L’Italia, recependo una direttiva europea sull’istituzione di un fondo per le vittimi di reati intenzionali e violenti, non ne ha creato uno ex novo, ma ha fatto confluire tutto nel fondo già stanziato per le vittime di reati legati a mafia, estorsione ed usura, prevedendo un’integrazione annuale di 2 milioni e 600 mila euro. “Somme del tutto insufficienti rispetto alle esigenze”, tuona l’avvocato Proietti. “Considerando che lo Stato spende mensilmente 19 milioni di euro per il fenomeno dell’immigrazione, se si riuscisse a destinare al fondo anche solo un milione di euro di queste somme, avremmo risolto una parte del problema”. La richiesta dell’avvocato appare legittima: siccome lo Stato italiano spende 19 milioni di euro al mese per la gestione dell’immigrazione, basterebbe destinarne anche solo uno al fondo per le vittime di reati violenti, molto spesso perpetrati proprio da immigrati. Anche rispetto alla soglia dei 13.500 euro per accedere al rimborso Proietti assicura: “E’ un aspetto del tutto incostituzionale e lo dimostreremo”.
L’avvocato Proietti è determinato e porterà la questione di fronte al tribunale civile di Roma, essendo il legale anche dei familiari di Carlo Macro, un 33 enne romano ucciso nel 2014 da un immigrato indiano, per conto dei quali farà causa allo Stato per la mancata espulsione dell’uomo (al uale era stato notificato un provvedimento di espulsione). Il tentativo è quello di dimostrare la “colpevolezza” dello Stato, per non aver attuato le misure emesse, non garantendo la tutela dei suoi cittadini. Proietti chiederà inoltre che la nuova legge 122 venga esaminata dalla Corte Costituzionale. “Non è possibile”, spiega l’avvocato, “che i familiari di una vittima che aveva, ad esempio, un reddito di 11.600 euro annui, una moglie e figli da mantenere, non possano accedere ad un equo indennizzo perché il reddito supera di cento euro il limite fissato dalle norme. Ciò è contrario ai principi nazionali ed europei”.
Davide Romano
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