Roma, 7 gen – Arriva dalla Birmania la nuova minaccia alla sovranità alimentare italiana. Stavolta ad essere in pericolo è la varietà di riso detta “arborio”, la varietà di riso utilizzata nella preparazione dei risotti, il cui nome proviene dal comune di Arborio, in provincia di Vercelli, in piena Pianura Padana.
Tutto nasce dalle importazioni in massa in Europa, nell’anno 2018, del riso a “a chicco lungo” dalla Cambogia e, appunto, dal Myanmar. Un arrivo che rischiava di mettere in ginocchio agricoltori e mercato del riso italiano, messi in difficoltà da una concorrenza al ribasso che aveva portato il prezzo dell’arborio italiano da 70 a 30 euro al quintale. La situazione è migliorata con la reintroduzione dei dazi doganali da 17,5 euro al quintale, avvenuta nel 2019, con un crollo dell’importazione dalla Birmania del 30%. Ma non per questo l’Italia può abbassare la guardia, producendo, da sola, il 50% del riso europeo, ed esporta il 60% della propria produzione all’estero.
I coltivatori dello Stivale rimangono in allarme, come espone al Sole 24 Ore Emanuele Occhi, responsabile del riso per Coldiretti: “L’Europa con le sanzioni ha bloccato l’arrivo del riso indica, ma il Myanmar è anche un grande produttore di varietà japonica”. Il Myanmar infatti, vistosi “bloccare” l’import di riso a chicco lungo, ha direzionato sull’Unione europea tutto l’arborio, provocando un calo di costo di quello italiano: da 50 ai 40 euro al quintale. nel frattempo l’importazione dalla regione della Birmania è aumentata del 300%. Per ovviare a questo pericolo il ministro dell’Agricoltura, la renziana Teresa Bellanova, ha chiesto l’introduzione di dazi anche sul riso “japonica”. Ma verrà ascoltata? Nel frattempo i risicoltori italiani rimangono sull’orlo del precipizio.
Cristina Gauri
1 commento
I coltivatori dei miei stivali comincino a parlare di come non è creduto propriamente sano il riso italiano… Altrimenti il prezzo diventa decisivo.