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Sanremo 2017 dimostra che i giovani sono vecchi e la borghesia è infrocita

by Adriano Scianca
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Festival di Sanremo 2017Roma, 13 feb – Non ho visto neanche un minuto del Festival di Sanremo. Non per snobismo, è che non mi si vedono i canali Rai. Se avessi potuti vederlo, comunque, non lo avrei visto lo stesso. Per snobismo, ovviamente. O per igiene, a seconda del punto di vista. Sanremo è un ributtante spettacolo da Prima Repubblica, letteralmente inguardabile: lentissimo, compassato, con canzoni il più delle volte soporifere (essendoci l’orchestra, tutti si sentono in dovere di emulare Morricone, con risultati disastrosi), con siparietti di super-ospiti pieni di gag preparate. La degna rappresentazione di un Paese che si scanna da anni sul tema della legge elettorale. Una roba che può piacere solo alle vecchie zie di longanesiana memoria.

Poi però vedi i dati delle interazioni su Twitter, Facebook e Instagram e scopri che l’edizione del Festival 2017 è stato l’evento più social di sempre, in Italia. E poiché le vecchie zie non hanno Instagram, dobbiamo concludere che in Italia esiste una consistente quota di giovani, moderni e connessi, che ha i gusti estetici di un elettore della Dc degli anni ’50. È un curioso effetto della rete, di Twitter, soprattutto: i social diventano l’equivalente di certi salotti con i divani avvolti nel cellophane in cui fare battute salaci sui pettegolezzi correnti. Si commenta e si tagga come un tempo si spettegolava davanti ai pasticcini. Non è l’unico paradosso. Anche se questa edizione sembra si sia tenuta lontana da polemiche politiche, il parterre era pieno di icone gay, da Ricky Martin a Tiziano Ferro. Ma come, il programma delle famiglie che ospita certe cose? Anche qui, però, dobbiamo semplicemente fare giustizia di alcuni luoghi comuni. L’idea che esista una borghesia sana e incorrotta, depositaria dei valori, disposta a far fronte unico contro la sovversione è una balla totale (ed è il principale vulnus di movimenti come quello del Family Day). La verità è che il senso comune borghese è pienamente integrato nel pensiero dominante. “Uomini e Donne”, il programma per le casalinghe, ha già il suo “trono gay”. La cosa non disturba minimamente. In fondo Tiziano Ferro ha la faccia da bambacione figlio di mammà mentre Ricky Martin offre quella sensualità latina stereotipata ma inoffensiva tale da far sghignazzare le massaie. È tutto un grande flusso di empatia, che va dagli amori di Ferro al cane eroe di Amatrice, senza soluzione di continuità. Tutto è sentimento, e il sentimento non è mai percepito come disturbante.

Fa comunque piacere che il Carneade Gabbani abbia soffiato il primo posto all’annunciatissima e politicamente correttissima Mannoia, che si prendeva terribilmente sul serio. Invece della sua elegia strappalacrime ha vinto un tizio che saltava vestito da gorilla, che nel contesto di Sanremo è più o meno come i Sex Pistols che fanno un’orgia sul Tamigi per celebrare il giubileo della regina. “Occidentali’s karma” è una canzoncina ritmata e godibile, di cui tra 15 giorni ci saremo dimenticati. Forse ha persino qualche pretesa “sociologica”, vuole essere un po’ una “Magic shop” di Battiato ma molto più banale. Anche se nel testo c’è una citazione di Desmond Morris che, chissà, potrebbe aprire la porta a qualche interpretazione meno piatta. Non è comunque una buona ragione per chiamare l’antennista e tornare a vedere la Rai.

Adriano Scianca

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sonny 13 Febbraio 2017 - 1:45

Per non averlo visto (il festival), mi pare che di commenti (anche azzeccati) ne hai fatti fin troppi!
E allora visto che anch’io non l’ho visto (10 minuti Venerdì e 10 minuti sabato e per sapere chi ha vinto sono andato a scoprirlo sul web), ne faccio uno anch’io:
la canzone che ha vinto non mi piace nemmeno un po’, mi è piaciuta un po’ quella di Bianca Atzei, il resto mi sembravano tutte canzoni fatte a tavolino ricalcando quelle che avevano fatto successo ormai molti anni fa’!
Però mi è piaciuto Enrico Montesano, la sua gag sui cugini di campagna è stata impagabile!

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