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Eliogabalo da immagine della decadenza a feticcio woke: per un museo inglese era trans

by Michele Iozzino
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Eliogabalo

Roma, 24 nov – Secondo il North Hertfordshire Museum della cittadina inglese di Hitchin, l’imperatore romano del III secolo d.C. Eliogabalo sarebbe stato trans e pertanto bisogna riferirsi a lui con i pronomi femminili “she/her”.

Il delirio di un museo inglese: Eliogabalo si identificava come una donna

Le direttive del museo stabiliscono che i pronomi utilizzati nelle esposizioni devono essere quelli che “l’individuo in questione potrebbe aver usato se stesso” o qualunque pronome “appropriato”. Quello della cosiddetta “assegnazione di genere” è quindi un tema fondamentale per il North Hertfordshire Museum, tanto da farsi aiutare in questo campo dall’associazione Lgbt Stonewall così da garantire che “le esposizioni, la pubblicità e le conferenze siano il più possibile aggiornate e inclusive”. Evidentemente anche contro la veridicità storica. Questa volta a farne le spesse e venire forzatamente arruolato alle battaglie arcobaleno è Eliogabalo. Il North Hertfordshire Museum è in possesso di una moneta d’argento coniata durante il regno di quest’ultimo, motivo per cui la direzione del museo si è posta l’imprescindibile – si fa per dire – problema della sua identità di genere. Da qui la strada verso le ricostruzioni storiche deliranti è tutta in discesa e infatti il museo ha deciso che Eliogabalo si identificava come donna.

Il dibattito storiografico

La prova della fluidità sessuale ante litteram di Eliogabalo sarebbe addirittura nelle fonti romane dell’epoca. Ad esempio, viene citato Cassio Dione, secondo il quale l’imperatore voleva essere “chiamato moglie, amante e regina” e avrebbe detto a un suo amante “non chiamarmi Signore, perché sono una signora”, oltre a riferire la diceria che avrebbe offerto metà dell’Impero romano al medico che potesse dotarlo di genitali femminili. Ricostruzioni che non tengono però conto del carattere denigratorio e spesso infondato di questi riferimenti letterari, non a caso lo stesso Cassio Dione era un senatore ostile a Eliogabalo e suo contemporaneo. Come spiega Shushma Malik, docente di lettere classiche all’Università di Cambridge: “Nella letteratura romana ci sono molti esempi in cui il linguaggio e le parole effeminate venivano usate per criticare o indebolire una figura politica. I riferimenti a Eliogabalo che indossa trucco, parrucche e si toglie i peli del corpo potrebbero essere stati scritti per minare l’impopolare imperatore”. In altre parole, si tratterebbe di un’arma e di una strumentalizzazione politica.

Da immagine della decadenza a feticcio woke

Inoltre, l’effeminatezza di Eliogabalo risponderebbe anche allo stereotipo di una mollezza dei costumi orientali, ovvero al “disprezzo aristocratico e senatoriale per le origini e le credenze orientali dell’imperatore” come ricordato da Christian Laes, classicista dell’Università di Manchester. Anche le voci sulla ricerca di un’operazione medica per cambiare sesso potrebbe essere in realtà un eco distorto della castrazione rituale operata dai sacerdoti del culto di Cibele. Eliogabalo, il cui vero nome era Marco Aurelio Antonino Augusto, è stata una figura del tutto particolare. Stefan George, poeta tedesco considerato da molti ispiratore della Rivoluzione conservatrice, si ispirò a lui per il poema Algobal. Il suo breve regno durò dal 218 al 222 d.C., fu contraddistinto dal tentativo di introdurre a Roma un culto solare orientale che sostituisse quello di Giove e dalla debolezza dello stesso Eliogabalo per lo più manovrato dalla madre e dalla nonna. Morì assassinato all’età di diciott’anni. È quantomeno ironico che un imperatore ricordato come immagine della decadenza della civiltà romana, diventi oggi una sorta di feticcio per le ossessioni woke.

Michele Iozzino

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