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Arno Breker e la follia iconoclasta nel tempo

by La Redazione
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statua arno breker

Roma, 19 lug – Alcuni mesi fa in Spagna spostarono la salma di Francisco Franco, che per quasi quarant’anni aveva retto le sorti della nazione iberica. Il generale aveva vinto la Guerra Civile e si era premurato di non far entrare la Spagna nella seconda guerra mondiale. Alcuni anni fa le sue statue disseminate per la penisola furono tolte: l’idea della sinistra era quella di eliminare qualsiasi riferimento con il franchismo. Il defunto Franco, morto nel 1975, incuteva ancora paura. La Chiesa ha dimostrato poca gratitudine nei confronti di Franco che l’aveva salvata dal comunismo e non ha speso una parola per impedire la traslazione del suo corpo che riposava in una tomba collocata tra i soldati vincitori e vinti: l’unico che coraggiosamente aveva cercato di impedire tutto questo è stato un frate, che con tutte le sue forze cercò l’appoggio della sua gente cattolica, ma trovò solo silenzio.

Abbattere il passato

In questi periodi è nato il culto di abbattere le statue di personaggi che hanno rappresentato la storia delle nazioni. L’America sta fronteggiando una dura prova: molte statue che rappresentavano  la sua storia e il suo passato sono state abbattute. Pensiamo ai molti monumenti dedicati a generali, politici, condottieri che sono finiti nella polvere. Dei nuovi uomini si sono erti a giudici: la storia va rimossa, se ne deve scrivere una nuova perché questa volta a scriverla sono finalmente i “buoni”, quelli che pensano di conoscere il sentiero della democrazia. L’America ora non sa come fare e a questo sfacelo stanno andando incontro anche agli inglesi: i nuovi arrabbiati non scherzano e applicano le loro leggi. Anche l’Italia non è da meno, con gli attacchi alla statua dello scrittore e storico  Indro Montanelli stata imbrattata con vernice rossa sempre in nome di un pensiero a senso unico.

I buoni usano le mani, i buoni però non usano la testa mentre la Chiesa é silenziosa. La svolta a sinistra della Chiesa sta attuando la sua lenta scomparsa. Non c’è stata una parola del Papa che condannasse i vandali che sono andati a distruggere il monumento eretto ad un frate in America.

L’iconoclastia colpisce anche Arno Breker

In questi giorni si ricorderanno con un silenzio totale i centoventi anni dalla nascita dello scultore tedesco Arno Breker che morì a Dusseldorf il 13 febbraio 1991. Alla fine della guerra gli americani distrussero tutte le sue opere perché accusato di essere stato dalla parte dei vinti. Allora lo scultore in un’intervista riassunse tutta la sua rabbia con queste parole: “Certi valori sono indistruttibili, nonostante tutto. E non si può essere colpevoli eternamente! Così a me non è dato di esporre perché io sono colpevole! Non posso lavorare come vorrei perché sono colpevole! E se qualcuno mi attacca, mi offende sulla stampa o altrove, io non posso difendermi perché non troverei un giudice abbastanza coraggioso da rendermi giustizia. Io sono inesistente! Io ho sempre torto! Come il vinto! Io sono un vinto, é tutto!”

Arno Breker nacque  il 19 luglio  del 1900, a Elberfeld, un piccolo centro del Nord Reno – Vestfalia. Il suo primo maestro fu suo padre, che aveva imparato l’arte di lavorare la pietra. Nel 1920 entrò all’Accademia delle Belle Arti di Dusseldorf, ma si sentiva lontano dalla corrente che stava imperando in Europa, lui era nato per qualcos’altro. Ebbe modo di viaggiare con la sua arte e trovò fortuna a Parigi e in Italia.

Il suo legame con l’Italia fu davvero un innamoramento, si affezionò dall’urbanesimo del Rinascimento. Nella nostra nazione incontrò Joseph Goebbles, che conobbe la sua opera d’artista e lo convinse a tornare in Germania. Nel 1936, in occasione delle Olimpiadi, gli furono commissionate dal governo nazional-socialista la scultura delle statue il Decatleta e la Vittoriosa, collocate nello stadio olimpico berlinese.

Nel maggio scorso il socialdemocratico Peter Strieder fece un appello pubblicato nel giornale Zeit per la loro rimozione, in quanto ricordano un passato legato al Terzo Reich. Fortunatamente, l’appello è rimasto inascoltato. Anche l’architetto Hans Kollhof replicò dicendo: “Semplicemente verrebbe distrutta anche l’arte creata prima dell’avvento della dittatura nazista”. Probabilmente la follia iconoclasta sta facendo aprire gli occhi anche a coloro che finora davano per scontata la divisione buoni e cattivi del secondo dopoguerra. Ora che anche i loro padri fondatori ed i loro eroi vengono buttati giù da un “politicamente corretto” estremo magari qualche domanda in più sul giudizio della storia dovrebbero farsela.

Emilio Del Bel Belluz

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