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Carlo Terracciano, l’anti-mondialista. Il suo “Pensiero Armato” torna in libreria con Aga editrice

by Hanieh Tarkian
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Carlo terracciano pensiero armato

Roma, 15 giu – Dopo “Alle radici del rossobrunismo” (Aga edizioni a cura di Maurizio Murelli) esce Pensiero Armato“, il secondo tomo delle raccolte degli scritti di Carlo Terracciano pubblicati a suo tempo nella rivista Orion. Un volume dedicato soprattutto ai seguenti argomenti: sociologia, Iran ed Islam. La maggior parte degli articoli raccolti in questo libro sono stati scritti più di trent’anni fa, eppure risultano ancora molto attuali sia per quanto concerne i temi trattati sia per le analisi geopolitiche ed ideologiche certamente indispensabili per comprendere gli eventi recenti. Terracciano ci parla di questioni tutt’ora presenti: manipolazione dell’informazione, mondialismo, Stati Uniti come principale responsabile della destabilizzazione e del caos mondiale, demonizzazione di qualsiasi Stato o gruppo si opponga alle politiche mondialiste.

Per Terracciano “la Geopolitica viene a rappresentare naturalmente la più potente arma di liberazione dei popoli da un dominio straniero che imponga le proprie direttive politiche geostrategiche” (pag. 27), e ancora egli afferma che la Terra è un vero e proprio essere vivente che interagisce con noi e noi con lei, ovviamente questa interazione porta tutta una serie di conseguenze, positive o negative; dovrebbe essere una visione corretta della geopolitica ad aiutarci a gestire questa nostra interazione, possiamo affermare che nel momento in cui si perde il Centro e la concezione dell’heartland si crea il caos e si arriva a quello stato di destabilizzazione in cui oggi si trova palesemente il Medio Oriente, ma in realtà tutto il mondo, dove la visione mondialista, offrendo una falsa uniformità, non fa che innescare conflitti.

Come riportato nella biografia di Terracciano presente nel libro, egli voleva rompere gli schemi, superare la contrapposizione tra gli schieramenti, e dunque possiamo affermare che egli mirava a unire le forze di gruppi e movimenti, sia di destra che di sinistra, per opporsi all’egemonia americana e alla deriva mondialista: “E sono ben altre quindi le alleanze che cerchiamo, al di fuori ed oltre i vecchi schematismi ideologici fuorvianti, neanche più buoni per questo secolo: anticomunismo, antifascismo, o similari, sono soltanto parole per gusci vuoti utilizzate sempre ai più vili fini (mi raccomando la… minuscola!) elettoralistici. Noi veniamo da ben più lontano ed andiamo ben oltre” (pag. 323).

La nuova strategia statunitense

Sempre parlando di Stati Uniti, è chiaro che dal punto di vista di Terracciano, essi, o, per essere precisi, l’ideologia di cui si fanno promotori e le ingerenze che compiono, sono la fonte principale dei mali del mondo moderno e in particolare i principali sostenitori del progetto mondialista. Collegandoci con gli eventi degli ultimi anni, possiamo notare come con l’elezione di Trump sia in atto un tentativo di offrire una nuova narrazione, soprattutto in alcuni ambienti, ossia di scagionare una parte dell’establishment americano, quello guidato da Trump. Tuttavia Terracciano, già in un articolo del 2000 (al tempo era presidente Clinton), ci parla di una tendenza neo-isolazionista degli Stati Uniti ritenendola uno dei fattori che sta mettendo in crisi il monocentrismo nordamericano.

È vero che gli Stati Uniti hanno intrapreso una politica neo-isolazionista? Analizziamo i fatti: alcuni analisti definiscono anche l’approccio di Bush Jr neo-isolazionista, almeno fino agli eventi dell’11 settembre 2001. Obama in un suo discorso presso l’Accademia Militare di West Point (28 maggio 2014) afferma che la prospettiva è cambiata, il costo delle iniziative militari è molto alto e dalla Seconda guerra mondiale gli errori più dispendiosi sono legati alle imprese militari intraprese senza prendere in considerazione le conseguenze, sostenendo pertanto che nei casi in cui gli Stati Uniti non siano direttamente minacciati, non è necessario un intervento diretto ma è meglio usufruire del sostegno degli alleati nella regione; in altre parole attuare la strategia delle guerre per procura, come infatti è stato fatto in Siria e in Yemen, strategia che anche Trump ha continuato.

