook: troppe notizie, fatti, dettagli che circolano in rete disturbano la costruzione della “realtà” che ci vogliono propinare. La loro narrazione non corrisponde a quanto invece sono i fatti ben verificabili utilizzando una pluralità di mezzi che pian pian stanno cercando di mettere a tacere. Vedi quindi tutti i profili scomodi bloccati, pagine non allineate chiuse e così via. È ormai palese come qualche ente governativo schierato, ben finanziato, abbia aperto canali diretti e preferenziali con Facebook Italia per far rimuovere pagine, contenuti e profili scomodi. Tutto questo nel breve periodo sta impattando negativamente sulla cultura, sull’informazione e sulla ricerca precludendo la pluralità di informazioni e la possibilità di confrontare “diverse realtà”. Sempre nel breve sta creando forti divisioni che non potranno che sfociare in ulteriori divisioni ideologiche di cui non sentiamo il bisogno.
Sul lungo periodo invece ritengo che si troverà la maniera per aggirare il monopolio di Facebook utilizzando altri canali, senza contare che Facebook è ormai un sistema vecchio e obsoleto scarsamente usato dalle nuove generazioni.

Trovi strano che a cercare di impedire la diffusione di notizie e di cultura siano gli stessi che accusano gli italiani di essere analfabeti funzionali e che vorrebbero togliere il voto agli ignoranti?

No non lo trovo strano. Chi vuole decidere a prescindere quali notizie si possano leggere e quali no, quali tipo di libri si possano pubblicare divulgare o meno, chi può esistere o meno con un profilo Facebook ha un piano ben preciso per il controllo delle masse e la presa del potere. E questo passa attraverso il lavaggio del cervello, la censura e le bugie. Tutto in linea con quanto sta accadendo in questi anni. Hanno l’arroganza di poter essere ipocriti e bugiardi con la forza della censura e la loro presupposta superiorità morale. Loro vorrebbero poter decidere chi può votare o non votare, magari dopo aver visionato il profilo Facebook e letto i messaggi nelle chat. Ma guarda caso le votazioni danno risultati diversi da quelli sperati… La censura oggi non ha più la forza di 100 anni fa. Le persone per bene sono stufe di questi atteggiamenti stalinisti.

Alberto, come pensi di uscire da questa gabbia di censura in cui hanno cercato di chiuderti? Progetti futuri?

Io proseguo con il mio lavoro e le mie ricerche e continuerò a pubblicarle e condividerle su Facebook (fino a quando riuscirò), su siti web, su altri social e soprattutto sulla carta stampata. Nell’epoca del virtuale, nel mondo di Facebook dove basta un click di qualcuno foraggiato da un partito per farti scomparire o cancellare dei documenti la carta stampata resta indistruttibile. La censura, a meno di non arrivare ai livelli di “Fahrenheit” di Ray Bradbury con loschi tutori del sistema imposto che ti entrano in casa per bruciare i libri, non potrà mai arrivare nelle case delle migliaia di miei lettori e sostenitori. Sto producendo ormai da un anno una collana storico-fotografica dal titolo “Romanamente” che illustra tutto quanto fatto dall’Italia in Africa ma che non era mai stato pubblicato. Per ora sono 9 volumi che spaziano dalle strade alle concessioni agricole, dalle industrie al turismo, dai musei alla fotografia. Ovviamente conto di proseguire e darne sempre diffusione attraverso il sito ufficiale “L’Italia Coloniale” e le pagine Facebook che amministro. Ho pronto anche un nuovo libro storico sulla Somalia che scardinerà precedenti falsi luoghi comuni e bugie storiche ormai entrate nell’immaginario collettivo. Non appena sarà terminato l’editing verrà stampato e distribuito. Nel mentre creerò altre pagine su Facebook per diffondere le mie ricerche e tenere aperti il maggior numeri di canali di diffusione sulla nostra storia passata che hanno nascosto e che ancora cercano di nascondere, anche perché la metà dei miei lettori sono somali.

a cura di Carlomanno Adinolfi

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Henrik Stangerup: lo scrittore che seppe vedere più lontano di Orwell | NUTesla | The Informant 26 Gennaio 2020 - 10:05

[…] Il romanzo è la storia di Torben, uno scrittore ex sessantottino. La Danimarca in cui vive è apparentemente un Paese che ha realizzato molte delle conquiste per cui tanti avevano lottato negli anni precedenti. Non c’è povertà, tutti hanno un lavoro o un sistema di welfare adeguato che se ne faccia carico, e la parità uomo-donna è assoluta. Questa apparente condizione di stabilità diffusa trova però il suo contraltare in uno Stato che nega qualsiasi aspirazione individuale, o culto della personalità. Conta solo la comunità. Si vive più o meno tutti in supercondomini, i pasti si consumano insieme. Persino nelle discussioni è proibito aggredirsi verbalmente, abbandonarsi al livore, o insultare – proprio come oggi su Facebook. […]

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