Roma, 19 set – Solo recentemente la storiografia ha iniziato un inquadramento storico-ideologico del colonialismo, dove ad elementi di semplice dominio se ne accostano altri di natura religiosa, alle volte accompagnata dalla volontà civilizzatrice delle forze colonizzatrici. La storia della colonialismo europeo inizia con le grandi scoperte geografiche degli esploratori. I primi imperi coloniali a sorgere infatti sono la Spagna, finanziatrice dell’impresa di Colombo e il Portogallo, che già da tempo aveva iniziato una circumnavigazione del continente africano, stabilendo sulle coste di quest’ultimo diverse piazzeforti.
Alle origini del colonialismo “moderno”
Come già ribadito l’elemento religioso nelle nuove conquiste è di particolare interesse e si riunisce alle tesi sulla civilizzazione dei popoli selvaggi. Possiamo notare come la Santa Sede occupi un ruolo di primo piano già nel 1494 quando, con il Trattato di Tordesillas, portoghesi e spagnoli si accordano sullo stabilimento dei confini delle nuove colonie e, in un primo momento, le nuove conquiste sul piano giuridico e politico sono agganciate ad alcune bolle pontificie di Alessandro VI. In seguito iniziano a formarsi nuove dottrine come ad esempio quella di Juan de Sepulveda che, rispolverando il concetto di “bellum iustum”, giustifica le nuove conquiste ritenendo giusto assoggettare gli Indios in quanto occorre predicare loro il Vangelo e sradicarne le tradizioni “contro natura” come l’antropofagia. Di tutt’altra opinione è Bartolomé de Las Casas, frate domenicano che conosce direttamente la realtà del Nuovo Mondo e delle violenze perpetuate dai conquistadores. Quest’ultimo quindi si schiera contro le conversioni forzate e contro la riduzione in schiavitù degli indigeni. Le tesi di Las Casas non vengono ignorate, infatti Carlo V nelle “Leyes Nuevas” proibisce la schiavitù degli Indios e l’ereditarietà della encomieda, un istituto del diritto coloniale spagnolo che prevede l’assoggettamento degli Indios a pagare un tributo sotto forma di lavoro a favore dei coloni.
Successivamente a Spagna e Portogallo, anche altre potenze si cimentano in imprese coloniali. I Paesi Bassi avviano nel seicento una fiorente attività commerciale. Questa viene favorita dalla Compagnia Olandese delle Indie Orientali che gestisce i nuovi domini delle Molucche, dell’Isola di Giava e dell’Indonesia con il potere di stipulare trattati e muovere guerra. Dopo un periodo di splendore durante il XVII secolo il dominio olandese in Asia è minato dall’ascesa della marina britannica e dalle sempre più frequenti ribellioni locali. Ed è qui che entra in gioco uno dei protagonisti più importanti del colonialismo europeo: l’Inghilterra. Sotto il controllo dei sovrani inglesi iniziano a confluire una quantità impressionante di territori che verranno così a costituire il più grande impero coloniale della storia. A un certo punto anche gli inglesi iniziano a credere di avere un’importante funzione civilizzatrice, che li accomuna alla Lega di Delo, paragonandosi quindi agli Ateniesi.
Affrontando il tema del colonialismo è giocoforza specificare che si tratta di un fenomeno umano e storico molto complesso in quanto, in diverse fasi si è ripresentato sotto luci differenti, ma nonostante tutto con grandi analogie tra i diversi periodi della storia dell’uomo. Corrisponde quest’ultimo ad un fenomeno della storia umana che non si esaurisce al singolo periodo storico dell’esperienza coloniale europea. Gli esempi di colonialismo sono innumerevoli. Vale la pena però soffermarsi su alcuni.
Il colonialismo nell’antichità
Di particolare importanza per la civiltà europea ad esempio sono le due colonizzazioni greche nel IX secolo a.C. e in seguito tra l’VIII e V secolo a.C:. Grazie a queste esperienze la cultura ellenica si diffonde per tutto il Mediterraneo e, nei territori più ellenizzati, vengono fondate nuove città che ancora oggi sono dei centri urbani di particolare rilievo. Il rapporto dei greci con le popolazioni italiche già stanziate nella penisola è sicuramente molto aspro. Bisogna considerare che buona parte di queste è combattuta o inglobata e comunque ritenuta inferiore, effettivamente si deve ricordare che i greci dispongono d’una concezione etnocentrica secondo la quale tutti coloro che non parlano greco sono degli inferiori, dei barbari.
Con metodi e motivazioni storiche e politiche ben differenti e con conseguenze ancor più vaste e diverse da quelle delle colonizzazioni greche si può benissimo rintracciare un atteggiamento molto simile anche in seguito con i romani, la cui storia militare è fatta proprio di conquiste di territori da sfruttare economicamente e di popolazioni assoggettate ritenute incivili.
Anche nel Medioevo si può notare una spinta delle popolazioni europee alla conquista di nuovi territori e la sottomissione di popolazioni. In questo periodo compare un altro elemento che sembra legittimare ancor di più stermini e conquiste: la religione cristiana. Proprio nel corso del Medioevo inizia un’opera di colonizzazione delle popolazioni tedesche verso est. L’Europa orientale in questo particolare periodo storico è vista dai tedeschi un po’ come il vecchio west per i pionieri americani: una frontiera, un territorio immenso da colonizzare pieno zeppo di pagani e selvaggi da convertire o sterminare. Protagonisti di questa “colonizzazione dell’est” (Ostsiedlung), oltre a mercanti e contadini, non a caso sono i cavalieri teutonici che dopo esser stati cacciati dai mussulmani dalla Terrasanta si reinventano come paladini del cristianesimo nel Baltico. Le crociate tra l’altro sono un altro esempio di un’Europa che cerca di espandersi, che in questo modo trova una valvola di sfogo a una sempre più crescente pressione demografica e che riesce a giustificare benissimo l’impresa come “guerre santa” per convertire gli infedeli e riconquistare i luoghi cari alla cristianità.
Le ragioni e la storia
Possiamo notare come tutte queste vicende, seppur lontane tra loro geograficamente, cronologicamente ed ideologicamente in fondo siano unite da un “fil rouge” costituito dai diversi elementi comuni. In primo luogo questi eventi nascono da una necessità, un bisogno prevalentemente economico. Un secondo elemento comune è quello civilizzatore: spesso per giustificare le conquiste sul piano morale vengono adoperate motivazioni riguardo la barbarie del popolo da colonizzare. Questo aspetto riguardante la civilizzazione è forse uno dei più importanti in quanto nasce da differenze di fatto come una netta supremazia culturale tecnologica dei dominatori.
Non a caso uno dei pochi territori al mondo che è riuscito a sfuggire al dominio europeo è stato il Giappone, che riesce in seguito a raggiungere tecnologicamente l’Europa. In terzo luogo si può notare come le colonizzazioni abbiano de facto influito nel bene e nel male nella storia sia del paese colonizzato che del paese colonizzatore. È inutile negare che alcuni territori abbiano tratto beneficio dall’esperienza coloniale soprattutto quei luoghi il cui sviluppo nel XIX secolo è ancora di poco diverso rispetto al neolitico, come è indubbiamente vero che anche i dominatori si siano spesso macchiati le mani di sangue. Tirando le somme si può comprendere come il fenomeno del colonialismo sia parte da sempre della storia umana nella sua globalità. Voler riscrivere o cancellare queste pagine intese come occupazione e appropriazione di risorse con l’uso della forza, significherebbe mistificare la realtà.
Lorenzo Terlizzi
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