Sembra quindi che più di una tendenza neo-isolazionista si debba parlare di una strategia di ingerenza indiretta e guerra per procura, finalizzata comunque alla destabilizzazione per garantire gli interessi degli Stati Uniti, e in ogni caso una strategia comune a tutti i presidenti americani, almeno quelli che hanno governato negli ultimi quarant’anni. Un esempio legato a questo argomento e di cui Terracciano si occupa nei suoi scritti è dato dalla guerra imposta all’Iran da parte dell’Iraq, spiegando appunto che per gli Stati Uniti, che non si erano ancora ripresi dalla dura sconfitta in Vietnam, non sarebbe stato possibile un intervento diretto e quindi sostennero l’Iraq in questa guerra (insieme al sostegno economico dell’Arabia Saudita, tutt’ora principale alleato degli Stati Uniti tra i paesi arabi), anche se talvolta non mancarono di intervenire direttamente. L’obiettivo era quello di indebolire e mettere fine alla Repubblica Islamica dell’Iran, che fin dall’inizio aveva dichiarato la sua ostilità verso gli Stati Uniti d’America, definiti dall’imam Khomeini “il grande Satana”.

E in questo scontro tra Iran e Stati Uniti, Terracciano più volte ribadisce chiaramente la sua presa di posizione e quella di Orion: “Nello scontro mondiale, ideale e geopolitico, la nostra scelta è una sola ed obbligatoria: con la Repubblica Islàmica dell’Iran e con tutti i popoli diseredati della propria terra e civiltà, in lotta mortale contro ogni imperialismo grande o piccolo, sempre dipendente dall’interesse mondialista apolide e cosmopolita” (pag. 162-163). Terracciano inoltre ribadisce lo scopo destabilizzante delle ingerenze americane: “Secondo le parole dell’ex segretario di Stato Usa Henry Kissinger, ‘l’ebreo volante’, la vittoria dell’uno o dell’altro belligerante (in specie poi l’Iran khomeinista) sarebbe la massima jattura per gli Stati Uniti, mentre auspicabile è per loro il proseguimento ad oltranza della guerra che dissangui i due paesi e tenga incatenati tutti gli altri governi dell’area. È la stessa realpolitik dello stato israeliano nei confronti di tutti i suoi nemici: divide et impera!” (pag. 157).

Riguardo a questi temi sono illuminanti i saggi di Alexander Dugin presenti in questa stessa raccolta. In particolare Dugin afferma: “Nella sua campagna elettorale del 2016, lo stesso presidente Trump aveva promesso agli elettori che avrebbe rifiutato l’interventismo e avrebbe limitato le politiche neoimperialiste e globaliste, cosa che lo aveva reso un potenziale sostenitore della transizione pacifica verso il multipolarismo. Ma con la sua decisione di assassinare Soleimani, Trump ha completamente negato questa possibilità e ha confermato ancora una volta il posizionamento degli Stati Uniti nel campo di quelle forze che combatteranno disperatamente per preservare il mondo unipolare” (pag. 120). Dugin arriva a considerare la decisione di Trump un vero e proprio suicidio politico, non solo per se stesso ma per gli Stati Uniti e che certamente avrà conseguenze sui nuovi assetti mondiali. Afferma Dugin: “Gli Stati Uniti stanno usando la politica delle sanzioni e della guerra commerciale contro i loro avversari in modo tale che una percentuale sempre maggiore dell’umanità sta finendo sotto le sanzioni americane, e non solo in Asia, ma anche in Europa, dove le aziende europee (soprattutto quelle tedesche) sono state sanzionate per la partecipazione al progetto Nord Stream. Questa è una manifestazione dell’arroganza dell’egemonia americana, che tratta i suoi «sostenitori» come lacchè e li gestisce mediante punizioni fisiche. Gli Stati Uniti non hanno amici, hanno solo schiavi e nemici. In questo stato, la «superpotenza solitaria» si sta dirigendo verso uno scontro, questa volta virtualmente con tutto il resto del mondo. Ad ogni occasione, gli «schiavi» di oggi cercheranno, indubbiamente, di sottrarsi all’inevitabile resa dei conti per il loro collaborazionismo unipolare. Washington non ha imparato alcuna lezione dalla volontà del popolo americano che ha eletto Trump. Il popolo non ha votato a favore della continuazione delle politiche di Bush/Obama, ma contro di esse, per il loro radicale rifiuto” (pag. 123).

