Ginevra, 26 giu – Secondo il recentissimo rapporto annuale 2015 sulle tendenze globali dell’agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) il numero di persone “spostate” per eventi di guerra nel 2014 ha toccato l’astronomica cifra di 60 milioni, precisamente 59,5 milioni – pari agli abitanti dell’Italia – contro i 51,2 milioni del 2013 e i 37,5 milioni di dieci anni fa. L’incremento di oltre il 16% in un anno è il più grande mai registrato dal Unhcr e, secondo lo stesso rapporto, la situazione è destinata a peggiorare, come: almeno 230 milioni di potenziali rifugiati richiedenti asilo.
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“Siamo testimoni di un cambiamento di paradigma, uno scivolamento senza controllo in un’epoca in cui la scala degli spostamenti forzati, così come della risposta richiesta a fronte del problema, sta chiaramente su un livello molto più alto di quanto visto finora”, sostiene l’alto commissario Onu per i rifugiati Antonio Guterres.
Dal 2011, la principale ragione dell’accelerazione è stata la guerra in Siria, paese che è diventato l’origine più importante degli spostamenti forzati. Ogni giorno nello scorso anno 42.500 persone sono diventate “rifugiati”, richiedenti asilo o costretti a spostarsi all’interno dello stesso paese, un aumento di quattro volte in appena quattro anni.
“È terrificante che da una parte ci sia sempre più impunità per gli iniziatori dei conflitti, e dall’altra una incapacità evidentemente crescente della comunità internazionale per lavorare insieme alla cessazione delle ostilità e alla costruzione e conservazione della pace”, aggiunge Guterres.
Secondo il rapporto Unhcr, oltre ai conflitti di lunga durata come in Afghanistan e Somalia, negli ultimi cinque anni almeno 15 nuovi conflitti sono esplosi o ripresi: otto in Africa (Costa d’Avorio, Repubblica centrafricana, Libia, Mali, Nigeria nord-orientale, Repubblica democratica del Congo, Sud Sudan e Burundi), tre in Medio oriente (Siria, Iraq e Yemen), uno in Europa (Ucraina) e tre in Asia (Kyrgyzstan e in aree importanti di Myanmar e Pakistan): “Poche di queste crisi sono state risolte e la maggior parte generano ancora nuovi spostamenti forzati”, nota il rapporto, secondo cui soltanto 126.800 rifugiati hanno potuto far ritorno ai propri paesi e terre d’origine, il numero più basso in 31 anni.
Mentre oltre metà dei rifugiati sono bambini, la maggior parte di questi – oltre 38 milioni – non ha lasciato il proprio paese, mentre soltanto 1,8 milioni sono i richiedenti asilo. La Turchia con 1,6 milioni di profughi siriani e la Russia con circa 1 milione di ucraini sono i paesi che hanno offerto più o meno volentieri la massima parte dell’ospitalità ai rifugiati da zone di conflitto nel 2014.
Sebbene la potenziale pressione dei rifugiati di guerra sia spaventosa, l’Europa si trova già in estrema difficoltà con poco meno di quattro milioni di profughi nel 2014, che scendono a meno di tre milioni escludendo la diaspora ucraina in Russia.
All’interno dell’Europa, e ancor più nel mondo, gli indicatori di insostenibilità per la ricezione di ulteriori profughi di guerra, elaborati dallo stesso Unhcr, disegnano un quadro piuttosto eterogeneo. L’Italia, con circa 140 mila persone a fine 2014 tra rifugiati e individui in attesa dell’esito della richiesta di asilo, si colloca in posizioni che vanno dalla numero 43 per gli ospiti in relazione all’estensione territoriale, alla numero 59 in quanto al rapporto tra ospiti e prodotto interno lordo (Pil) pro-capite, alla numero 66 per il rapporto tra ospiti e abitanti, posizioni che sono molto peggiori rispetto a quella della Spagna e, in misura leggermente minore, della Grecia, tuttavia migliore rispetto a Francia, Germania, Regno Unito e Svezia (quest’ultima con una enorme pressione rispetto alla popolazione naturale).
Mentre la Russia ha sperimentato un forte peggioramento a causa della crisi ucraina, gli Stati Uniti si trovano allineati ai principali paesi europei in quanto al rapporto tra rifugiati e Pil pro-capite ma in posizione sostanzialmente migliore rispetto alla pressione demografica e territoriale.
In termini assoluti, circa 170 mila immigrati sono arrivati in Italia via mare nel 2014, con 3.200 morti in mare (1.500 nei primi quattro mesi del 2015), mentre oltre metà delle nuove richieste di asilo in Europa l’anno scorso hanno interessato quattro paesi: Germania (173 mila), Svezia (75 mila), Italia (64 mila) e Francia (59 mila). Nel nostro paese, l’incremento delle richieste di asilo è stato del 138% dal 2013 al 2014, mentre in termini assoluti spicca l’aumento del 185% dei Nigeriani – che hanno superato le 10 mila unità – seguiti da originari dal Mali (da 1.800 a 9.700 con un incremento del 437%), seguiti da Gambia, Pakistan, Senegal, Bangladesh e Afghanistan. Paradossalmente, invece, in diminuzione i richiedenti asilo di origine siriana ed eritrea, che evidentemente preferiscono altre mete (magari dopo aver transitato dall’Italia e qui soggiornato per mesi).
Mentre cresce il sentimento ostile all’accoglienza di ulteriori profughi, con punte dell’86% in Grecia e dell’80% in Italia, ma anche in Francia, Regno Unito, Spagna, Germania e Polonia, come certificato l’anno scorso dall’autorevole Pew Research Center, il caos targato palesemente Usa (Afghanistan, quindi Iraq e Siria con la complicità degli Stati-vassallo del Golfo, Libia e in parte Ucraina), l’incapacità a gestire fenomeni come Boko Haram in Nigeria e le guerre endemiche post-coloniali in Africa, nonché il fallimento economico della globalizzazione, rappresentano i presupposti più potenti a invasioni – in primo luogo dell’Europa – di una portata tale che quella in corso potrebbe apparire come l’esile punta di un gigantesco iceberg. L’unica speranza è che questo affondi per prima l’inetta plancia di comando del Titanic-Europa prima di travolgerne i relativi popoli.
Francesco Meneguzzo