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Ecco la nuova autocertificazione. Caos congiunti, come rispondere ai controlli?

by Cristina Gauri
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Roma, 4 mag – Il nuovo modello di autocertificazione da presentare nel corso dei controlli durante la fase 2 fino al 17 maggio è da ieri sera disponibile sul sito del Viminale. L’autodichiarazione, spiega il ministero, è in possesso dei funzionari di polizia e può essere compilata davanti all’agente accertatore.

Cosa cambia?

Tanto rumore per nulla: il nuovo modulo, nei fatti, rimane pressoché identico alla formulazione precedente, la quale all’occorrenza potrà essere utilizzata al posto di quella appena pubblicata cancellando le voci non più attuali. Lo ha precisato il ministero dell’Interno stesso. Analogamente a quanto già previsto in precedenza, le motivazioni causali che legittimano lo spostamento rimangono le medesime: comprovate esigenze lavorative; assoluta urgenza; situazione di necessità; motivi di salute. Si lasciano poi sei righe in bianco in cui il cittadino può specificare la ragione della permanenza al di fuori del proprio domicilio.

La questione dei congiunti

In tutto questo, che fine ha fatto l’ormai famigerato termine «congiunti» oggetto di chilometriche discussioni e surreali analisi giuridiche a mezzo stampa? Il vocabolo ha fatto la sua comparsa nelle Faq della presidenza del Consiglio: «Sono consentiti gli spostamenti per incontrare esclusivamente i propri congiunti, che devono considerarsi tra gli spostamenti giustificati per necessità», ma non ve ne è menzione alcuna nel nuovo modulo di autodichiarazione. Morale della favola: se il signor Rossi vuole recarsi dalla zia che non vede da due mesi, dovrà barrare la casella «situazione di necessità» sul modulo, indicando poi nello spazio libero dove si sta recando, avendo cura di non fornire, per motivazioni di privacy, il nominativo della zia.

Tra la libera interpretazione e il buon senso delle forze dell’ordine

Ne deriva innanzitutto che il cittadino è costretto materialmente a utilizzare l’interpretazione delle Faq stesse – le quali però, come noto, non sono in alcun modo considerabili atti normativi – confidando poi nel buonsenso delle forze dell’ordine; e al tempo stesso, quello dei congiunti e della «situazione di necessità» rappresenta un concetto talmente generico ed aperto da divenire praticamente inverificabile e rimesso alla discrezionalità del singolo operatore di polizia.

Non a caso il ministero dell’Interno richiamava i funzionari ad un utilizzo di un certo grado di elasticità e di buon senso più mirato ad evitare assembramenti piuttosto che al controllo dei singoli cittadini. A riprova di questo, viene indicata la possibilità che un cittadino che si sta recando al lavoro esibisca il proprio tesserino o badge – se ne possiede uno – in luogo dell’autocertificazione. Insomma: un nuovo capitolo nella selva di interpretazioni lasciate al libero arbitrio si sta dipanando di fronte agli occhi dei cittadini italiani.

Cristina Gauri

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