Dugin sostiene che Trump è finito per diventare un giocattolo nelle mani dei globalisti e che “l’assassinio del generale Soleimani si ripercuoterà nell’inizio di una vera e propria guerra civile negli stessi Stati Uniti” (pag. 123), avverte inoltre che “anche le posizioni di quei populisti di destra europei che hanno sostenuto questo gesto suicida di Trump sono state sostanzialmente indebolite. Il punto non è nemmeno che hanno scelto di schierarsi dalla parte dell’America, ma che si sono schierati a favore del moribondo unipolarismo – e questo può rovinare chiunque” (pag. 125). Impossibile non pensare a un legame con gli eventi delle ultime settimane negli Stati Uniti.

Manipolazione e disinformazione mediatica

Molto attuali sono la condanna e l’accusa rivolta da Terracciano ai media mainstream di assecondare la propaganda mondialista, filo-americana, facendo disinformazione e demonizzando qualsiasi ente o Stato che si opponga all’egemonia filo-atlantica. Terracciano al riguardo si occupa in particolare della disinformazione dei media per quanto concerne la guerra imposta dall’Iraq all’Iran, cercando quindi di chiarire al lettore quale sia la realtà dei fatti. Un intero articolo “Iran e la stampa mondialista” (pag. 183) si occupa di questo argomento, dove Terracciano afferma: “Le vicende esaltanti e terribili della Rivoluzione Islamica in Iran e della successiva guerra d’aggressione perpetrata dal regime baathista dell’Iraq per conto del potere mondialista, ci ripropongono ancora e sempre l’eterno circolo vizioso: terrorismo psicologico condotto sulla base delle più infamanti calunnie, per demonizzare il nemico dell’ordine costituito internazionale, e aggressione militare diretta, preparata, favorita, alimentata e giustificata da detta campagna di disinformazione di massa a livelli planetari”.

E ancora: “Ulteriore dimostrazione che quanto più si toccano, realmente, i vitali nervi scoperti dell’egemonismo internazionale, tanto più istintiva, immediata, isterica è la reazione dei padroni della disinformazione organizzata, fino ai suoi livelli più bassi e periferici” (pag. 184). Non manca l’accusa di fascista e antisemita rivolta a Khomeini, che Terracciano riporta come parte di questa propaganda contro l’Iran, citando un articolo di M. A. Ledeen pubblicato sul “Giornale Nuovo” del 7/01/1979: “Khomeini è, in effetti, un fascista clericale, un violento antisemita e un antiamericano intensamente sciovinista”. Come negare l’attualità di affermazioni come le seguenti? Da una parte critica alcuni movimenti di destra: “Un altro dei cavalli di battaglia della stampa più reazionaria e destrorsa dell’epoca fu, ovviamente, quello dell’anticomunismo, dell’antisovietismo viscerale, della difesa dei “valori” dell’occidente minati in Iran” (pag. 188); e dall’altra i movimenti di sinistra: “La ‘riscoperta’ dell’America da parte della sinistra europea riallinea quest’ultima sul fronte unito anti-iraniano che va da un estremo all’altro dello spettro politico-parlamentare in tutto il cosiddetto ‘occidente’” (pag. 189).

