Sulla rivista Il Mare, di Rapallo, il 2 gennaio del 1932 venne pubblicata una singolare poesia, intitolata L’ascia etrusca. Autore dello scritto era l’esoterista spezzino Edmondo M. Rubini Dodsworth, intimo di Ezra Pound e di Julius Evola. Scarse sono le testimonianze biografiche su questa interessante figura di saggista, critico e poeta. Noti erano i suoi interessi per le Scienze Occulte. Gino Saviotti, redattore della rivista Il Mare, scrisse di lui: «Era un inglese vissuto molti anni in India, e perciò quasi fakiro… (faceva oroscopi con grande serietà, e taluni mirabilmente profetici!)».
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di settembre 2022
Dodsworth tra Evola e Pound
Molto probabilmente Dodsworth fu vicino ad ambienti teosofici, dal momento che collaborò con la rivista Ultra e che un suo libro, La tristezza mistica, fu pubblicato nel 1911 dalla Libreria Teosofica. A Rapallo venne in contatto con il circolo di scrittori e artisti che si strinse intorno al poeta americano Ezra Pound. Dal fecondo gruppo d’intellettuali scaturì il Supplemento letterario, interessantissimo foglio quindicinale pubblicato all’interno della rivista Il Mare.
Grande fu l’ammirazione che l’esoterista spezzino nutrì nei confronti del pensatore tradizionalista Julius Evola, al quale dedicò anche alcuni versi. Nel componimento si poteva leggere: «Per occulte radici in me ti crei / come Orfeo nell’Ade in me rimani. / Prometeici disegni sovrumani! Figlio d’Ermete, son tuoi? Son Miei? / Grave rispondi. Ascoltano gli dei e spazio e tempo son miraggi vani / Svegli, di là dai bravi sonni umani, / Siamo in eterno, quel che, solo, sei».
Evidentemente l’intesa culturale tra i due scrittori si rafforzò con il tempo, dal momento che il «Barone» chiamò Dodsworth a collaborare a una sua iniziativa editoriale, Diorama filosofico, la pagina speciale che egli curava per il quotidiano diretto da Roberto Farinacci, Regime Fascista. Sulle colonne del quotidiano cremonese lo scrittore spezzino pubblicò interessanti articoli sulla metafisica della romanità.
La grande orma
Nella didascalia che accompagnava il componimento L’ascia etrusca, veniva specificato che gli ispirati versi erano stati consegnati a Benito Mussolini nel fatidico giorno della Marcia su Roma. L’enigmatico canto, dedicato al capo del fascismo, descriveva l’«investitura rituale» che quest’ultimo avrebbe ricevuto dalle Forze della Tradizione Romana. Pegno di questo mandato, secondo l’autore, sarebbe stata un’arcaica ascia etrusca tornata alla luce per vie misteriose dopo millenni di oblio. Recitano, infatti, le prime tre stanze della poesia: «O Console d’Italia, col fascio rituale e le bende, / suprema investitura, nella mano ti splende / un’ascia millenaria, cui tutta s’avvolge, corrusca, / l’invincibile spira della folgore etrusca. / Venti secoli attese, forgiata con sacre parole, ben augurando i visceri degli olocausti e il Sole».
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I primi versi del componimento poetico riportano immediatamente alla mente un celebre articolo dell’esoterista che si celava dietro lo pseudonimo di Ekatlos, intitolato La Grande Orma. Lo scritto, apparso nel 1929 sulla rivista evoliana Krur, disvelava, in una prosa ieratica, l’attività di un gruppo iniziatico che con le «armi» della magia tentò d’influenzare la politica italiana d’inizio Novecento. La narrazione di Ekatlos prendeva avvio dal «casuale» ritrovamento, in un antico sepolcro sulla via Appia, di un arcaico scettro e di una benda sulla quale era stato vergato un rituale. «Ed il rito fu celebrato per mesi e mesi – scrisse il collaboratore di Krur – ogni notte, senza sosta. E noi sentimmo, meravigliati, accorrervi forze di guerra e forze di vittoria; e vedemmo balenar nella sua luce figure vetuste ed auguste degli “eroi” della razza nostra romana». Allo stesso modo, nel canto del poeta spezzino si faceva riferimento, nella quarta stanza, agli…