Roma, 8 nov – Decenni di orrendi abusi, anche su minori, nella comunità Il Forteto, modello della sinistra. Una vicenda ignobile, troppo a lungo taciuta e coperta dall’omertà della politica “distratta”. Dopo lunghe indagini e vari processi, il “Profeta”, come si faceva chiamare il fondatore della comunità, Rodolfo Fiesoli, è stato condannato in via definitiva. La IV Sezione penale della Corte di Cassazione, nel collegio presieduto da Francesco Maria Ciampi, ha infatti rigettato il ricorso presentato dagli avvocati di Fiesoli. Di conseguenza la condanna resta quella già stabilita dalla Corte di Appello di Firenze nel 2018: 14 anni e 10 mesi di reclusione.

Ricordiamo poi il quadro agghiacciante che emerse dalla sentenza della Cassazione del dicembre 2017: violenze fisiche, morali e sessuali che a giudizio dei togati rivelavano una “costante natura maltrattante delle regole di vita”, con bambini assoggettati a continue vessazioni psichiche e dati in affido a genitori (fittizi) “funzionali”, intercambiabili. L’omosessualità poi, secondo la Cassazione, assurgeva a modello, “intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali nell’infanzia”. Secondo i giudici poi, la comunità era blindata da una “cortina di protezione dall’esterno”.

Oltre a Fiesoli è stata condannata, a 6 anni e 4 mesi di reclusione, Daniela Tardani, una delle madri affidatarie del Forteto, accusata di violenza sessuale di gruppo insieme al ‘Profeta’ che si è costituito al comando provinciale dei carabinieri di Padova. Fiesoli si era resto irreperibile per alcune ore, prima di costituirsi.

Alessandro Della Guglia

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