Terracciano ci ricorda ancora la strategia del caos attuata dai media mainstream: “In fondo, anche la confusione babelica delle lingue, il dire tutto e il contrario di tutto è un modo per confondere il lettore che, a seconda dei gusti e/o disgusti personali troverà di che accusare e maledire a comando (o telecomando)” (pag. 190). Tuttavia Terracciano non manca di esprimere ancora una volta la sua posizione in modo netto: “L’Iran non era, come avrebbe voluto Alberto Baini, ‘( … ) in ostaggio di mille mullah’, ma teneva lui in ostaggio non solo il pugno di spie americane dell’ambasciata, bensì l’arroganza fino ad allora incontrastata dal ’45 in poi dell’imperialismo mondialista. E questo esempio per tutti i ‘diseredati della terra’ doveva essere occultato e travisato da giornalisti e intellettuali le cui sorti dipendono ovviamente da quelle dei padroni che li pagano” (pag. 192). E riguardo alla guerra Iraq-Iran afferma: “Una guerra di cui ormai apertamente si ammette la responsabilità irachena, teleguidata dalle potenze imperialiste e dal sionismo, finanziata dai regimi arabi reazionari filo-occidentali, complici tutte le organizzazioni mondialiste a cominciare da quell’Onu che dimostrò la sua ipocrisia e perfidia con un complice silenzio e immobilismo di fronte all’aggressione del 22 settembre 1980, trasformatisi poi in isterici appelli alla ‘pace subito e senza condizioni’ da imporsi unilateralmente all’Iran, quando il suo eroico popolo rispose come un sol uomo all’appello di Khomeini, fermando prima e ricacciando poi l’invasore dal proprio territorio per poi penetrare profondamente in Iraq in una guerra di liberazione islamica” (pag. 194).

Terracciano non nutre alcun dubbio sulle responsabilità e ipocrisia delle istituzioni mondialiste occidentali, il lettore attento non può che notare come ciò sia ancora oggi attuale: “Voglio farvi un esempio: in Iran il popolo partecipa in un modo o nell’altro, direttamente o indirettamente, alla scelta della Guida della Rivoluzione, del Presidente della Repubblica e del Parlamento. In Arabia Saudita al contrario, né i capi, né il Parlamento vengono scelti dal popolo, e cionondimeno la propaganda mondialista dipinge l’Iran a tinte fosche e lo addita all’esecrazione del mondo, mentre per l’Arabia Saudita non avviene nulla di simile. Questo vero e proprio assalto sferrato dalla cultura occidentale contro il mondo intero, ha per conseguenza la distruzione dell’identità etica, culturale e spirituale dei singoli popoli e di ogni giustizia nei loro rapporti reciproci, e questa opera devastante ha effetti micidiali anche e soprattutto sui popoli d’Occidente, in Europa e nella stessa America, centro e cittadella della sovversione, ed anzi si può ben dire che proprio la società americana ne sia la prima vittima, e subisca i danni più gravi. Infatti l’America ha dovuto assistere quasi impotente, come conseguenza di questa cultura perversa, alla distruzione della famiglia, al dilagare incontrollato della criminalità, della droga, dell’alcolismo, della pornografia, delle pratiche sessuali contro natura, ed al diffondersi della miseria in strati più vasti della popolazione” (pag. 258).

Terracciano e l’Islam

Sempre per quanto concerne la manipolazione mediatica e l’ipocrisia occidentale, è interessante la presa di posizione di Terracciano riguardo all’Islam: “Così in Occidente è in atto una vera e propria criminalizzazione politica e culturale dell’Islam. Attraverso i mass media, l’Islam, l’Islam rivoluzionario e non le sue contraffazioni asservite all’Occidente, viene ogni giorno sempre più demonizzato, per ignoranza, per stupidità e grettezza, ma soprattutto per malafede, per un astuto calcolo che mira a conseguire obiettivi ben determinati” (pag. 300). Molto acuta è l’intuizione di Terracciano sul wahabismo, una contraffazione dell’Islam asservita al mondialismo: “E’ evidente a questa stregua, come aveva del resto già detto l’Imam Khomeini, che un Islam come quello saudita è un ‘Islam americano’, non è Islam, è contrario ai suoi principi, in quanto è schierato a favore dell’oppressione mondialista” (pag. 263), eppure questa versione di “Islam”, per niente democratico, è alleato degli Stati Uniti (pag. 147) e dell’Occidente, nonostante il pericolo principale sia proprio il controllo saudita, con la sua interpretazione eretica ed estremista, sulle attività dei centri islamici  (pag. 228), il cui risultato oggi, con la fondazione dell’Isis e l’arruolarsi di centinaia di individui, anche di origine europea, per noi è evidente.

