Roma, 3 feb — Quando eleggiamo i nostri rappresentanti politici non pretendiamo certo che si esprimano in endecasillabi sciolti; il minimo sindacale richiesto si attesta sulla conoscenza dell’utilizzo della punteggiatura, dell’ortografia e della sintassi. Nozioni che si apprendono agevolmente entro la terza media. Ha fatto aggrottare più di una fronte, quindi, il post apparso sul profilo Facebook della senatrice Cinquestelle Cinzia Leone, nel quale denunciava un presunto furto di cappotto avvenuto a Montecitorio, nell’aula del Transatlantico. A colpire non è il fatto in sé ma l’italiano decisamente claudicante, condito da un utilizzo della punteggiatura che potremmo definire «futurista».

Il post horror della senatrice Cinquestelle

Riportiamo il post come lo ha pubblicato la senatrice, lasciando intatti gli errori: «Buongiorno care e cari, scusate lo sfogo ma sono profondamente INDIGNATA su quanto mi è accaduto,al transatlantico di Montecitorio,venerdì scorso al termine della votazione del PdR». Un fatto «impensabile», prosegue la Leone, che ha l’aggravante di essere accaduto «in un ambiente frequentato da Senatori, Deputati, Commessi, giornalisti». La senatrice prosegue con il racconto: «Premesso che in aula non è consentito entrare con il cappotto( della foto)lo lasciai,giusto il tempo della votazione, su di uno dei divani nel transatlantico ebbene il cappotto non l’ho trovato laddove lo lasciai, dopo il voto,al che iniziai a controllare nei vari divani ma niente». La Leone esprime quindi «profonda tristezza poiché pur comprendendo che era un cappotto di buona manifattura e un apprezzato brand LSpagnoli, quel qualcuno lo ha RUBATO impensabile in un ambiente frequentato da Senatori, Deputati, Commessi, giornalisti».

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Come si evince da quanto pubblicato, non si tratta certo di uno o due refusi vergati dalla senatrice, ma di sistematici errori. Segni di interpunzione messi dove capita, preposizioni utilizzate in modo erroneo, tempo verbali in libertà e una scrittura alquanto claudicante. Come detto, dai politici 2.0 non ci si aspettano di certo abilità letterarie fuori dal comune o le qualità delle grandi figure politiche di un tempo. Basterebbe riuscire a buttare giù una frase sapendo dove vanno messe le preposizioni, i punti e le virgole.

Quello che continuiamo a chiederci, invece, è per quale motivo questi politici, che ricoprono importanti cariche istituzionali – quindi non l’ultimo adolescente approdato sui social da due settimane – non prestano la minima attenzione alla cura della loro comunicazione ufficiale, nonostante il M5S notoriamente spenda, peraltro, elefantiache moli di denaro pubblico proprio in servizi legati alla comunicazione digitale.

Cristina Gauri

 

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Classe 1977, nata nella città dei Mille e cresciuta ai piedi della Val Brembana, dell’identità orobica ha preso il meglio e il peggio. Ex musicista elettronica, ha passato metà della sua vita a fare cazzate negli ambienti malsani delle sottoculture, vera scuola di vita da cui è uscita con la consapevolezza che guarire dall’egemonia culturale della sinistra, soprattutto in ambito giovanile, è un dovere morale, e non cessa mai di ricordarlo quando scrive. Ha fatto uscire due dischi cacofonici e prima di diventare giornalista pubblicista è stata social media manager in tempi assai «pionieri» per un noto quotidiano sabaudo. Scrive di tutto quello che la fa arrabbiare, compresi i tic e le idiozie della sua stessa area politica.

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