Terracciano vedeva invece nell’Islam, quello rivoluzionario promosso dall’Iran, un alleato contro il mondialismo, per l’importanza che viene data all’identità, alla sovranità del popolo, alla giustizia e alla lotta contro l’oppressione. Terracciano in alcune parti sembra quasi suggerire che questo tipo di Islam, contrapposto a quello wahabita-saudita, potrebbe essere una salvezza per l’Europa, o almeno fonte di ispirazione, nonché un alleato contro la deriva mondialista: “C’è un ritorno alle religioni e persino alle sette, alle pseudo-religioni, eccettera… E comincia ad esserci una diffusione dell’Islam tra Europei; molto spesso, tra l’altro, fra gente proveniente da esperienze politiche militanti di estrema sinistra o di estrema destra. Può darsi che tutto questo sia dovuto alla ricerca di un nuovo equilibrio interiore, di una nuova spiritualità. In questo senso, l’Islam può essere punto fermo, una base per la crisi d’identità dell’Occidente” (pag. 238, v. anche pp. 236, 266, 283).

Per questo Terracciano offre una definizione specifica di rivoluzione: “Vorremmo fare una breve precisazione che concerne le nostre precedenti considerazioni sulla ciclicità della storia. Noi siamo fermamente convinti che la Rivoluzione islamica rientri in questa medesima realtà ciclica. Perché l’Imam Khomeini ha restaurato un ordine tradizionale che viene da Dio, dal Corano e dal Profeta, ossia ha voluto ritornare anche politicamente all’origine, alla fonte stessa della vostra cultura, della vostra tradizione, instaurando un governo islamico. Il nostro concetto di rivoluzione è quello di un revolvere, di un ritorno alle origini, in senso spirituale, politico ed anche astrologico. La Rivoluzione islamica realizza questo ritorno alle origini” (pag. 300). Nel suo elogio alla Rivoluzione Islamica dell’Iran, Terracciano non manca tuttavia di ammonire e avvertire dell’influenza mondialista su gruppi e funzionari presenti nell’ordinamento stesso della Repubblica Islamica, e ciò nonostante il fronte riformista – e mondialista – non fosse ancora così ben chiaro e definito al tempo, soprattutto per l’osservatore esterno (pp. 204-207).

L’importanza strategica dell’Iran

Terracciano sembra quasi voler suggerire che l’Iran sia quell’heartland andato perso nella confusione della geopolitica contemporanea: “L’importanza geopolitica di una resistenza dell’Iran ad ogni invasione si riflette dunque sul destino stesso dell’Europa” (pag. 158); “Il problema americano non era soltanto geostrategico con la perdita di una pedina importante, quasi unica, tra Russia, Oceano Indiano, mondo arabo, Asia e Africa (non lontano da Israele); c’era di peggio per la strategia globale di asservimento mondialista al sistema capitalista occidentale, made in Usa: la forza dell’esempio stesso della Rivoluzione Islamica, non riconducibile allo schematismo bipolare dei due blocchi imperialisti mondiali. Per la prima volta dal 1945 trionfava una rivoluzione non materialista o modernista, contemporaneamente anticapitalista e antimarxista, contro l’occidente consumista e l’oriente comunista sovietico” (pag. 195).

“L’Iran moderno è la ‘piattaforma ruotante’ della geopolitica eurasiatica, per utilizzare l’espressione del geopolitico Jordis von Lohausen. Ma la Repubblica Islamica dell’Iran, nata dalla Rivoluzione del 1979 e dalla ‘guerra imposta’ contro Saddam Hussein, è oggi anche una piattaforma di lancio per le lotte di liberazione islamiche, dal Marocco al centro Asia, ed oltre; una piazzaforte, un ‘santuario’ inviolato per tutti i ‘diseredati della Terra’, che da Teheran attendono una direttiva spirituale e politica nella lotta al Nuovo Ordine Mondiale imposto al mondo dagli Stati Uniti d’America e dal sionismo cosmopolita. La Fede e la Volontà politica ne rappresentano l’elemento dinamico, volontaristico appunto; la sua posizione geografica e la coscienza geopolitica sono il dato di fatto immutabile, la base di partenza della Potenza, l’arma per realizzare i destini tracciati dalla Provvidenza. Una Provvidenza che ha posto l’Iran, l’antica Persia, in una posizione geografica veramente unica per importanza nell’area” (pp. 209-210).

Nel suo essere rivoluzionario, il destino dell’Iran si lega, nella visione di Terracciano, a quello dell’Europa: “Soprattutto, l’Europa Unita rappresenterebbe l’avanguardia rivoluzionaria, necessaria ed indispensabile nella lotta di liberazione dei popoli dall’imperialismo capitalista americano-sionista. Un ruolo che, a sua volta, è necessario all’Europa medesima per raggiungere la propria indipendenza e garantirla in avvenire” (pag. 39), per questo egli auspica una stretta alleanza di cui l’Italia può essere mediatrice “Noi di ‘Orion’ invece pensiamo che il ruolo dell’Italia, ruolo geopolitico, sia quello di un ponte per un’alleanza mediterranea strettissima tra Europa ed Islam. Il nostro progetto generale è l’alleanza Eurasia-Islam, in funzione antimondialista” (pag. 236).

La situazione italiana

Proprio riguardo all’Italia, molto attuale risulta l’analisi di Terracciano: “La verità è che in Italia è in atto una ristrutturazione del sistema politico. Quel che si sta verificando è una crisi generale dei partiti, più che della Dc, una crisi della forma stessa di partito. I detentori del potere reale in Occidente, non sono i partiti, gli uomini e le strutture politiche, ma il potere politico è del tutto assoggettato a quello economico e finanziario” (pag. 304). In questo libro è riportata anche la visione di Terracciano di un partito che possa essere veramente rivoluzionario: “Eppure esso sarebbe monco se non fosse accompagnato, anzi preceduto dalla lotta di liberazione del nostro popolo contro l’occupazione straniera. Senza libertà e indipendenza nazionale che senso avrebbe la proposta di rivoluzionare fin dalle fondamenta il sistema finanziario, il mercato libero scambista o le istituzioni oligarchiche che separano il popolo reale dalla gestione diretta del potere di auto-amministrarsi? Solo un popolo che sia sovrano sulla propria terra avita, che sia il vero possessore delle “chiavi di casa sua”, può definirsi adulto, responsabile e padrone del proprio Destino. […] l’uscita dell’Italia dalla Nato e della Nato dall’Europa come l’abbandono del trattato capestro di Maastricht, la guerra totale al sionismo e l’impegno intero-nazionalista verso i popoli diseredati dal Mondialismo, la denuncia del Fmi, della Banca Mondiale, dell’Onu sempre più asservito agli interessi dell’imperialismo egemone degli Usa, non sono slogan di facile effetto per catturare l’attenzione dei giovani, bensì priorità vitali di lotta del Movimento, tutto e di ogni suo singolo esponente, per ogni attimo della sua vita” (pp. 323-324), tuttavia affinché tutto ciò possa realizzarsi è necessario prima di tutto intraprendere una rivoluzione di tipo culturale.

Hanieh Tarkian

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5 comments

rino 16 Giugno 2020 - 10:59

Sono pienamente d’accordo.

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Luca Urvolk Gatti 19 Giugno 2020 - 6:01

Macché ancora molto attuali ! Gli USA sono già in declino economico ed etnico, e presto esploderanno a causa della guerra razziale generalizzata. La Cina è il mostruoso erede economicista ed industrialista degli USA nel XXI secolo. Altri nemici principali dell’Europa sono il blocco arabo-maomettano e l’immigrazione allogena in generale, in particolare sub-sahariana. Il pensiero di Terracciano poteva avere un senso solo negli anni ’90, quando il mondo sembrava dirigersi verso il mono-polarismo americano. Ma dagli anni 2000 il risveglio russo ha impresso una svolta multi-polare alla storia mondiale; da allora le vedute di Terracciano sono state svuotate di senso. Riproporle ora produce effetti ideologici disastrosi.

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Il pensiero di Carlo Terracciano e la sua attualità in relazione allo scenario politico italiano e geopolitico sia eurasiatico che globale – Nuova Resistenza – ITALIA 6 Dicembre 2022 - 4:17

[…] Hanieh Tarkian in un suo articolo del 15 giugno 2020, apparso sul Primato Nazionale e titolato “Carlo Terracciano, l’anti-mondialista. Il suo “Pensiero Armato” torna in libreria con A… nel quale, come da titolo, recensisce la pubblicazione del pensatore italiano, metteva in evidenza […]

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